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La Vergine tra i malati

1902

Schede

In Via Riva di Reno 52, quasi di fronte a Via dell’Abbadia, sorgeva l’originaria sede dell’Ospedale Maggiore di Bologna, inaugurato il 2 giugno 1725 e nel quale confluirono quasi un secolo dopo i vecchi Ospedali della Vita e della Morte. La facciata risaliva ai primi anni del Novecento e la sua realizzazione fu resa possibile grazie all’ingente lascito testamentario (circa 200.000 lire) che il sacerdote Raffaele Mareggiani destinò proprio all’Ospedale cittadino, a patto che entro quindici anni dalla sua morte fosse data dignità artistica al prospetto dell’edificio e a quello della Chiesa di Santa Maria della Vita. Nel 1901, quando la giunta del Municipio di Bologna affidò alla Società Cooperativa Unione Selcini il rifacimento del ciottolato di alcune tra le principali arterie cittadine, aggiunse ad esse la piazzetta prospiciente all’Ospedale Maggiore con l’intento di cedere gratuitamente l’intera area all’Amministrazione del nosocomio. La direzione dei lavori riguardanti l’edificio, invece, fu assegnata all’ingegnere Luigi Leonida Bertolazzi (1852 - 1913), a quel tempo al suo primo incarico in qualità di tecnico dell’amministrazione degli ospedali cittadini, il quale portò a compimento l’opera nel 1902 per una spesa complessiva di 25.000 lire. L’inaugurazione solenne della facciata, avvenuta la mattina del venerdì 8 agosto alle ore 10.00, mostrò un impianto nell’insieme volutamente austero, nel quale attirò subito l’attenzione una grande lunetta in marmo di Carrara scolpita e incorniciata da una epigrafe a caratteri dorati.

Autore era Tullo Golfarelli il quale, nel rispetto di una clausola presente nel testamento di Raffaele Mareggiani, raffigurò la Madonna nell’atto di benedire gli ammalati che a lei si rivolgevano invocando la salute, contraddistinguendo il bassorilievo con la scritta SALUS INFIRMORUM ORA PRO NOBIS (La Vergine tra i malati). Al centro la figura della Madonna avanza attraverso la corsia di una sala d’ospedale, benedicendo gli infermi che a lei tendono le braccia implorando aiuto e protezione. Alla sua destra, tre uomini di varie età si sollevano sui loro letti e mentre uno abbassa il capo rassegnato, l’altro invoca la guarigione implorando ed il terzo fissa abbagliato la Madonna, quasi estasiato dalla celeste visione. Alla sinistra della Vergine, tre donne di diverse età stanno anch’esse sedute sui letti, in atto di preghiera e sono ammirabili soprattutto per l’espressione dei volti consunti dalla malattia. Quest’opera di carattere religioso, nel quale non mancano gli elementi etico-sociali che caratterizzarono gran parte delle opere di Golfarelli, ottenne un grandissimo riscontro da parte del pubblico e la fama di cui godeva l’artista nella città felsinea crebbe notevolmente. Nella cronaca redatta da Alfredo Testoni in occasione dell’inaugurazione, apparsa su “Il Resto del Carlino” in data 8-9 agosto, si legge: «Non possiamo tacere che l’impressione ha superato ogni aspettativa: il Golfarelli si è affermato una volta di più artista di grande valore: il fremito d’ammirazione che invase tutti quanti assistevano allo scoprimento della sua opera deve essere stato per lui, che vi assisteva modesto come sempre e quasi confuso fra la folla, il più ambito compenso, la più dolce e serena delle soddisfazioni. […] Il Golfarelli in particolare fu festeggiatissimo». E a riprova del lusinghiero giudizio, ecco quanto riportava un articolo del 13 agosto 1902 pubblicato sul giornale romano “Il Travaso delle Idee”, ritrovato all’interno dell’Album del Museo del Risorgimento: «A Bologna s’è inaugurata l’8 agosto la nuova facciata dell’Ospedale Maggiore […] Sull’ingresso principale sorge una loggetta a tre archi di stile rinascimento e al centro della loggetta, sopra l’architrave centrale, è uno splendido bassorilievo dello scultore Tullo Golfarelli: Salus infirmorum. Di questo bassorilievo la critica si è dovuta occupare perché esso è una vera e superba opera d’arte. Tullo Golfarelli – artista modesto e studioso – ha con questo suo lavoro affermata la sua fama e dimostrato quanto lo studio continuo unito ad un profondo sentimento del bello ed alla continua ricerca della perfezione in arte possano portare al successo. […] Stupendi effetti di drappeggiamento il chiaro artista ha tratto dalle pieghe delle coltri che a metà ricoprono le persone dei miseri infermi. E la Madre di Dio passa fra quei derelitti: passa e nella figura soave si riflette un senso di mestizia: passa gli occhi a terra chini pensando ai dolori ch’essa soffrì sul Golgota e al divino Unigenito chiedendo – per que’ dolori – la guarigione dei miseri languenti; passa, dolce e soave, benedicendo. Le maggiori lodi della critica furono per il Golfarelli ed egli può andare veramente superbo di questo suo nuovo successo». L’opera, dunque, consolidò la figura del Maestro grazie al forte realismo della scena, nella quale traspare una suggestione devozionale di forte impatto e di grande verità perfettamente in linea con i dettami realisti cui lo scultore era legato. È lo stesso autore, infatti, a scrivere “Cercai di dare ai malati un gran sentimento di verità per il dolore che soffrono e per la speranza di guarigione”, come si legge in una lettera indirizzata all’amico Giovanni Pascoli e datata 22 luglio 1903. Oggi sappiamo che proprio a ridosso di quegli anni, il Golfarelli fu afflitto da gravi problemi alla vista che quasi lo portarono alla cecità e quasi impedirono il completamento della lunetta in oggetto. In questi termini, grande merito va certamente attribuito anche all’allievo del cesenate, Alfeo Bedeschi, che contribuì alla realizzazione finale senza però modificare l’idea o la lavorazione già iniziata dal suo Maestro. Nulla, infatti, può togliere la paternità dell’opera a questo straordinario scultore, e per riprendere le parole di Alfredo Testoni «alto salirà il plauso al valentissimo artista che dal cuore e dall’ingegno trasse ispirazione». Sebbene del vecchio nosocomio non resterà traccia, a causa dei bombardamenti che nella mattinata del 24 luglio 1943 distrussero in maniera irreversibile l’intero complesso, dell’edificio ancora si conserva questa lunetta in marmo, oggi visibile ai piedi della rampa d’accesso del nuovo Ospedale Maggiore, che venne ricostruito fuori dalle antiche mura soprattutto grazie alla cospicua eredità lasciata dal marchese bolognese Carlo Alberto Pizzardi (1850 - 1922).

