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Le prediche di Alessandro Gavazzi e Ugo Bassi

24 - 25 aprile 1848

Schede

23 aprile 1848, un contingente di volontari romani entra in città nel giorno di Pasqua. Insieme a loro ci sono i padri Alessandro Gavazzi (1809 - 1889) e Ugo Bassi (1801 - 1849), che il 24 aprile cominciano a predicare dagli scalini di San Petronio in Piazza Maggiore, invitando i cittadini a portare tele e camicie per vestire i volontari, “poveri disgraziati mezzi nudi”. Chiedono inoltre alle donne di consegnare anelli e orecchini d'oro per la causa italiana.

Così Enrico Bottrigari li ricorda nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960): "In questo giorno (24 aprile ndr.), che è la seconda festa di Pasqua, verso l’una pomeridiana tutta la Città volge i passi alla Piazza Maggiore; è una folla esultante che ivi si accalca per intendere gli italiani sensi del Gavazzi. Non appena scoccava l’ora prima pomeridiana, che il Barnabita concittadino saliva, fra gli applausi entusiastici del popolo, l’alta tribuna eretta sugli scalini della basilica. Questi gli evviva, l’oratore colla sua voce tonante parlò con tanta energia di concetti, con tale forza di verità da ricordare il frate Savonarola, il suo dire popolare, interrotto di frequente da irrompenti plausi, produsse una commozione indescrivibile nella moltitudine. Un Sacerdote infatti che sulla Piazza fa tuonare la parola di libertà, che svela le nequizie del clero corrotto, ed innalza al cielo i pochi ma buoni Sacerdoti che seguono la Santa causa Italiana; un Sacerdote che solleva il popolo minuto dalla corruzione, e lo trasporta a sentire la dignità d’uomo,che scongiura ognuno a sacrifizii per l’indipendenza della Patria, che dice alle ricche donne Bolognesi di redimersi in questo solenne momento dall’infame peccato d’avere imbastardito con impuri amori tedeschi, il sangue italiano! Tutto questo è cosa tale da più presto sentirsi di quello che descriversi. Vi fu un momento in cui tutti ad una voce spontanei e concordi giurarono a sua inchiesta di concorrere con tutti i mezzi alla liberazione d’Italia francandola da ogni straniera oppressione. Annunziava quindi come nel giorno appreso dallo stesso luogo il Padre Ugo Bassi a lui compagno nella santa missione avrebbe pure parlato al popolo. Mi fermerò un poco a dire di questi due novelli apostoli di Libertà, che sono specchio d’altronde d’incorrotta onestà. Avendo essi sofferto le persecuzioni del cessato Governo, non è a sorprendersi se alcuna volta il loro linguaggio è virulento e troppo lontano da quella mansuetudine e tolleranza cristiana che richiederebbe il carattere loro sacerdotale. Se queste specie di prediche dovessero aver un seguito, temerei che lungi dal riunire gli animi in un solo pensiero, potessero trasformarsi per lo contrario in fornite di civili discordie. Con tutto ciò bisogna però affermare che l’effetto prodotto in Bologna da questi sermoni è stato portentoso, perché hanno scosso le moltitudini da quello stato d’indifferentismo in cui da tempo i Bolognesi erano caduti. Mancavano per vero nella Città uomini che godendo dell’aura popolare potessero riunire in una volontà sola i desiderii e le forze morali e materiali del paese. Entrambi repubblicani, vanno predicando ai Popoli delle varie Città che hanno percorse, la democrazia e Pio IX la Religione e la libertà. Noi, dicevano i due Barnabiti, non combatteremo per Carlo Alberto, per Ferdinando, né per la Repubblica di Venezia ma combatteremo solo per Pio IX e per l’Italia. Nella sera di questo giorno solenne, vi furono dimostrazioni di pubblica gioja. Le musiche militari Romane accompagnarono un coro composto dal Maestro Tabellini, ed eseguito da molti dilettanti ed artisti della Città. Si fecer evviva sotto i balconi del Card. Amat che in quel di stesso avea ospitato il Generale Ferrari. Il Dott. Masi romano, ajutante del detto Generale, parlo’ dal balcone al popolo, che accolse i generosi suoi detti con prolungati evviva a Pio, all’Italia, ed alla indipendenza. La folla, poscia, fra faci e bandiere, accompagnava i Concertisti alla casa del Sig. Avv. Gauch di Bologna, ove sono ospitati alcuni volontarii Polacchi che partirono da Roma con vessillo benedetto dal pontefice. Furono mossi a seguire nelle vicende della guerra i volontari Italiani dalle parole e dall’esempio del loro chiaro oratore e poeta Adamo Michiewicz che scambiò coi dimostranti a nome ancora dè suoi connazionali parole d’amore e di fraternità. S’udirono evviva alla Polonia e all’Italia e così ebbe termine la popolare letizia in quella sera. (...)

Mi farò ora a dire della predica dell’altro Barnabita Ugo Bassi, che ebbe luogo nel 25 corrente Aprile sulla Piazza Maggiore della città. Il buon Padre muoveva caldissime preghiere al Popolo Bolognese in favore d’Italia! Chiedeva soccorso di quella guerra che dee cacciare dal nostro suolo lo Straniero. Offrissero, disse Egli, la persona i validi, il denaro i ricchi, i vezzi e i monili le donne; le suppellettili i meno danarosi ed i meno agiati l’obolo solo il poveretto. Alla stringente preghiera corrispose con indicibile e non mai veduto entusiasmo il popolo tutto! Due distinte Cittadine per le prime salirono la tribuna e al cospetto dell’affollato uditorio levaronsi di dosso i loro giojelli presentandoli all'Oratore. Il generoso e nobile esempio è seguito da tutti. Donne d'ogni condizione si privano de' loro più cari ornamenti e li recano esse stesse sul palco ove commosso se ne stava il Bassi; uomini d'ogni ordine, d'ogni ceto,portarono denaro ed effetti; vidersi poveri e mendichi offrire il loro obolo che poco prima avevano ricevuto in elemosina: una vecchiarella recò un secchio di rame e due soldi, unica moneta che possedesse. Niuno insomma si ristette dall'offrire sull'altare della Patria il proprio tributo in questo giorno solenne. Fu una commozione grande, inusitata, inenarrabile che strappò le lagrime dagli occhi di tutti! Io che scrivo piansi più volte lagrime di tenerezza! Oh quanto è grande l'amore della Patria! Bologna in questa circostanza fu superiore alla fama che ha sempre avuta di liberale Città. Maestra del sapere alle Città sorelle, apprenderà pur loro con quale amor di patria denbba sostenersi la santa causa dell’indipendenza d’Italia. A provvedere al buon andamento delle raccolte venne improvvisamente creato sul luogo un Comitato che rimase in permanenza fino a sera. Contemporaneamente vennero deputati all'uopo molti Sergenti della Civica a ricevere fra il popolo le offerte d'ogni guisa, denaro cioè, oggetti preziosi, catenelle d'oro, orologi e vezzi d'ogni sorta. Il numerario da questi raccolto giunse alla somma di scudi 800.