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Anna Guidarini

26 Luglio 1771 - 20 Febbraio 1827

Scheda

"Slanciata, ben proporzionata, con un incarnato freschissimo e un po’ pallido, dentatura perfetta, capelli corvini di riccioli naturali. Gioviale e gioiosa sempre, con le labbra atteggiate a un costante sorriso e con un’espressione di angelica dolcezza. Ella cantava sempre, anche quando attendeva alle faccende di casa. Era affatto ignara di musica, ma aveva una memoria prodigiosa... e perciò imparava con facilità le parti che le erano destinate. La sua voce, espressiva per natura, era bella e piena di grazia, soave come la sua figura" Queste le parole, riportate dal musicologo e amico di Rossini Edmond Michotte, con le quali Gioachino Rossini a Parigi negli anni 60 dell’800 ricorda sua madre Anna Guidarini.

La sua biografia viene qui scritta attraverso le parole dei suoi protagonisti: l’Epistolario di Gioachino Rossini edito dalla Fondazione Rossini di Pesaro e i documenti d’archivio, dal prezioso Archivio della Diocesi di Pesaro e dall’altrettanto prezioso archivio manoscritti della Biblioteca Oliveriana. E poi dagli scritti di coloro che hanno conosciuto i protagonisti, come gli impresari teatrali, la cantante Gertrude Righetti Giorgi, e l’amico Francesco Gennari. Partiamo dall’inizio, dalla nascita di Anna Guidarini. Eccone l’atto di battesimo, conservato nell’Archivio della Diocesi di Pesaro: "Adì 26 detto (26 luglio 1771). Anna, Maria, Teresa, figlia di Domenico Guidarini e di Lucia sua moglie della Cura di S. Lucia è stata battezzata in casa per necessita da B. da Lucia Panighi mamana [levatrice] e da me don Terenzio Gai sagrestano furono supplite le cerimonie ecclesiastiche, compare fu Giuseppe Sguciono(?) comare Francesca Mosca. Nata questa mattina a ore 10 di venerdì" (SEGNATURA VOL. Libro XXIX de Battesimi dal 10 Ottobre 1764 sino li 31 Decembre 1771, c. 139 v.).

Anna Guidarini nasce (e rischia di morire) il 26 luglio 1771 a Pesaro, “nella cura di Santa Lucia” cioè dall’altra parte della città rispetto a dove collochiamo di solito le avventure dei Rossini. È la prima di quattro figli (dopo di lei nasceranno Nunziata, Francesco Maria e Maria) ed è figlia del pesarese Domenico e di Lucia Romagnoli, di Urbino. La famiglia si trasferisce, quando Anna e la sorella Nunziata sono bambine, nelle case del Corpus Domini dove c’era il forno delle monache e dove il padre inizia a fare, appunto, il fornaio. Giovinetta, apprende il mestiere di modista, altri dicono la sartina (ma non cambia molto) e, quando capita, canta pagine musicali, che ha imparato a memoria perché non sa leggere la musica. Con la sua bella voce di soprano allieta le serate tra amici. Lo ricorda a Gioachino nel 1868 un suo vecchio amico, Francesco Gennari, suocero di Giuseppe Vaccaj, il cui padre Antonio era compagno d’avventure del padre del compositore: "DA FRANCESCO GENNARI A GIOACHINO ROSSINI. Mio padre Antonio era improvvisatore di ariette galanti che, al pari degli antichi bardi, maestrevolmente colla sua chitarra accompagna vasi. Ed era amico intrinseco del vostro signor padre e, più per ragion di canto, della vostra signora madre. Ricordo le brillanti conversazioni, i musicali concerti, le baldorie e i balli e come seralmente in vostra casa trastullavansi. Diveniste celebrità mondiale e per merito di chi? Di mio padre che amava i vostri genitori e che con vostra madre canterellava pizzicando la chitarra…" (cit. da Paolo Fabbri, I Rossini a Pesaro e in Romagna, catalogo della mostra Rossini, 1992). Siamo nel 1791, Anna ha vent’anni e nella stessa casa di via del Fallo trova alloggio il nuovo trombetta comunale, con funzioni di aggiunto in teatro, Giuseppe Rossini. Lui ha 27 anni, è di spirito fumantino e avventuroso, ha un lavoro preciso e istituzionale quasi da ‘musicista’. Nemmeno a dirlo, tra i due nasce un’inevitabile simpatia. Per farla breve: il 26 settembre 1791 i due si devono sposare e si trasferiscono in via del Duomo dove, 5 mesi dopo, il 29 febbraio 1792, nasce il piccolo Gioachino. Abiteranno in questa casa fino al 1797, quando traslocheranno, armi e bagagli nel vicino Palazzo Baviera.

