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Teodoro Galitzin

1805 - 1848

Scheda

Teodoro Galitzin, che fin dagli anni trenta faceva parte del Corpo Diplomatico dell’Impero Russo presso la Santa Sede, morì inicidentalmente a Bologna nel 1848. Il fratello Michele commissionò per lui un imponente monumento, di gusto rinascimentale, realizzato su disegno di Antonio Cipolla, con sculture di Antonio Rossetti e ornati di Giovanni Palombini (1851). Il monumento venne scolpito a Roma, dove, esposto pubblicamente, ebbe moltissimi visitatori e grande successo di pubblico, poi fu trasportato a Bologna. Dell’evento parlarono anche i giornali cittadini. L'architetto napoletano Cipolla realizzò poi altri importanti lavori a Bologna, coinvolgendo man mano artisti 'forestieri'. Anche il monumento al fratello Michele, morto in Toscana sul monte Pessulano, nei pressi di Cetona, ove dal 1212 sorgeva un convento francescano conosciuto con quel nome, è opera degli stessi artisti (1861).

Così viene ricordato da Enrico Bottrigari nella sua 'Cronaca di Bologna': "Nello scorso giorno 7 luglio moriva in Bologna, nella locanda S. Marco, il Principe Teodoro Galitzin, nato a Pietroburgo, di stirpe polacca e da otto anni domicialiato a Roma. Quest'ottimo personaggio, discendente dai Giaggieloni gran Duchi di Lituania e Re di Polonia, sdegnando i piaceri ed i comodi della vita agiata, ebbe più grande il cuore delle ricchezze. Volle essere Crociato, e benchè titoli ed alti gradi avesse di leggieri potuto conseguire, altro non volle essere che semplice soldato. Vestita la Civica divisa, posto sugli omeri il sacco, entrò nel 2° battaglione della I Legione Romana e mosse ai campi di Venezia. Disagi, fatiche, intemperie non curando affrontava; lo scontro e la lotta coi nemici d'Italia era il suo desiderio, la sua meta. Li vide, ma non potè combatterli! I disagi, le fatiche l'oppressero, lo vinsero! Pianse a Padova, angosciosamente pianse di non potersi misurare in Vicenza coll'Austriaco. Affranto dal male, in Ferrara ricadde, giunto in Bologna vi è morto! Aveva soltanto 43 anni e 8 giorni. Durante la di lui vita sparse sempre beneficenze sui poveri; non mai indarno, anche in Bologna, a lui ricorsero gli sventurati. Nella Chiesa di S. Gregorio, sua casuale Parrocchia, gli si celebrarono, nel giorno 10, solenni esequie alle quali intervennero i Civici ed i Crociati. Il popolo vi accorse numerosissimo a pregare pace all'ottimo Principe. Indi la salma con grande pompa fu trasferita a S. Rocco, e poscia al Cimitero, ove a cura della Famiglia sorse in seguito un bellissimo marmoreo monumento alla di lui memoria".

Così viene ricordato da Umberto Beseghi in "Teodoro Galitzin", ne "Bologna, rivista del Comune a cura del Comitato bolognese per le celebrazioni del 1848": Teodoro Galitzin discendeva da una potente famiglia lituana che ebbe parte notevole nel movimento occidentalista in Russia. Una figura caratteristica è quella di Dimitrij Galitzin (1748 – 1840). Diventò cattolico per l’educazione della madre Amelia di Schmettau ed emigrò in America facendosi promotore di fede. Ordinato prete aprì una piccola colonia cattolica ove poi sorse Pittsburg che ampliò in un borgo al quale impose il nome di Loreto. Aveva abbandonato il suo nome illustre per assumere quello comunissimo di Smith e per quarant’anni esercitò il suo apostolato con umile carità. Teodoro Galitzin doveva avere lo steso temperamento mistico di questo suo congiunto e animato da identico zelo d’apostolato. Per quale causa il Galitzin lasciò Pietroburgo ove era nato nel 1805? Fu forse anch’egli travolto dalla insurrezione dei nobili liberali contro il reazionario zar Nicolò? Di questo principe slavo ricchissimo che vagabondava per l’Europa in cerca di pace, ci parla frequentemente il conte Gregorio Schouvaloff, il quale attribuisce all’incontro, avvenuto a Roma, la conversione sua e quella del principe Giovanni Gagarin. In quegli anni parecchi aristocratici presi da desiderio d’occidente e di libertà erano in giro pel continente e dopo aver frequentate le capitali europee, si ritrovavano a Roma frammisti alla società e alle volte centro di caratteristici ambienti d’una mondanità bizzarra e spesso morbosa. Ma altri sono in cerca di una verità spirituale che li affanna. Il Galitzin, e forse anche suo fratello Michele, il Schouvaloff e il Gagarin, sono tipici esempi di coscienze disorientate, con un misticismo irrequieto e insoddisfatto. L’educazione greco-ortodossa non era di solito profonda: la grande società russa trattava il problema religioso superficialmente. Per anime mistiche come quelle di Galitzin, di Schouvaloff e di Gagarin non poteva assolutamente bastare.

