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Il teatro dialettale bolognese

1796 | 1950

Schede

Il teatro dialettale bolognese ha sempre cercato di rappresentare in forma più “leggera” i costumi e i fatti del tempo in cui i suoi testi sono stati scritti. I suoi personaggi non hanno personalità complicate o tormentate; sono uomini e donne normali, eroi modesti, contenti di essere tali. Nel momento del suo massimo splendore, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, i locali dove venivano rappresentati testi in vernacolo erano frequentatissimi e creavano qualche mal di pancia ad impresari e gestori del teatro impegnato. Erano e sono tutt'oggi spettacoli che distraggano dalle preoccupazioni quotidiane e dalle cattive notizie che, purtroppo, costellano i nostri tempi. Era ed è un pensiero comune che a teatro ci si debba divertire. Nelle opere dedicate al teatro dei burattini, la cultura dialettale trovava la sua vena più popolare e ridanciana, realizzata attraverso generazioni di artisti, tra cui i celebri Filippo e Angelo Cuccoli.

Ci racconta Alessandro Cervellati che perfino un’opera di Shakespeare come “La bisbetica domata” nel 1903 fu ridotta in dialetto da Goffredo Galliani. Il titolo fu “Taraghegna” (persona ostinata): una sola parola, un termine talmente azzeccato che rende a pieno il senso del discutere in maniera accesa, del litigare furiosamente, del non essere mai soddisfatti, dell’essere stizzosi. Chi diede definitivo lustro al teatro dialettale bolognese fu Alfredo Testoni, impareggiabile creatore di tipi, figure, macchiette, ambienti, tradizioni, costumi e vizi del popolo che ben conosceva. Nelle sue commedie, spesso e volentieri il dialetto veniva intercalato all’italiano, così come succedeva nel teatro piemontese, milanese, siciliano o napoletano: i dialoghi erano in tal modo meno monotoni e venivano caratterizzati da personaggi che dovevano distinguersi da quelli della classe popolare.

Chi parlava in italiano apparteneva di fatto ad un ceto sociale più alto, anche se indulgeva spesso a conversare anche in dialetto. La “culla” di tutta la produzione di Testoni fu certamente il famosissimo Teatro Contavalli, dove si erano formati anche i migliori interpreti del teatro dialettale: da Augusto Galli a Carlo Musi (pare che la loro comicità fosse inesauribile) fino alla mitica Argia Magazzari, vera attrice di razza. Figlia d’arte, era - come scrisse il critico Antonio Cervi (padre del grande Gino) - “il principale vanto della Compagnia Bolognese…prediletta dal nostro pubblico…ha doti di vivacità e di brio da stare a pari con le migliori artiste del teatro veneziano e piemontese”. In un’intervista concessa a Il “Resto del Carlino” Testoni espresse il suo giudizio su di lei: “Essa è stata la mia vera ispiratrice per i vari caratteri che ho tratteggiato come meglio ho potuto…”. Negli anni Quaranta, il Contavalli venne demolito e ricostruito come cinematografo. Il teatro dialettale subì alterne vicende: naturalmente non morì e, per fortuna, non è morto. Dopo i successi di Bruno Lanzarini, Walter Marcheselli e Arrigo Lucchini, sono ancora tante le Compagnie attive.

Daniela Schiavina