Una vita tranquilla. Ma è a questo punto che la ‘grande storia’ irrompe nella vita di una piccola città dello stato pontificio, Pesaro, appunto che non era, come avrebbe potuto sembrare, un addormentato centro di provincia. Le novità e le idee rivoluzionarie dalla Francia erano arrivate anche in Italia. Era in quel tempo iniziata la ‘campagna d’Italia’ di Bonaparte e, quando il generale si avvicina ai territori marchigiani, i patrioti pesaresi si preparano alla ribellione. Il gruppo dei giacobini ribelli, sebbene capeggiati da qualche ‘nome illustre’ come quello dei Mosca, in realtà appartengono tutti alle classi più basse, sono per lo più piccoli artigiani come falegnami, droghieri, calzolai… cui si affiancano vetturini e trombettisti pubblici… Sì, perché tra i giacobini ribelli troviamo anche nome di Giuseppe Rossini, che chissà dove aveva assimilato le idee rivoluzionarie, ma che è tra i capi della rivolta. Le truppe francesi arrivano a Pesaro il 5 febbraio 1797, e il 6, ospitato dai Mosca, arriva persino il generale Bonaparte. Il 10 gli ecclesiastici sono in fuga, ma il 4 aprile, col Trattato di Tolentino, tutto torna come prima. Tutto finito? No di certo: le sorti della rivoluzione pesarese seguono le alterne sorti della Campagna d’Italia: il 22 dicembre 1797 ecco un’altra rivolta. E questa volta il governo dei giacobini sembra destinato a durare. Grandi feste, innalzamento dell’albero della libertà, cambio del nome della piazza da Piazza Maggiore a Piazza del Popolo, carri trionfali che vedono sempre il pubblico trombetta particolarmente infervorato. Giuseppe è ballerino protagonista in una pantomima contro il Re di Napoli al Teatro del Sole nel carnevale del 1798, anno nel quale, forte dei suoi meriti politici si propone addirittura come impresario per prendere in gestione il teatro cittadino. Cosa c’entrano Napoleone, i Municipalisti e la rivoluzione pesarese con la vita di questa famiglia? Anna cantava, per diletto e nei territori ecclesiastici, ad eccezione di singoli luoghi privilegiati e in casi eccezionali, come ad esempio per la fiera di Senigallia, era proibito alle donne esibirsi in teatro. Ma con l’arrivo dei francesi, e il cambio di Regime, questa disposizione cade. Anna non se lo fa ripetere due volte e decide di cambiare vita, per intraprendere una nuova carriera, quella di cantante d’opera. Il suo debutto avviene come “seconda donna” ad Ancona, nella stagione che inizia il 26 dicembre 1797: "Nel Teatro della Fenice di Ancona dove si rappresenteranno nel prossimo carnevale tre drammi buffi in musica il primo dei quali averà per titolo La Locanda musica del celebre maestro Giovanni Paisiello". Il manifesto dell'evento racconta moltissimo del momento storico in cui si sta vivendo: Maria Anna Rossini è definita “cittadina”, e spiccano in bella vista le parole chiave della Rivoluzione, Libertà e Uguaglianza. Nel 1798 il suo nome appare nello spettacolo di apertura del Teatro di Jesi nella "Capricciosa Corretta" di Vincente Martin y Soler, suscitando grande stupore nel pubblico, che per la prima volta, vedeva sul palcoscenico un ruolo femminile sostenuto da una donna. La ritroviamo poi a Ferrara, “nel teatro nazionale per il carnevale dell’anno VII della Repubblica” [1799] questa volta come “prima donna” nella parte di Faustina nei 'Nemici generosi' di Domenico Cimarosa, assieme a Vincenzo Zardi, Luigi Barilli, Vincenzo Romagnoli e Clemente Corticelli, tutti interpreti allora di un certo spessore, presenti nelle ‘città primarie’, come si diceva all’epoca e in stagioni di rinomati impresari. Nell’estate 1799 eccola