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Il Faro di San Luca

1925

Schede

Durante certe notti, sulla cima del Monte della Guardia brilla una vivida luce, talvolta intermittente tal'altra fissa e che, in condizioni atmosferiche favorevoli alla visione, impressiona l'occhio anche alla distanza di più che trenta chilometri. Questa intensa luce, che può estinguersi e riaccendersi con determinato periodo o pure rimanere fissa, si sprigiona da un gruppo di lampade elettriche disposte come ora dirò, sul vertice del cupolino del Santuario di S. Luca.

Sopra uno dei nostri più noti e caratteristici monumenti della Chiesa si è così acceso da poco tempo questo moderno faro di fede, questo potente fuoco di richiamo e di segnale, questo simbolo di stella maris. Sino a poco tempo fa, l'energia elettrica non aveva ancora adagiati i suoi tentacoli metallici lungo i fianchi del Monte della Guardia per raggiungere la vetta ma però era già a poca distanza, come ad aspettare. Dalle colonie scolastiche di Casaglia, dove la corrente elettrica distribuisce, da qualche tempo, i suoi benefici effetti, il passo per arrivare al Santuario, con una linea area, per quanto costoso era facile e breve. E questo passo è stato felicemente compiuto nel Maggio del 1924. una linea trifase primaria, a 3000 volts, lunga metri 800 circa, appoggiata su pali di legno, si stacca dalla cabina di trasformazione di Casaglia, attraversa il vallone del Rio Meloncello e va a finire in un'altra cabina, costruita in un romito angolo del piccolo orto che verdeggia a sud-est della basilica. La corrente elettrica, ridotta da 3000 a 220 volts, per mezzo di un trasformatore della potenza di 12 KVA, viene distribuita alla Chiesa, al faro ed ai locali di abitazione dei sacerdoti e del personale addetti al tempio. Nell'interno della Chiesa sono stati artisticamente disposti dei bracci, delle sospensioni e delle serie di lampade nascoste lungo una cornice, per ottenere una regolare illuminazione sia orizzontale che verticale e per mettere in luce ben diffusa i dipinti e gli ornati. Le lampadine ad incandescenza che, in parte, sono guarnite con tulipes in vetro leggermente colorato, formano un complesso di centri radianti, sobriamente sfarzoso, che adorna il luogo di adatta illuminazione, molto gradevole, signorile e che permette di distinguere esattamente le cose anche nei loro particolari. Nel presbitero e nell'abside, dove è custodita l'immagine della B. V., l'impianto elettrico è definitivo e comprende due lampadari a 12 fiamme l'uno, due riflettori che lanciano il loro fascio di luce sopra l'altare maggiore, 40 lampadine cilindriche a filamento diritto (tipo linolite), quattro bracci per l'illuminazione di servizio. In complesso questa installazione ha così una potenzialità luminosa di circa 8000 candele decimali. La navata principale della Chiesa quella che è sormontata dalla grande cupola, poiché attende l'opera del decoratore, adesso non ha che un'illuminazione provvisoria, costituita da 10 bracci, con lampadine ad incandescenza, formanti, globalmente, una intensità luminosa di circa 7500 candele decimali. L'accensione di tutti questi centri luminosi è comandata da un quadro, collocato nella sagrestia. Presso al medesimo quadro trovasi, azionato da un piccolo elettromotore, un interruttore rotativo il quale ogni 15 secondi circa, lancia ed interrompe la corrente nel circuito che va ad alimentare le lampade della stella maris. Annesso a questo interruttore se ne trova un altro, orario, automatico.

Sul vertice del cupolino che si innalza sopra alla grande cupola del Santuario, è stata messa la lanterna costituita da una sfera cava, ad ossatura metallica in ferri a T e ricoperta da prismi rettangolari di vetro, legati in ottone e cogli spigoli smussi. La sfera ha il diametro di 60 centimetri e contiene quattro lampade ad incandescenza, in gas, della potenza di 1000 watts l'una, formanti, quindi, un totale di più che 8000 candele decimali orizzontali, poiché dette lampade sono munite di riflettore. Gli impianti elettrici sono stati eseguiti dalla Ditta “Foco” di Bologna. Al di sopra della sfera e sul prolungamento del suo diametro verticale, si eleva la croce metallica che è la parte più alta di tutto l'edificio. Attorno alla croce, in un piano più basso, sono un anenometro a quattro coppe ed un anemoscopio che fanno parte del corredo scientifico dell'osservatorio meteorologico Malvasia. Il piano della Chiesa si trova a metri 298 sul livello del medio mare, l'altezza dell'edificio, sino al cupolino è di metri 45,6 di guisa che il centro della sfera luminosa, misurando la cuspide circa 60 centimetri di altezza, viene a trovarsi a metri 344,5 sul mare. Si può arrivare lassù percorrendo prima una scala a chiocciola in muratura la quale giunge sino allo zoccolo della cupola e poi una scala metallica, a gradini, che si svolge ad elica sull'estradosso della cupola mede sima ed arriva al piano di appoggio delle colonne che sostengono il cupolino. Qui, per salire ancora, è una scala in ferro, verticale, a piuoli, che si arresta non appena si inizia la curvatura del cupolino sopra al quale si può montare, per giungere alla lanterna ed alla croce, servendosi di piuoli in ferro, murati. L'ascesa è un po' lunga, faticosa e, specie negli ultimi tratti, anche impressionante ma chi la supera ha per premio una grandiosa veduta panoramica di eccezionale bellezza. L'occhio di lassù spazia liberamente per ampio raggio e mentre per lo sviluppo di più che due quadranti, la visita può seguire la curva circolare dell'orizzonte, per il resto del giro scorge i profili ondulati ed irregolari delle colline e dei monti del nostro Appennino. Quando, nell'Aprile scorso, con la gentile assistenza di Mr. Cantagalli, Presidente della Fabbrica della B. V. di S. Luca, ho potuto visitare gli impianti eseguiti nel Tempio e rivedere più da vicino tutte le meraviglie d'arte, di tecnica e di ricchezza che si trovano raccolte lassù, approfittando della cortese ospitalità e dell'ascesa compiuta, ho voluto anche curiosare entro alla cupola maggiore che ora è sottratta agli sguardi del pubblico perché vi si lavora. E vi lavora il Prof. Giuseppe Cassioli, eccellente pittore e vero artista e maestro, ben noto anche per le sue importanti e mirabili opere di scultura. Egli affresca i 240 metri quadrati della cupola ed è quasi al termine del grandioso quadro dove, in figure squisitamente disegnate, dipinte ed atteggiate, si vede la Vergine annunziatrice di pace al mondo, mostrare il Redentore, tenendolo alto con le braccia protese ed elevarsi al cielo mentre gli angeli ribelli restano dannati tra le serpi e le fiamme. Di contro alla Vergine è il Papa Benedetto XV che, dopo la guerra mondiale, invoca un'eterna pace su tutti. In un dettaglio del bellissimo dipinto si vede il pellegrino Teocle Kmnya, recante la tavoletta della Sacra Immagine che dovrà essere collocata sul Monte della Guardia.

Ing. A. NATALI

Dalla rivista 'Il Comune di Bologna', aprile 1925. Trascrizione a cura di Zilo Brati.