I Corornari sul sagrato della chiesa di San Carlo ai Catinari

I Corornari sul sagrato della chiesa di San Carlo ai Catinari

1885

Scheda

Luigi Serra (1846 - 1888), I Corornari sul sagrato della chiesa di San Carlo ai Catinari, 1885. Ubicazione: Firenze, Palazzo Pitti, inv. Cat. Gen. 98. Come correttamente indicato, il dipinto, conosciuto soprattutto come i Coronari, fu esposto a Roma nel 1885 e acquistato dal gallerista fiorentino Luigi Pisani (1824 - 1895) appena terminato nel 1885: “A parer mio il suo quadro è bellissimo sia come forma e come effetto dell’aria aperta”, scrive lo stesso mercante d’arte (riportato in Bologna 2008-2009, p. 47). La notizia fu data anche dalla stampa e per la sua capacità di ricreare questa scena di verità Serra è stato avvicinato a Émile Zola. Si tratta di un dipinto dove il vero è preso dalla strada, di contemporaneità e non di storia. Il terzo soggetto di tale genere dopo il piccolo Concialaveggi è Il monte di pietà realizzato a Venezia come saggio per la pensione statale che gli aveva dato la possibilità di restare nella città lagunare dal 1875 al 1878. Qui è descritta la vita sul sagrato della chiesa romana di San Carlo ai Catinari, dove alle popolane si mescolano i mendicanti e i coronari appunto, che infilano rosari vendono immagini di santi. Anche in questo caso Serra studiò a lungo per la realizzazione del dipinto e ne sono testimonianza tutti i disegni e lavori intermedi e preparatori per la tela finale (in Ricci 1909, tavv. VII-X, Sapori 1918, tavv. fuori testo, Sapori 1922, pp. 35, 36, 39, 40, 43, 46, 49, 177, Bologna 1961, nn. 3, 7, 11, Bologna 2003, tavv. 19-37 e poi catt. 98-102, Bologna 2008-2009, tav. fuori testo e anche Pinacoteca Nazionale 2013, nn. 211a.-b.). Il cartone fu esposto a Torino nel 1884 (Esposizione Torino 1884, nn. 1696, p. 67) e in seguito, dopo la morte del pittore, nel 1891 a Milano, insieme a dei “dettagli in disegno del cartone” (Esposizione Milano 1891, n. 47, p. 11, n. 55, p. 12). Il dipinto non ha nulla dell’impressione, ma mostra, pur nell’unità, un disegno accuratissimo in ogni sua parte, “una grande e complessa tarsia di particolari”, tanto da far pensare persino che Serra, per lo studio di certi passaggi, come i ritagli di giornale attaccati alla facciata della chiesa possa essersi avvalso di una macchina fotografica (Tromellini 2008, p. 157). Il dipinto nel Novecento ha anche segnato la fama di Serra come grande disegnatore ma mediocre coloritore: “Infine venne la tela; ma il vivo fuoco che illuminava i diversi pezzi andò illanguidendo via a via nel congegno totale del quadro, che si mostra arido quantunque perfetto” commenta Sapori, uomo del Novecento, cercando forse in Serra una disposizione impressionista che il pittore non ebbe mai.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia: Bologna 1983b, p. 217; Giumanini 2000, 196-197, 202; Bologna 2001-2002, pp. 30, 46, 49, tav. a p. 60. Bibliografia e fonti: Fondo Luigi Serra, Cartella 9, 9.1.8; Sapori 1922, pp. 81-82 e tav. a p. 179; Bologna 1961, p. 8; Bologna 1983b, p. 220; Bologna 2003, pp. 37-38, 40, 86, 213, tav. 37; Bologna 2008-2009, pp. 46-47, 70, 156-157.

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