a Bologna, al teatro Marsigli-Rossi con 'l’Impresario in rovina' di Cimarosa, 'Don Giovanni' di Giuseppe Gazzaniga e 'La pianella perduta' di Francesco Gardi. E poi di nuovo a Jesi, nel carnevale del 1800 al teatro della Concordia con 'La donna di genio volubile' di Marco Portogallo e dove, a seguito della sua presenza nel dramma giocoso 'I nemici generosi' di Cimarosa venne pubblicato un libro di poesie "Al merito singolare della Signora ANNA ROSSINI Pesarese che con plauso giustamente universale vi sostiene la parte di prima cantante". Ma intanto che Anna gira l’Italia nel Nord a Pesaro stanno succedendo cose….

A Pesaro, il governo dei Municipalisti non vive un momento facile. A inizio 1799 si aggiungono, alle liti tra i governanti per la gestione del potere, una gravissima crisi economica e la carestia. All’inizio dell’estate la controrivoluzione si è di nuovo organizzata e un esercito, formato da armate russe, austriache e turche nel giugno, dopo aspri combattimenti invadono la città tra Porta Rimini e Porta Cappuccina. E mentre le retate per catturare tutti i responsabili della rivolta proseguono per mesi, Giuseppe Rossini ha cominciato a seguire la moglie, assieme alla quale spesso viene scritturato, nella vita errabonda di musicista di teatro. Sta suonando a Bologna quando viene catturato alla fine di una recita mentre esce dal teatro e viene condotto a Pesaro per essere giudicato in tribunale. È lui stesso a raccontarci le sue vicende artistiche, politiche e personali nella sua testimonianza al processo contro celebratosi nell’autunno del 1800 "contro il delinquente Rossini denominato 'Vivazza', uno dei più temerari capi che nelle passate vicende si ribellarono al proprio sovrano". Ed eccole le parole del Rossini, incalzato dal Giudice Istruttore: "Io mi trovo davanti a lei in questa abitazione del Bargello perché ci sono stato condotto da sbirri che mi hanno levato da una di questa carceri segrete. Io mi trovavo in Bologna sin dall’ottobre dell’anno prossimo passato dove mi ci portai perché Anna mia moglie cantava in quell’opera e io sonavo il corno da caccia. Dopo il teatro d’autunno fatto in Bologna mia moglie fu chiamata in Ferrara per prima donna e io l’accompagnai essendo stato scritturato ancor io per corno da caccia dove ci trattenessimo tutto il carnevale ed indi tornassimo a Bologna e siccome mia moglie si ammalò di male di gola così non potè cantare nella quaresima. Essendosi però guarita dopo Pasqua novamente cantò nell’opera e durò sino alla metà di settembre corrente. Io però non potei finire il teatro perché venni come sopra arrestato due o tre giorni prima che terminassero le recite. In Bologna dopo il mio arresto fui ritenuto in carcere per il tempo di tredici o quattordici giorni, dopo di che fui levato da dette carceri, e dalla Guardia Urbana condotto sino alla porta di Strada Maggiore di detta città, dove fui consegnato ai sbirri di detto governo, i quali la sera mi condussero in Imola, e la mattina seguente fui levato dai medesimi sbirri dalle carceri d'Imola, e condotto a pranzo a Forlì, e la sera di notte dai sbirri di Forli fui accompagnato sino a Cesena, ed avendo pernottato in quelle carceri, la mattina seguente dagli esecutori di Cesena fui trasportato in Rimino in tempo di notte, dove fui trattenuto in quel carceri per due giorni, e lunedì la sera circa un’ora di notte li sbirri di Rimino mi levarono da quelle carceri e mi condussero sino alla Cattolica. Dove mi consegnarono ad un picchetto della Guardia Urbana di questa città, da cui la stessa notte fui scortato sino a queste carceri. E mi