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Esposizione alla Pontificia Accademia di Belle Arti

1842

Schede

Testo tratto da 'LA FARFALLA', anno 1842 n.47, Mercoledì 23 Novembre, trascrizione a cura di Lorena Barchetti.

GRANDE ESPOSIZIONE NELLE AULE DELL'ACCADEMIA PONTIFICIA DI BELLE ARTI IN BOLOGNA - aperte il giovedì 17 corrente novembre. Se mai mi fu dolce il poter far parola de' nostri Artisti studiosi, che annualmente abbelliscono l'Esposizione pubblica maggiore in codeste Sale dell'Accademia Pontificia; mi è dolcissimo in quest'anno soprammodo, in cui la molta copia, specialmente di pitture ad olio, rende palese che l'amor dell'Arte ne' giovani si va tuttodì accrescendo, benché i fautori della medesima siano piuttosto in iscarso numero. Argomento migliore per dir le lodi, e de' provetti artisti e de' principianti, e per assicurar gli uni e gli altri che le molte opere loro metteran desiderio e persuasione nei ricchi di acquistare le già fatte, ed allogarne di nuove; sicché possano i volenterosi, che quivi incoraggio, avere il nobile orgoglio di dire a se medesimi: Noi, e non altri, aprimmo a a noi stessi la via; per noi fu versata a beneficio dell civiltà una porzione di quell' oro, che sarebbesi forse gittata in frivolezze di un giorno, in vani piaceri d'un istante. Di questi artisti animosi, e delle lor opere esposte dirà adunque qualche parola. E poiché so averle dessi presentate, non persuasi che siano in tutto perfette, ma per sentire il pubblico voto, e quello in ispecial guisa degl'intelligenti, affinché gli avvisi dell'oggi siano avanzamento pel domani; così ritengo per fermo che la sentenza de' migliori, da me raccolta e pubblicata, venga ricevuta con lieto viso da quanti diedero opera alla ricchezza dell'Esposizione attuale, e sia movente perché nell'anno venturo di maggiori e più copiosi frutti dell'Arte vadano adorne le Aule dell'insigne nostra Accademia.- E senza più, verrò a dire ordinatamente delle principali opere ammirate e lodate, pregando gli Artisti delle minori a considerare che la ristrettezza di queste pagine non mi consente di estendermi sopra di tutte benché di tutte io stimi e lodi ed incoraggi gli autori.

PITTORI FIGURISTI E RITRATTISTI |Malatesti prof. Adeodato di Modena. - Non appena mi fu noto avere l'esimio artista recata all'Esposizione una sua tela, in cui rappresentò Alfonso III Estense, Signor di Modena e di Reggio, che in sul 1630 lascia la grandezza del mondo e veste le povere lane di Cappuccino; pensai che l'antico ostaggio di Roma nelle controversie fra la Santa Sede e i Duchi di Ferrara; che l'uomo ormai quarantenne, cui la grandezza del soglio aveva recata poca gioia; che quegli che portò il peso delle sventure fin dall'età di sette anni, doveva darsi al al chiostro con ferma vocazione e con divota alacrità. E di fatto trovai espressi nella figura d'Alfonso i sofferti patimenti e lo spontaneo voto: vidi trasfusa in quelle sembianze la tranquillità dell'uomo, che lascia il governo de' popoli al figliuolo primogenito, e depone appié degli altari la corona caduca, perché ne spera una migliore impassibile; che dona il manto e la spada all'ambizioso, malcontento cortigiano, ed abbraccia la povertà, e offre il piccolo cereo, e veste le rozze lane, e muta il nome festoso di Duca Alfonso, nel modestissimo e semplice di Padre Giovanni Battista. Ed ho quanta posa, quanta calma nel tapino figliuolo del bramoso Cesare, nel discendente del magnifico Alfonso II! E quanto decoro, quanta gravità religiosa nel vecchio Cappuccino dignitario che accoglie a' suoi piedi nel tempio, colui che un anno prima veniva inchinato da due città! Quanti pensieri si avvolgono per la mente del vigoroso claustrale, che aiuta il dignitario a coprir della tunica il novello monaco, e considera quanto possa avvantaggiare il novizio che ha per sé la nobiltà dei natali, e quanto, e quanto l'Ordine intero cui si consacra, e al quale apporta ricchezze, non pel proprio servigio, ma per beneficenza all'Istituto religioso. E gli altri frati che assistono alla cerimonia; e le persone che da lungi la riguardano, hanno scolpiti sul volto gli affetti dell'animo, che a tutti lor si convengono. - Il perché questo dipinto del Malatesta per fatto d'invenzione e di filosofia viene da ognuno esaltato. A cui si aggiunge naturalezza di composizione, bontà di disegno, intelligenza squisita delle finezze dell'arte, intonazione ed armonia degne delle classiche scuole, vigore e bellezza di colorito alla maniera de' Veneti, e quel sicuro magistero di condotta, onde la fatica vien tramutata in tutta apparenza di facilità. Per le quali cose non è chi non lodi, siccome debbesi, il Professor Malatesta, e non lo dica a buon diritto artista eccellente. Eppure, egli che sa e vede innanzi moltissimo, non si tiene ancor pago di sì bell'opera: e quantunque l'abbia compiuta già da tre anni, non la copre della vernice, per aver campo di ritornavi qua e colà, che gli venga suggerendo, e il proprio ingegno, e l'amicizia sincera ed intelligente. Ciò che dimostra esser vero quanto ho asserito dapprincipio, che nelle Belle Arti non si fa pubblica mostra per solo desiderio di lode, ma per udire le sentenze d'ognuno, e farne quel conto che si debbe, ed avanzare ognor più verso la perfezione cui l'uomo desidera, e cui, fin quel sommo che fu Apelle, non cessò mai di cercare. Dopo le parole fatte sulla storica dipintura esposta dal Malatesta, poco aggiungerò intorno a quattro suoi ritratti, l'uno in disegno a matita, e i tre altri ad olio in mezza figura grande al vero. Solo dirò che questi ultimi sono riputati pregevolissimi, ma per diversa bellezza. Nell'uno, che rappresenta un giovine bolognese si ammira semplicità di tocco e leggerezza d'intonazione: nell'altro che mostra l'assennato Arciprete di Fiorano e Sub-Economo di Sassuolo, lodasi la robustezza del dipinto che sente del vigore di Rembrandt: nel terzo, che offre le sembianze di un nobile signore modenese, si encomia la caldezza del colorito e quel condurre Tizianesco della carne che isvela il tocco del pennello, ma l'involve nel magico e nel misterioso. Dell'una potrà farsi copia con qualche agevolezza; dell'altro con pericolo; del terzo e grande fatica. Or voi che udite questi pareri degli Artisti, ditemi se un dipintore siffattamente multiforme, e che nel suo bello sente del Proteo in tal guisa, possa appellarsi con ragione artista eccellente.