Una prova del tormento di quelle coscienze è il libro lasciato dallo Schouvaloff, che, fattosi barnabita nel 1857 col nome di Agostino Maria scrisse prima di morire. La mia conversione e la mia vocazione è un interessante documento umano, paragonato nientemeno alle Confessioni di San Agostino. E’ da quel libro che apprendiamo notizie sul misticismo di Teodoro Galitzin. Quando lo Schouvaloff lo incontra, il principe russo è già cattolico. Fino dal 1846 a Roma egli aveva abiurato. E’ detto dallo Schouvaloff giovane aureo, pieno di fervore religioso, caritatevole e dedito all’apostolato. Fra i due nasce subito simpatia, ma non si cementa in amicizia a causa delle differenza di religione. Quando Galitzin avverte nello Schouvaloff il tormento per risolvere il proprio problema spirituale, ne diventa il missionario, poi il fratello. Schouvaloff dopo la morte della moglie, sente ancor più l’ansito di dedicare tutto se stesso alla nuova fede. Finalmente dopo un tirocinio a Parigi con con padre Ravignan, si converte. Questo gruppo di nobili intellettuali russi è di un interesse singolare. Scapoli il Galitzin e il Gagarin, vedovo lo Schouvaloff, sentendo nella fede cattolica una unità spirituale fortissima. Si ritrovano a Parigi a Berna e più spesso a Roma e discutono di teologia e di orientamenti religiosi. Ci fu un momento, in cui essi furono a contatto col filosofo e patriota napoletano Giovanni La Cecilia (più tardi lo Schouvaloff si affezionerà ad Enrico Dandolo), ma il suo eccletismo fatalista non fece presa su di loro. Invece altri giovani italiani si sentono attratti da quei russi e si stringono a essi in comunità di fede e di opere. Fra questi è Luigi Almerici, che condividerà col Galitzin l’ultimo episodio della sua vita. A definire il romanticismo di Teodoro Galitzin è chiara prova la decisione che lo condusse a morte. Mentre Giovanni Gagarin fin dal 1842 era entrato alla Compagnia di Gesù e Gregorio Schouvaloff già cattolico, s’appresta a farsi barnabita, Teodoro Galitzin partecipa attivamente al movimento politico italiano. A un biografo dello Schouvaloff, il barnabita Innocente Gobio, sembra strano che un fervente cattolico come Galitzin aderisse a movimenti rivoluzionari e vi partecipasse direttamente, fino a sacrificare la vita. Il Gobio scrisse la biografia dello Schouvaloff nel 1866 e nel suo scritto riverbera la passione di parte di quegli anni. Un confratello, presentando non molti anni or sono La mia conversione dello Schouvaloff si pronuncia in maniera ben differente. Senonché lo stesso Schouvaloff fu in forse di seguire l’amico Galitzin nella impresa che sorresse col consiglio e l’incoraggiamento. Ciò è consono al romanticismo che animava questi nobili russi emigrati, pellegrini, come altri compatrioti per le vie del mondo in cerca di libertà. D’altra parte sugli avvenimenti ai quali essi partecipano, presiedeva la figura di Pio IX, e ciò aveva la sua influenza. Quando a Roma si formarono le legioni dei crociati per partecipare alla guerra contro l’Austria e il motto ‘Iddio lo vuole’ scuoteva le anime d’immensa commozione, il principe Teodoro Galitzin si arruolò.

Il 30 marzo 1860, a cinquantasei anni, moriva a Montpellier il fratello di Teodoro Galitzin, Michele. Egli era ministro di Russia in Spagna, e benchè fosse sposato con Maria Dolgorach, volle essere sepolto a Bologna vicino al fratello che, pur più giovane, fu a lui e agli amici maestro di vita. Deposto dapprima nella stessa tomba del fratello, il 20 aprile 1861 passò nell’arco vicino in un monumento che per lui scolpiì lo stesso Rossetti. Così, anche in morte, continuava una solidarietà di spiriti che il sentimento religioso aveva maggiormente rafforzata.

Bibl.: Notizie per l’anno 1834…, Roma, Stamperia Cracas, 9 giugno 1834, p.275. Ultimo aggiornamento aprile 2023.