immagino la causa della mia carcerazione credo per esser stato io repubblicano e per aver detto Viva la Repubblica". (Dagli Atti del Processo, ms, Biblioteca Oliveriana, Pesaro). Anna, che in quel momento ha già un certo nome e una certa fama, cerca di utilizzarla per perorare la causa del marito. Durante il processo, tra una tournée e l’altra, si reca ad Ancona presso il quartier generale del feldmaresciallo austriaco Frelich, ma senza nessun risultato. Il patriota Giuseppe rimarrà in galera fino a che nel 1801 una ‘grazia’ (e una nuova breve parentesi repubblicana subito dopo la battaglia di Marengo), lo reintegrerà, anche se per poco, nel suo ruolo di pubblico ufficiale. Tuttavia, gli anni pesaresi dei Rossini stanno per concludersi definitivamente: alla fine del 1801, mentre si trova impegnato in una Stagione a Bologna, Giuseppe verrà, e questa volta definitivamente, licenziato dal suo ruolo pubblico. E si deciderà, assieme alla famiglia, a partire alla volta di Bologna, città di teatri e di impresari, pronto assieme a miglie e figlio, a iniziare una nuova vita.

Ci consentiamo ora una piccola digressione, utile tuttavia a fare “entrare in commedia” un altro protagonista del nostro racconto. Un protagonista che, a causa dell’età, è rimasto finora silente, il piccolo Gioachino. Mentre la madre Anna canta l’opera in giro per l’Italia, e mentre il padre Giuseppe, quando non è ‘trattenuto’ dal governo in carica, accetta scritture teatrali possibilmente assieme alla moglie, il piccolo Gioachino viene affidato ai parenti. In realtà la sua vita a Pesaro in quegli anni tra il 1799 e il 1801 è, dal punto di vista educativo, assolutamente riprovevole. Studioso di poco profitto presso un ex frate distratto, accudito (poco e a turno) dalla nonna e dalla zia, viene messo a bottega da un fabbro ferraio, tale Giulietti che sta a pochi metri da casa, in piazza Sant’Ubaldo n.362. La sua attività principale è quella di teppista per strada, affiliato ad una bande giovanile cui fa esplicito riferimento questa notifica di polizia: "Sono a noi giunti dei ricorsi contro l’abuso introdottosi in questa Città da una truppa di incauti giovinetti, i quali divisi in due fazioni si pongono a lanciare gli uni contro degli altri sassi come in guisa di combattimento sulle pubbliche strade e piazze, non senza un evidente pericolo di rimanere gravemente offesi taluni di essi o chi disgraziatamente s’incontrasse a passare in quest’istante per le medesime. Noi dunque, per prevenire simili disordini e provvedere alla comune quiete e sicurezza, colla presente facciamo noto che da qui in avanti dovranno gli stessi giovani onninamente astenersi dal praticare un simile abuso sotto la pena, in caso di contravvenzione, del carcere ed altre maggiori ad arbitrio, secondo la qualità dei casi e delle circostanze. Nel tempo stesso avvertiamo i loro genitori di vegliare sull’esatta osservanza di queste nostre ordinazioni, altrimenti essi pure saranno responsabili della condotta de’ loro figli". (Notificazione per Cesareo Magistrato di Pesaro. Dicastero di Polizia, 29 ottobre 1799). Un’attività cui fa riferimento anche il già citato Francesco Gennari, nella lettera che abbiamo letto più sopra nella quale ricorda: "Alla nuca mi porto ancora la traccia d’una rimarginata cicatrice prodotta da un colpo di sasso vibratomi da S.V. illustrissima al tempo in cui prendevasi piacere di scorrazzare le sagrestie per vuotare ampolline e nel quale invece di dilettare eravate molesto a tutto il mondo". (cit. da Paolo Fabbri, I Rossini a Pesaro e in Romagna, catalogo della mostra Rossini, 1992).

