La madre indigente

La madre indigente

1866

Scheda

Antonio Rosaspina (Bologna, 1830 - 1871), La madre indigente, olio su prima tela in cornice originale, cm. 74 x 59. Firmato e datato A. Rosaspina 1866 in basso a sinistra. In occasione della Esposizione Universale di Parigi del 1867, Cesare Masini, segretario dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, dava alle stampe il libretto Del movimento artistico in Bologna dal 1855 al 1866. Nella pubblicazione sono ricordati i 261 dipinti acquistati dalla Società Protettrice delle Belle Arti nelle mostre organizzate dalla stessa Società per assegnarli, anno per anno tramite sorteggio, ai soci finanziatori. Di Rosaspina risultano comprate cinque opere: Giacobbe chiedente la mano di Rachele, nel 1855, Beatrice Cenci ritrattata da Guido Reni, nel 1856, La madre indigente, qui esposta, nel 1866, Le delizie materne e Un momento opportuno, in anni imprecisabili. Nel 1863 era stato, invece, il direttore dell’Accademia Carlo Arienti ad acquistare con i fondi del Ministero della Pubblica Istruzione una grande tela raffigurante Una bagnante (Bologna-Pinacoteca Nazionale), per arricchire la “Galleria dei moderni”. Il quasi quarantenne figlio dell’illustre incisore Francesco poteva dichiararsi abbastanza soddisfatto di una carriera forse non troppo brillante e limitata alla ribalta cittadina, ma iniziata in un momento di grande incertezza e difficoltà per i destini dei pittori di figura.

Vincitore nel 1851 del Premio grande dell’Accademia nella classe di disegno e nel 1854 del Premio grande curlandese in pittura di storia con Elisabetta Sirani moribonda confortata dal padre (Bologna- Galleria d’Arte Moderna), Rosaspina era presente abitualmente alle mostre cittadine, a partire dai primi anni Cinquanta. Nel decennio degli esordi del giovane Rosaspina si assisteva all’affermazione a Bologna, nelle mostre della Protettrice ma anche nelle stesse esposizioni accademiche, della generazione di artisti di poco più anziani che avevano abbandonato Bologna per trovare in altri centri stimoli per superare lo stagnante classicismo imperante nelle aule dell’ex convento di Sant’Ignazio. Tra questi vi erano Guardassoni, recatosi a Modena per apprendere la lezione di Adeodato Malatesta, e Andrea Besteghi, il quale nel 1844 aveva vinto il Premio grande in Pittura di storia dell’Accademia bolognese con un dipinto, il Pandolfo Colenuccio letterato pesarese, nell’atto che gli viene intimata la sentenza di morte, presente la sua famiglia (BolognaPinacoteca Nazionale), inviato da Firenze e fortemente influenzato dalla maniera di Bezzuoli. A Besteghi sembra avere guardato Rosaspina nei suoi primi passi come pittore di figura, trovandosi, dunque nel pieno di un conflitto ancora non completamente risolto tra “tradizionalisti” e “progressisti”. L’assenza di un forte e vincente modello stilistico sul quale allinearsi può spiegare un certo eclettismo nelle scelte stilistiche di Rosaspina, il quale nella Bagnante, ricordata sopra, sembra riproporre modi hayeziani, forse memore del grande successo ottenuto a Bologna dieci anni prima dalla Ruth (Bologna, Collezioni Comunali d’Arte) commissionata al caposcuola del romanticismo storico lombardo da Severino Bonora.

Il dipinto qui esposto, insieme agli altri con soggetti analoghi ricordati dalle fonti ma non reperiti, lasciano intendere la possibilità, circa alla metà degli anni Sessanta di una raggiunta, sebbene tardiva, maturità di Rosaspina, il quale sembra abbandonare i soggetti storici e letterari per rivolgersi ad argomenti ispirati alla realtà contemporanea. Percorso analogo era stato compiuto negli stessi anni da Luigi Busi, ma mentre quest’ultimo affrontava la realtà con spirito di cronaca giornalistica, concedendosi al massimo uno sguardo compiaciuto o ironico, Rosaspina si pone su un piano più letterario, indulgendo, come dimostra La madre indigente, in un certo moralismo di maniera. Da un punto di vista teorico la scelta del pittore bolognese appare coerente con quanto sostenuto due decenni prima dal purista Pietro Estense Selvatico, il quale nello scritto Sull’educazione del pittore storico odierno italiano. Pensieri, pubblicato a Padova nel 1842 aveva sostenuto che: “Oltre agli storici, ai biografici, ai poetici, altri soggetti pur vi sarebbero più acconci all’indole del tempo in cui viviamo, più immedesimati con noi, più popolari; quindi più efficaci a porgere a tutti una vera utilità morale. Son questi a mio parere gli argomenti tolti dall’odierno vivere ed intesi a rappresentare scene della vita presente […] Parmi che un’ultima osservazione la quale s’acconcia alla intelligenza di ognuno, debba racertare ancora di più sulla convenienza de’ fatti domestici come tema dell’attuale pittura storica” (cfr. Barocchi, 1972, pp.125, 126). Come esempi da imitare, Selvatico indicava le tele di Ary Scheffer e Leopold Robert, ma la sensibilità di cui si era fatto interprete dilagava in tutta Europa, trovando, forse, gli interpreti più rigorosi nei “realisti” della Scuola di Dusseldorf, come Johann Hasenclever, Wilhelm Heine e Carl Hubner. La madre indigente di Rosaspina ci riconduce, dunque, all’interno di un filone della pittura europea, genericamente definito Biedermeier, ancora lungi dall’essere completamente chiarito nelle sue complesse interne relazioni e nella stessa estensione geografica e temporale.

In collaborazione con Galleria de' Fusari, Bologna. Testo tratto da: Claudio Poppi (a cura di) 'Da Antonio Basoli a Luigi Busi: Bologna, Ottocento ...Senza macchia!', 2005.

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Storia delle arti del disegno (La)
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Augusto Romagnoli, La storia delle arti del disegno studiata nei monumenti che si conservano in Bologna e nei suburbi, 1888. Estratto. © Museo Risorgimento Bologna | Certosa.