Giardini pubblici di Medicina

Giardini pubblici di Medicina

Scheda

Nei giardini pubblici di Medicina c’è un albero che è ricordato dagli anziani con ammirazione, quasi riverenza. È un pino, precisamente un “Pinus nigra”, che s’innalza con la sua forma a ombrello alla destra dell’ingresso, quello situato in viale Gramsci. Ha quasi cento anni. Ha fatto parte del preesistente “Parco della Rimembranza”, creato negli anni venti per onorare i soldati medicinesi caduti nella guerra del 1915-18. Il Parco era formato tutto da pini della stessa specie, ognuno dei quali aveva davanti a sé, piantata a terra, una targhetta col nome del soldato cui era dedicato. Durante la seconda guerra mondiale, parecchi di questi alberi furono abbattuti dai soldati tedeschi per fare legna da ardere. I rimanenti, ormai danneggiati, furono tolti alla fine degli anni quaranta per realizzare i giardini pubblici, che a Medicina da sempre sono chiamati semplicemente “i giardini”. Se ne volle però lasciare uno, forse il più rigoglioso, affinché potesse mantenere viva nel tempo una memoria del passato che non doveva, e non deve, andare perduta. Il pino rimasto solo e con una grande tristezza nell’animo, a poco a poco venne a trovarsi in un luogo di bellezza incantevole e pian piano si sentì rinascere dentro di sé. Tutt’intorno vedeva alberi diversi da lui: alcuni in primavera e in estate gli sorridevano con splendide fioriture, parecchi lo stupivano per le foglie, che assumevano varie e meravigliose colorazioni soprattutto nella stagione autunnale. Dall’alto, numerose aiuole con fiori multicolori gli sembravano tanti tappeti variopinti, disposti con ordine sul verde di piccoli prati. Nel punto in cui nel Parco della Rimembranza si ergeva il cippo alzabandiera, una monumentale bella fontana circolare con un alto getto d’acqua, cascatelle e zampilli, gli donava un senso di frescura nelle giornate più calde. Lì vicino, una fontanella in pietra produceva un leggero e rilassante rumore versando continuamente un’acqua di sorgente molto fresca e dissetante, chiamata da tutti “acqua Roberta” dal nome del sindaco sotto la cui amministrazione aveva visto la luce. Spesso il pino provava gioia guardando i due cigni bianchi e le simpatiche anatrine che animavano un romantico laghetto artificiale recintato e ombreggiato da salici piangenti. Ai suoi piedi un piccolo spazio, contenente uno scivolo, un dondolo e una giostrina, era riservato al divertimento dei bambini. Dopo essere stato costretto a vedere attorno a sé tragiche devastazioni dell’ultima guerra e a respirare l’odio degli uomini in conflitto tra loro, dopo aver perso tutti i compagni e vissuto giorni di grande desolazione, finalmente il pino poteva confortarsi in mezzo a tanta bellezza, e provare la gioia del sorriso e dello schiamazzo festoso dei bambini. Era certamente felice nel vedere i bambini divertirsi anche con le minuscole pigne che cadevano a terra dai suoi rami, nel sentire le parole di tenerezza degli innamorati, nell’osservare le mamme con i loro piccolini nelle carrozzine, e gli anziani, seduti sulle panchine, godersi le vedute degli scorci, la bellezza delle piante e un po’ di quiete. Col tempo ha visto crescere e morire tante piante intorno a lui e ha assistito a poco a poco a qualche cambiamento. Il laghetto con i suoi “abitanti”, soppresso per precauzione contro “l’influenza aviaria”, è stato sostituito da un prato con giochi, coronato da cipressi calvi e da una robinia con fiori lunghi grappoli rosso-rosato. Il pino ha sentito molto questa mancanza. Dove era la fontanella in pietra ne è stata posta una in ghisa allacciata all’acquedotto comunale, da quando l’acqua della sorgente non era più potabile. Parecchie aiuole sono state tolte: il pino ha capito il perché ed è stato contento del maggior spazio dato ai giochi dei bambini, aumentati molto di numero, e ai prati capaci di accogliere le loro corse gioiose.

Poiché i bei fiori variopinti, accostati nei loro colori sempre con buon gusto estetico, potevano essere facilmente colti o calpestati, le aiuole rimaste sono state abbellite con fioriture di arbusti ornamentali e di piante erbacee, e con belle composizioni di piante molto decorative per la forma e il colore del fogliame. Stupende fioriture di viburni, filadelfi, cydonie, pruni, robinie, alberi di Giuda, lagerstroemie, ibischi, sofore, grandi magnolie, ippocastani, hanno mantenuto la bellezza dei “giardini”, divenuti via via più frequentati e vissuti. Quando i bambini piccoli escono dalla scuola dell’infanzia “Ludovico Calza”, un edificio dalla bella e lunga facciata in stile liberty che pur recintato sembra fare parte integrante dei “giardini”, il pino per qualche ora si ritrova come in un parco giochi. I bambini, sotto la sorveglianza dei genitori, corrono lungo i vialetti asfaltati e sui piccoli prati, giocano con la palla, si divertono con l’acqua della grande fontana, e scivolano da varie altezze, si arrampicano, si dondolano, sulle varie attrezzature di gioco, spargendo attorno un allegro vocio. In certi momenti il pino, forse anche per l’età avanzata, si sente un po’ stordito, e vorrebbe potersi recare in una zona dei “giardini” più tranquilla verso le “Case lunghe”, nel prato ombreggiato da libocedri e grandi magnolie dove è stato posto un tavolo con due panchine in legno. Lì, ogni pomeriggio d’estate potrebbe stare in compagnia di un gruppetto di anziani, alcuni dei quali quasi suoi coetanei, che giocano a carte e sorseggiano di tanto in tanto una bibita fresca acquistata a “La Barachina”, lo storico piccolo bar situato appena fuori dai “giardini”. Sempre verso le “Case lunghe”, accanto ad una bella aiuola rotonda con al centro un ulivo e fiorita di iris e di gaura, potrebbe sentirsi unito affettuosamente ad alcuni anziani bisognosi di assistenza, che lì solitamente sostano accompagnati da badanti provenienti da Paesi lontani. Da alcuni anni il pino sente parlare adulti e bambini in lingue diverse e li vede stare tutti insieme in buona armonia. Anche se costretto per natura a rimanere sempre fermo al proprio posto, trascorre giornate serene: non avrebbe certo mai immaginato che un giorno, senza nemmeno fare un viaggio, avrebbe conosciuto un po’ di mondo. Lui, poi, che non dimentica mai cos’è la guerra tra gli uomini è contento di vedere giocare ai suoi piedi, e crescere insieme, tanti bambini di ambienti e culture differenti, e di regalare a tutti le sue piccole pigne in segno di amicizia. Caro “Pinus nigra”, sei uno di noi: ti vogliamo molto bene!

Gabriella Grandi

Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 10, dicembre 2012.

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Brodo di Serpe 10
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Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi, Associazione Pro Loco Medicina, n. 10, dicembre 2012. © Associazione Pro Loco Medicina.

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