Come abbiamo già avuto modo di constatare, Anna affrontava esclusivamente le parti di primo o secondo soprano nell’opera buffa, perché il genere serio richiedeva una preparazione tecnica ‘di scuola’ che, ricordiamo, Anna non possedeva essendosi formata come autodidatta. Nel suo repertorio possiamo trovare autori ancora celebri oggi, come Paisiello o Cimarosa, ma anche altri che erano all’epoca celeberrime testimonianze della diffusione capillare del teatro musicale ma che oggi per noi sono solo nomi di importante valore storico-documentario, come Mayr, Mosca, Martin y Soler, Fioravanti, Gazzaniga, Weigl. Riscuoteva buon successo, Anna Guidarini, e il suo nome è nel carnet di impresari di nome, quali Luigi Montalti che nel 1801 la propone per la Stagione al Teatro di Imola: "Luigi Montalti alla Municipalità d'Imola. Bologna li 17 brumaio anno IX [=7 novembre 1801] Cittadini municipalisti, ho fatte le mie riflessioni ed i miei scandagli, e trovo esser molto pericolosa l'impresa in codesto teatro per opere nel carnevale, stagione in cui le paghe agli attori sono più d'ogni altra gravose, qualora non si volesse prendere dei scarti. Ho trattato la Rossini, e sono arrivato fino alli centottanta scudi, viaggi ed alloggio, ma questa non può determinarsi fintantoché non è deciso se in Bologna potrà farsi opera al teatro Taruffi col quale essa è impegnata, e finché non sia sortita dal trattato di Jesi che tiene dall'ultimo ordinario. Se non sarà la Rossini, farò venire espressamente o da Firenze o da Parma altra prima donna che non sia mai stata sentita in questo teatro. Eccovi il nome degli altri soggetti coi quali ho avanzato il trattato, soggetti tutti nuovi per questo teatro". (cit. da Paolo Fabbri, I Rossini a Pesaro e in Romagna, catalogo della mostra Rossini, 1992). Il contratto si farà, dal momento che la Guidarini canta ad Imola all’inizio del 1802 nelle 'Cantatrici villane' di Valentino Fioravanti. Tornerà ad Imola per la stagione della fiera estiva del 1803 al teatro Nazionale, questa volta per l’impresario Giovanni Lupi, per cantare nell’Impresario burlato di Luigi Mosca.

In quegli stessi anni Gioachino entra, questa volta finalmente da musicista nella nostra storia: ad esempio nella stagione del carnevale 1801 al teatro di Fano, nella quale cantava la madre e forse suona anche il padre, il piccolo è menzionato come “suonatore di viola”. Da quel momento comincia a diventare sempre più importante trovare scritture teatrali che coinvolgano tutta la famiglia. Complice anche la situazione politica pesarese, dopo il ritorno dei legittimisti e il licenziamento di Giuseppe dagli incarichi istituzionali, sembra sempre più urgente il trasferimento da Pesaro a una città come Bologna, dove agivano moltissimi impresari teatrali e dove la presenza di numerosi teatri d’opera consentiva una maggiore possibilità di lavoro. Dal 1804 la presenza di Gioachino assieme alla madre comincia a diventare significativa e documentata. Nella primavera di quell’anno infatti Anna canta arie e cavatine ad Imola in una Accademia musicale nella quale possiamo notare anche la presenza del figlio, come