Così viene ricordata l'opera ne 'Il Cittadino - giornale della domenica', Cesena, 10 agosto 1902: Ecco in qual modo Alfredo testoni, dall'anima d'artista, giudica nel Carlino di venerdì 8 corr., un nuovo lavoro del nostro Tullo Golfarelli: Salus infirmorum è il soggetto dello splendido bassorilievo in marmo che Tullo Golfarelli – il geniale artista il cui ingegno s'è venuto mano a mano affinando – ha eseguito per la facciata del nostro Ospedale Maggiore, che oggi verrà inaugurata con una certa solennità. Il prof. Tullo Golfarelli ha fatto una vera e superba opera d'arte. La Vergine – Salus infirmorum – passa attraverso la corsia dell'Ospedale: passa benedicendo gli infermi che protendono verso lei le braccia ad implorare salute e ausilio. Da un lato della corsia – alla destra della Madonna – tre uomini di varie età ergendosi a stento su i guanciali mostrano le persone scheletriche. Il più giovane, che sembra anche il più malandato in salute, abbassa il capo quasi rassegnato, mentre un altro – le mani giunte – par che fervosamente invochi la guarigione: e par che dica "Vergine benedetta chi penserà ai miei figli?". Il terzo, infine, fissa, come abbagliato, l'immagine della madre dei dolori e della contemplazione pare dimentichi i patimenti fisici che ne hanno affranto la fibra un dì robusta. A sinistra della Madonna tre donne, una vecchia, una giovanissima, e l'altra d'età ancor giovane, ma che i patimenti fisici hanno anzitempo invecchiata, stanno anch'esse sedute sui letti, in attitudine di ardente preghiera; ma quanto quest'attitudine è diversa per ciascuna di loro! E quali espressioni in quei volti emaciati, quanto fervore di fede in quegli occhi ai quali la febbre ha tolto il fulgore dello sguardo! Stupendi effetti di drappeggiamento il chiaro artista ha tratto dalle pieghe delle coltri che a metà ricoprono le persone dei miseri infermi. E la Madre di Dio – Salus informorum – passa fra quei derelitti: passa e nella figura soave si riflette un senso di mestizia: passa gli occhi a terra chini, pensando ai dolori ch'essa soffrì sul Golgota e al divino Unigenito chiedendo – per que' dolori – la guarigione dei miseri languenti: passa dolce, soave, benedicendo. E', certamente, questo lavoro del Golfarelli una buona opera d'arte: e stamane quando le tele cadranno che ricoprono la bella facciata del nostro massimo nosocomio, alto salirà il plauso al valentissimo artista che dal cuore e dall'ingegno trasse ispirazione e lena.

Emanuela Lamborghini

Testo tratto dal volume di Silvia Bartoli e Paolo Zanfini "Tullo Golfarelli (1852 - 1928)", Minerva Edizioni, 2016