Luttini al fronte

Luttini al fronte

1915 | 1918

Scheda

Numerosi luttini funebri dedicati ai caduti della Grande Guerra sono conservati presso il Museo del Risorgimento di Bologna, sono tutti documenti relativi ai soldati dell’area metropolitana di Bologna e possono essere consultati online in questo sito nella sezione dedicata alla Prima Guerra Mondiale. Durante la campagna di Libia del 1911 compaiono i primi luttini in ricordo dei soldati deceduti al fronte, la loro circolazione su larga scala si verifica qualche anno dopo con la partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale. In queste immaginette devozionali vengono riproposti i temi riprodotti nei luttini di uso comune, spesso adattati alle nuove circostanze, vedremo infatti apparizioni celesti, Cristi in croce e angeli dolenti nei pressi della tomba immersi in veri e propri teatri di guerra, campi devastati dagli scontri tra le truppe in cui soldati morenti rivolgono gli occhi al cielo, rischiarato dall’apparizione di Cristo e da figure angeliche. L’iconografia funebre ricorda i «monuments aux morts» francesi, molto diffusi nelle parrocchie della regione dei Paesi della Loira, caratterizzati da opere pittoriche e grandiose vetrate realizzate all’interno delle cappelle.

In questi annunci di morte la figura radiosa del Crocifisso conforta il soldato morente, l’eroe caduto in battaglia, un’immagine che vuole essere rassicurante per le famiglie in lutto. «Concedete ora propizio il Vostro conforto ai nostri soldati (…) possano dopo questa vita meritar di salire alla patria celeste e godere la gloria eterna», queste parole riportate in un luttino sono piuttosto significative e testimoniano la volontà di trovare consolazione nella religione per poter far fronte a una tragedia di così grandi dimensioni, privata e collettiva allo stesso tempo. Al di sotto dell’immagine in cui il milite è proteso in contemplazione di Cristo, è riportata la nota frase «DULCE ET DECORUM EST PRO PATRIA MORI». Dire che è dolce e dignitoso morire per la patria, riprendendo il celebre verso di Orazio, serve a evidenziare il sacrificio di una vita che si immola per lo Stato offrendosi in egual misura a Dio. Stato e religione rappresentano indissolubilmente un’unica autorità che durante il conflitto guida le truppe esigendo obbedienza assoluta e promettendo come ricompensa la gloria eterna.

L’iconografia di Gesù che scende sul campo di battaglia ad accogliere le anime dei soldati viene frequentemente raffigurata nei luttini, questa presenza divina può essere accompagnata dall’angelo «traghettatore» di anime che sorregge il giovane in fin di vita, a volte ancora stretto alla bandiera della nazione per la quale ha eroicamente combattuto. In un altro annuncio di morte Cristo cammina a piedi nudi tra i corpi accatastati dei suoi martiri circondati da armi abbandonate su uno sfondo in cui scorgiamo all’orizzonte le tre croci del Calvario. Un’aria tetra avvolge questi paesaggi ancora fumanti in cui la natura è stata deturpata dalla violenta presenza dell’uomo, al suo posto si trovano solo macerie e alberi distrutti disseminati su un terreno profondamente scosso dai segni dei combattimenti. Questi scenari sono pervasi da toni cupi come il bianco e il nero, il seppiato e il cinerino utili ad esprimere efficacemente il clima di guerra e di morte in cui si è immersi.

L’angelo ai piedi di una colonna spaccata, simbolo della vita spezzata dalla morte, è una tipica simbologia mortuaria, riadattata per l’occasione in un ricordino funebre con l’aggiunta di armi e resti di un cannone disseminati sul terreno dove sorge il cimitero militare. Il mare solcato da navi in secondo piano, è un chiaro riferimento alla guerra che non dà segni di tregua e continua a mietere vittime, mentre in cielo un raggio luminoso riesce ad aprirsi un varco tra le fitte nuvole sulle quali appare la scritta benaugurante «PAX». In alcune immaginette vediamo dei messaggeri di Dio abbracciati alla croce su cui è riportata la frase «SPES UNICA», in primo piano ancora una volta armi sparse circondate da numerose croci poste a segnalare le sepolture dei soldati, sullo sfondo ritroviamo le minacciose corazzate fumanti. Riporre la propria fiducia in Cristo, nostra unica speranza, vera e propria ancora di salvezza, è un messaggio che viene ribadito in un altro luttino in cui troviamo una figura muliebre che ha preso il posto dell’angelo, questa è sostenuta dalla forza simbolica della croce alla quale sembra aggrapparsi disperatamente. L’immagine della fiducia in Dio era stata ripresa in modo quasi dissacratorio nel 1905 per reclamizzare il digestivo Cachet Tot, qui al posto della croce troneggia una roccia su cui è riportato a grandi lettere il nome del prodotto pubblicizzato.