recita questo “avviso Pubblico” indirizzato ai Cittadini: "Gioachino Rossini vi annunzia che Domenica sera 22 cadente aprile darà un’accademia di musica in questo teatro Comunale. Egli vi ha dato altra volta qualche saggio, benché piccolo, del suo genio per la musica, onde si lusinga di ottenere uguale compatimento agli sforzi della sua puerile età. Il divertimento della enunciata Accademia sarà distribuito nel seguente modo". È un manifesto dal quale apprendiamo che già in precedenza Gioachino si era esibito sul palcoscenico del teatro romagnolo. Il programma, oltre ai brani interpretati dal soprano, notiamo che Gioachino avrebbe interpretato la “cavatina in vestiario e azione da buffo” Se mia moglie crepasse una volta, oltre a cantare assieme alla madre in un “duetto eseguito dalla Cittadina Rossini e Figlio in vestiario e azione come la cavatina del suddetto Rossini”. La stessa collaborazione si ritrova, ancora nel 1804, a Ravenna dove Gioachino è scritturato coi genitori e dove sostituì nei 'Due gemelli' di Gazzaniga il basso comico Marchesi improvvisamente ammalato, riscuotendo grande successo. Una stagione, questa del 1804, nella quale Anna canta nell’Amor marinaro di Weigl e ne 'I due gemelli' di Pietro Guglielmi a Ravenna, mentre si esibisce a Reggio Emilia con 'Che originali' di Simone Mayr e 'L’impresario burlato' di Mosca. Nell'anno 1807 siamo a Rovigo: Anna, assieme al figlio e al marito, è scritturata per la stagione della fiera nel grande teatro Roncali. "Per la serata di sua madre scrisse una sinfonia nella quale introdusse delle novità musicali fino allora sconosciute. Nel fare le prove del nuovo pezzo un suonatore di contrabasso, essendo impacciato nell'eseguire la sua parte, su richiamo del direttore d'orchestra sdegnato rispose: «Chi vuole mai che intenda questi zibaldoni scritti da quel bamboccio lì», e segnava coll'arco Rossini, il quale era seduto al cembalo come allora si usava. Ma il pubblico, che intuì nel suo lavoro un riformatore, lo coperse di applausi nella sera dell'esecuzione della sinfonia". (Da una cronaca locale). Anna era stata, all’inizio della carriera la “moglie di Giuseppe Rossini”, poi aveva goduto di buona fama e a quel punto era stato Giuseppe ad essere indicato come “il marito di Anna Rossini”. Adesso però il figlio li stava superando entrambi e cominciava a prendersi da solo la scena. Non è un caso che questa di Rovigo sia l’ultima piazza documentata nella quale Anna si sarebbe esibita. Forse anche per pressanti motivi di salute? Sembra si fosse infatti improvvisamente acuita la malattia di cuore della quale soffriva da tempo, e inoltre "La voce di Anna Rossini che, cantando senza metodo, si era affaticata moltissimo, la voce di Anna Rossini mostrò i primi sintomi di indebolimento i cui effetti durarono a lungo. Più tardi, infatti, la obbligheranno a subire una operazione di rimozione dell’amigdala. Anna, il cui rimanente della voce era sparito assieme alla sua amigdala, non cantò più nei teatri e 'Vivazza' non riuscì più a guadagnare gran ché suonando il corno nelle orchestre". (Alexis Azevedo, Rossini e le sue opere, 1865).

