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Fulminati! (Famiglia contadina)

1912

Schede

Nel 1912 Tullo Golfarelli (1852 - 1928) all’Esposizione nazionale di Belle Arti di Milano (nella sezione “Permanente”) presenta il bozzetto in gesso bronzato Fulminati! (Famiglia contadina). L’opera, oggi conservata presso la Galleria comunale di Arte Moderna di Bologna, raffigura una famiglia contadina, colta in un frangente fortemente drammatico: un bimbo giace a terra colpito a morte mentre gli adulti, affranti e atterriti al contempo, si stringono in un gesto di reciproca protezione e conforto. È proprio attraverso il sinistro effetto della folgore che si spiegherebbe l’atteggiamento di sorpresa dei personaggi così realisticamente resi dallo scultore, gli arnesi gettati a terra, la morte del piccolo, l’atmosfera lugubre che emana questo racconto per immagini, plasticamente permeato di un simbolismo doloroso che delicatamente ‘evoca’ il gusto floreale.

La scultura ottiene un meritato successo, come ebbe a rilevare la critica, «per la forza della sua concezione e per la sveltezza di movimento nelle figure». Appassionata è la difesa che ne fa lo scultore Alfeo Bedeschi, che di Golfarelli è allievo e sodale, sulle pagine della rivista «Sorgiamo» espressione del movimento socialista: «Volevo parlare dell’opera che Golfarelli ha esposto alla Nazionale di Belle Arti, dal titolo «Fulminati», e che la stampa borghese non ha ricordato (non capisco come, anche l’Avanti si sia unito alla congiura dei… nazionalisti). Noi abbiamo portati in massa, i giovani allievi delle nostre numerose scuole ad ammirare quel gruppo isolato, lontano dal mediocre contatto di altre opere. Rappresenta uno dei tristi conflitti in cui la forza armata dall’esoso capitale, col piombo, ha ragione dei diritti di libertà e di lavoro». La scultura viene quindi ad assumere un significato altamente simbolico. Continua Bedeschi: «L’episodio della famosa pallottola errabonda che ferisce la madre ed uccide il bimbo, non poteva essere meglio rappresentato. L’anima di Tullo Golfarelli, del mio indimenticabile Maestro, è tutta lì, ribelle alle vecchie formole d’arte. Il Maestro nella scultura attribuisce valore allo studio della vita sociale e della natura. Dai greci imparò la perfezione della forma esteriore, dai quattrocentisti il sentimento, da Michelangelo la forza e il movimento, dai seicentisti la composizione e il senso decorativo, dalla natura l’ispirazione, la materia, la vita!».

Le parole di Bedeschi sono efficacissima sintesi della concezione che Golfarelli ha avuto dell’arte, della sua arte: «La scultura di Tullo Golfarelli non è per tutti i cuori; è per il popolo; per questo ne parlo in un giornale del popolo. Su nessun artista si avventò la critica, la maldicenza, la passione implacabile e partigiana come e quanto su Tullo. Si può dire che domina l’ambiente pettegolo in cui vive (la città dotta) la luce del suo intelletto nasconde l’ombra dei suoi saettatori… È socialista, e mai sacrificò i suoi criteri d’arte alla vana popolarità; la moda gli fu sempre ignota, non adulò potenti, non vilipese mai neanche nell’ora dello strazio, volle essere solitario; e nella solitudine visse e creò. La sua scultura è vita, è pensiero; egli è un apostolo che con la stecca tacita e paziente canta il poema dell’odio e dell’amore. La peggiore miseria morale dell’umanità, trascinantesi nella presente penombra, nelle sue varie manifestazioni, in contrapposto al grande ideale di redenzione e di giustizia sociale è la fervente antitesi che gli scalda la grande anima. […] Il suo sentimento è quello di trent’anni fa. Egli ha colta attraverso il suo pensiero quella purezza di intendimenti per cui l’arte gli appare un vero e proprio apostolato. Non tutte le sue numerosissime sculture hanno valore pari se consideriamo la produzione intera nel suo organico complesso. […] Per Golfarelli questo è forse il periodo culminante della sua produzione; la sua mano, il suo cervello non hanno posa; ha appena ultimato il ricordo di Pascoli, suo intimo, che Quirico Filopanti sboccia maestoso e terribile dalla sua stecca. Nella meravigliosa corrispondenza tra il modo della sua creazione, e la natura sua, sta la sicurezza maggiore a presumere la potenza, poiché l’arte non è che la manifestazione di un intimo sentimento. Solamente pochi intimi conoscono il suo svariato ingegno. Tempo fa ebbi la fortuna di udire la lettura di bellissime pagine, dichiarazioni di pensiero sociale e di filosofia; quanta cristallina bellezza in quell’anima infantile. È musico valoroso, cesellatore fine e paziente, pittore eccellente all’acquarello, disegnatore impareggiabile dello scorcio, che tratta con una maestria michelangiolesca. Quale Maestro io ricordo quando nelle ore di scuola l’avevamo, non come professore su la cattedra, ma come consigliere amoroso; che belle ore, correggeva e parlava sempre; arte, religione, storia, era tutta la vita che palpitava nel suo labbro in quelle indimenticabili così… dette lezioni di plastica. Né i motti e i frizzi mancavano, quel povero stile, ultima moda, liberty non entrava nell’aula, ma se penetrava con qualche rivista ne… usciva immediatamente con le ossa rotte. Oh! Felici tempi purtroppo molto lontani» (“Sorgiamo”, 30 novembre 1912). L’affettuoso ricordo dell’allievo ci restituisce il ritratto di un artista – Golfarelli – raffinato e poliedrico; di un Maestro rispettato e benvoluto; di un uomo colto, amante delle arti, dall’indole riservata e taciturna, ma forte di uno spirito libero e profondamente vocato alla libertà e alla giustizia sociale, sempre umile e coerente con se stesso. Al limite di una fanciullesca ‘ingenuità’.

Silvia Bartoli

Testo tratto da: Silvia Bartoli, Paolo Zanfini, Tullo Golfarelli (1852 - 1928), Minerva Edizioni, 2016. Fonti: BMRBo, Album Golfarelli.