La perdita del soldato viene pianta anche dalla Madonna il cui figlio è stato idealmente sostituito da questo giovane martire, nel quale il devoto identifica l’immagine del proprio caro. La Vergine può essere rappresentata mentre mostra la corona di spine, simbolo della Passione e del proprio dolore, la stessa sofferenza che avvicina i familiari delle vittime alla devozione mariana, un’ iconografia funebre ripresa nuovamente dai luttini di uso comune. Nei luttini leggiamo parole in cui è evidente la ricerca di un senso religioso da attribuire alla perdita subita, traendo le forze necessarie dalla propria fede: «Coi conforti di quella fede che ci sublima in Dio e lenisce i più acerbi dolori». Come nei luttini classici anche in questi ricordini funebri il ritratto fotografico del caduto, vestito con l’uniforme militare o in borghese, testimonia l’importanza della presenza visiva del morto fondamentale per l’elaborazione del lutto dei familiari. Differenti sono i modi di relazionarsi a Dio, alcune famiglie sperano che ricambi il sacrificio del figlio, immolatosi per lo Stato e per la Chiesa, «col dargli possesso della patria celeste», e invitano il giovane martire a pregare per loro «già provati da tante sventure».

Ci troviamo di fronte a luttini in cui si rammentano le prodezze sul campo di battaglia e la forte fede del soldato in Dio che «pugnando da prode lasciò gloriosamente la vita»: «Sereno e fidente in Dio / accolse l’appello della Patria / cui prestò generoso l’opera sua (…) per l’eroica difesa del Piave / onde sacrificò il fior dè suoi anni». Spesso le dinamiche che lo hanno condotto alla morte sono riassunte in poche righe, come in questo caso dove veniamo a sapere che «sul campo insanguinato di Oslavia / nella vigoria dè suoi 26 anni / vittima del piombo nemico /cadeva la mattina del dì 11 aprile 1916». Può capitare di leggere che il dramma della perdita di un figlio abbia nuovamente colpito «i genitori già straziati dal lutto dell’altro figlio caduto sul campo d’onore», un ennesimo martire che «dopo breve violenta malattia volava al cielo l’anima buona e gentile» morendo in un ospedale militare di Bologna. In questi luttini il valore attribuito allo Stato e alla religione nell’elaborazione privata del lutto, toglie spazio ai pensieri e alle frasi di cordoglio più personali e intimamente legate alla vita e alla famiglia del giovane defunto.

L’esistenza di questi uomini, sembra essere stata consacrata fin dall’infanzia al culto e alla difesa della Patria, indissolubilmente legata alla fede nella Chiesa, diviene un dovere morale arrivare a compiere l’estremo sacrificio attraverso il martirio: «Quaggiù la Patria lo circondi della gloria degli eroi / Oltre i cieli che egli spaziò arditamente / l’anima sua viva perenne nella gloria dei Santi».

Cecilia Cristiani

Bibliografia di riferimento: AA. VV, 7. Mostra nazionale immaginette sacre. Angeli nell'iconografia religiosa popolare, Cooperativa Confronto e rinnovamento, Campofilone, 1988; E. G. Grigioni, V. Pranzini, Santini. Piccole immagini devozionali a stampa dal XVII al XX secolo, Essegi, Ravenna, 1990; C. Turrisi, Il lungo viaggio. Santini e santini, Barbieri, Manduria, 1992; V. M. Talò, Angeli...di carta. I messaggeri celesti nella devozione popolare, Barbieri, Manduria, 1997; E. G. Grigioni, V. Pranzini, Natura Sacra, Essegi, Ravenna, 1996; F. Dolci, O. Janz (a cura di), No omnis moriar: gli opuscoli di necrologio per i caduti italiani nella Grande Guerra, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2003; M. Franzinelli, Il volto religioso della guerra. Santini e immaginette per i soldati, Edit Faenza, 2003; M. Gavelli (a cura di), Archiviare la guerra: la Prima Guerra Mondiale attraverso i documenti del Museo del Risorgimento, Il Bollettino del Museo del Risorgimento, Bologna, 2005; E. Guena, Meraviglie di carta. Devozioni creative dai monasteri di clausura, Corraini, Mantova, 2012; C. Leduc-Gueye, Les monuments aux morts peints dans les églises, Editions 303, Nantes, 2014.

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La Città Rossa nella Grande Guerra
La Città Rossa nella Grande Guerra

La storia di Bologna durante il primo conflitto mondiale raccontata nel video di Alessandro Cavazza e Lorenzo K. Stanzani. A cura del Comitato di Bologna dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Museo Civico del Risorgimento di Bologna, Cineteca del Friuli, Fondazione del Monte, Istituto Ortopedico Rizzoli.

Documenti
Grande Guerra nella città rossa (La)
Tipo: PDF Dimensione: 2.53 Mb

La Grande Guerra nella città rossa - Socialismo e reazione a Bologna dal 1914 al 1918. Testo di Nazario Sauro Onofri edito nel 1966 contenente una lettera autocritica di Pietro Nenni. Edizioni del Gallo, 1966.