Abbiamo seguito fin qui la carriera di Anna cantante ma, terminata la vita da artista a nemmeno 40 anni, la madre di Rossini non esce di scena e diventa per il giovane compositore un punto di riferimento preciso. Decine sono le lettere che dal 1810 si scambiano madre e figlio, da tutta Italia. Lettere che diventano, con l’aumentare della fama del compositore inevitabilmente oggetto di curiosità e, nemmeno a dirlo, di polemica. È la cantante Gertrude Righetti Giorgi, prima interprete di Rosina e Cenerentola, a scriverne in risposta alle illazioni di Stendhal: "È poi una caricatura la supposta direzione delle lettere, che Rossini scrive alla madre. Essa non é mai concepita che in questi termini: “Alla Signora Anna Rossini, Bologna”. Gli impiegati della Posta possono attestarlo. Alle volte egli imprime nel margine di questa direzione una qualche cifra, con che vuole ispiegare immediatamente alla madre alcuna sua speciale combinazione. Per esempio, quando il suo 'Sigismondo' non piacque a Venezia, Rossini dipinse sull’esterno della sua lettera alla madre un rotondo fiasco; un altro di minore circonferenza ne impresse sulla lettera colla quale annunciava il piccolo esito del suo 'Torvaldo e Dorliska'. Ma non mai Rossini scrisse alla “Illustrissima Signora Rossini, madre del celebre Maestro a Pesaro”. Rossini sa benissimo che la sua madre abita in Bologna e non in Pesaro, e queste sono frottole che si danno ad intendere ai parigini, che sono a si lunga distanza da noi, non agli abitanti di Napoli, di Roma e di Bologna" (Gertrude Righetti Giorgi, Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini, Bologna, Sassi, 1823, p. 20). Anna non è solo la destinataria delle missive del figlio ma anche, all’inizio della carriera, di quelle degli impresari, forse onorati e rassicurati ad averla come interlocutrice. Come quella che l’impresario veneziano Cena le invia dopo la ‘prima’ di 'Inganno felice': "Venezia 9 Gennaro 1812. Stimatissima Signora. M'affretto ad annunziarLe, che jeri sera andò in scena il suo diletto figlio con la farsa L'inganno felice; fu vero furore, con il Pubblico entusiasta dalla Sinfonia sino al fine del finale, e gridando sempre oh che bella musica!! Con tutta sincerità Le dico, che può andar gloriosa di avere un figlio che da qui a pochi anni sarà un ornamento dell’Italia. Le annunzio pure che l'ho scritturato per tre farse una in Primavera, una in Autunno, ed una in Carnevale". (Epistolario, vol IIIa, Lettere ai genitori - tutte le lettere seguenti di questo segmento provengono dallo stesso volume). Una lettera che ha un suo riscontro anche nella conferma del figlio (di qualche mese più tardi), dalla quale tuttavia emergono insieme la soddisfazione per il successo e l’entusiasmo per un lavoro che sta dando davvero tante soddisfazioni: "Venezia 29 mag. 1812. Gioachino Rossini a Anna Guidarini (a Bologna). Carissima Madre. Vi ringrazio della roba che m’avere mandato. Circa poi le Camicie se sono Fine le potete far fare e mandarmele non più tardi dei dieci del mese di giugno volendo partire ai dodici per Milano (Pietra di Paragone) pure ai quindici. Sabato andò in Scena la mia farsa del Carnevale (L’inganno felice) e a donta che la compagnia non sia molto forte a fatto un furore a segno che io stava in palco a godere e a chinare la testa ogni tanto che urlavano bravo Maestro. Adesso si fanno tutte due le mie farse. (Scala e inganno) Azolini deve darvi venti Talleri i quali ho consegnati qui a persona perché vi siano pagati. Scusate se non vi ho scritto prima ma credete che non mi scordo di quelli che ripeto la esistenza e il mio essere in tutto. L’Opera di Roma (Demetrio e Polibio) ha piaciuto mentre ho letto nel foglio delle belle Cose. Per la Fenice sono ancora in parola (Tancredi) ma penso prima d’accettare se avrò il tempo Materiale per scriver tanta musica. Un bacio a Mio Padre Vogliatemi bene e credete in me il più Santo e buon Figlio". (I titoli delle opere tra parentesi sono aggiunte mie, ma credo che debbano essere citate altrimenti si perdono i riferimenti. Ci permettiamo questa ‘intromissione’). Potremmo seguire gli infiniti rivoli della corrispondenza affettuosa tra madre e figlio. Ecco ad esempio una lettera da Napoli nella quale il linguaggio familiare (l’epiteto di ‘mammona’ e la frase gergale “ricevere gli aranci in faccia”, segno di enorme entusiasmo da parte del pubblico) sono in realtà una vera e propria ‘recensione’ di Elisabetta d’Inghilterra: "Napoli 14 ott. 1815. Gioachino Rossini a Anna Guidarini (a Bologna). Cara Mammona. Furore. Oh! che musica oh! che musica dice Napoli non é possibile ch’io vi spieghi qual sia l’entusiasmo prodotto costi dalla mia musica (Elisabetta). Il Lator della Presente ve ne darà una più giusta descrizione. Pero sappiate che sono stato Toujours chiamato sul palco per ricevere i naranci in faccia! Dunque il suddetto Latore e il Sig. Dechamp e il Figlio piccolo di Fumagalli ai quali Farete mille gentilezze come siete solita con tutti. Vado fra Giorni a Roma (per Torvaldo) e poi torno a Napoli. State bene allegra che vostro figlio vi ama e assicurate di ciò anche il mio buon Papà col quale partirete mille baci e credetemi, Il Vostro figlio G. Rossini". E come tutti i figli che ‘non chiamano casa’, non mancano poi le reprimende di Anna quando si interrompe per troppo tempo il flusso di notizie. Ed ecco la giustificazione di Gioachino, molto simile a quella dei giovani di oggi: "Napoli 19 giu. 1819. Gioachino Rossini a Anna Guidarini (a Bologna). Carissima Madre. Vi lagnate, e non a torto ch’io non vi scrivo ma sappiate che non è il pensiero che mi manca ma é bensì il tempo. Sono occupatissimo, Mangio poco, faccio moto infine faccio tutte quello che a voi piace. Date un Bacio al Papà dite tante cose a Tognino, credetemi il più affezionato figlio Rossini". Così come interessanti, e celeberrime, le due lettere relative rispettivamente all’insuccesso e al successo di Barbiere di Siviglia: "Roma 22 feb. 1816. Gioachino Rossini a Anna Guidarini (a Bologna). Carissima Madre. Ieri Sera Andò in Scena la mia Opera e fu Solennemente fischiata: oh che pazzie che cose Straordinarie si vedono in questo paese sciocco. Vi dirò che in Mezzo a questo la Musica e bella assai e nascono di già sfide per questa Sera Seconda Recita dove si sentirà la Musica, cosa che non accadde ieri sera mentre dal Principio, alla fine non fu che un immenso sussurro che accompagnò lo spettacolo. Consegnerete a mio Padre Scudi 18 di Bologna da portarli in Casa Righetti e distribuirli così: Dodici al Padre della Geltrude, tre alla Madre, e gli altri 3 alla Luigia. Io parto subito per Napoli. Roma 27 feb. 1816. Gioachino Rossini a Anna Guidarini (a Bologna). Carissima Madre. Io vi scrissi che la mia opera fu fischiata, ora vi scrivo che ha avuto un esito più fortunato: la seconda sera e tutte le altre recite non l’hanno che applaudita, questa mia produzione, con un fanatismo indicibile, facendomi uscire cinque, sei volte a ricevere applausi di un genere tutto nuovo e che mi fece piangere di soddisfazione. Il mio Barbiere di Siviglia è un capolavoro e son certo che se lo sentiste piacerebbe anche a voi: una musica spontanea e meravigliosa!". Lettere che fino al 1822 si mostrano assidue e puntuali e poi, dal 1823 cominciano a diradarsi. Il destinatario privilegiato di Gioachino non è più la madre, ma il padre. 

E la madre a poco a poco si allontana, quasi avvolta da una strana nebbia. Era malata, lo sappiamo perché, qua e là nelle lettere traspaiono preoccupazione e auguri di pronta guarigione da parte di amici e corrispondenti. Infine giunge la sua morte, segnalata prontamente dai giornali locali. Sono inoltre giunte a noi lettere di famiglia legate a questo momento luttuoso, insieme alle sue disposizioni testamentarie. Le trascrizioni sono disponibili cliccando qui. Non si può concludere questo ricordo di Anna Guidarini senza segnalare dove sono i resti della madre di Rossini. Anna riposa nella tomba fatta costruire da Gioachino Rossini nel 1823 in occasione della morte di Giovanni Colbran, padre della più celebre Isabella ed è assieme al soprano spagnolo e al marito, Giuseppe Rossini, nel Chiostro V o Maggiore del Cimitero della Certosa di Bologna.

Maria Chiara Mazzi