Luigi Manaresi d'Imola ha esposta una tavola per altare, nella quale è rappresentato Sant'Eleuterio Pontefice, cui apparisce la Vergine coll'infante Figliuolo. Se il giovine artista non ha raggiunto nel suo lavoro quel grado di bellezza, del quale è suscettivo l'ingegno suo, ha ben mostrato quanto la diligenza, e lo studio del vivo e dell'antico. Egli si è posto di mezzo fra l'uno e l'altro, e ne ha tratto buon pro. Dal vivo ha studiate le teste, che sono soavi ed affettuose, e fra le quali primeggia quella del Pontefice per bella intelligenza del vero, e per la vita che spira; dall'antico ha studiata l'armonia, la movenza semplice de' puristi, le fluidità del pennello, la fusione delle tinte, l'effetto generale. Belli e studiati gli accessori, ma vi primeggian le teste; lodevole il colorito, che sente della scuola fiorentina. E son fiorentini il Bezzuoli, il Sabatelli, il Dalla Porta, ed altri vanti d'Italia!

Vanni Demetrio bolognese ha dipinto Marsia che dà lezione di suono ad Olimpo fanciullo. Quegli sta tutto intento al discepolo, questi alla doppi a tibia, da cui si studia di trarre un agreste concento. Vi è compiacenza nel maestro, concentrazione nello scolaro. In quello vigor di membra, rigoglio di carnagione, e pienezza di salute; in questo delicatezza di colore e di forma, e quella nobiltà che si addice a che non nacque caprino. Tutto il lavoro è vivace, perché presenta le due figure in aperta campagna; ma la vivacità non nuoce al buon accordo delle tinte. Per ciò che spetta a disegno ed a condotta di pennello vi è a desiderare alcuna cosa; ma chi vorrà pretendere l'eccellenza in un giovine che non molto ha fatto, e che da poco tempo dipinge?

Besteghi Andrea di Bologna è conosciuto valente come disegnatore in Litografia, dove si è molto esercitato; mentre nella dipintura ad olio, avendo fatte poche opere, non ha conseguita per anche quella pratica di esecuzione, che fa scomparire la difficoltà ch'è nell'arte, e che presenta di rilievo le produzioni del pennello. Pure la sua fanciulla in mestizia; quella giovinetta trambasciata pel naufragio della barca, in che perisce fuor di dubbio alcuna persona a lei cara; quella giovinetta ch'io nomerò - l'Orfanella del Pescatore - è dipintura di pregio, si per la buona invenzione, si pel modo col quale è composta, si per l'abbandono ragionevole della figura seduta, e si ancora per l'espressione del volto, che fa palese tutta l'angoscia dell'animo. Mi par di conoscerle dal viso i tristi pensieri che a lei si alternano per la mente, e sembrami ch'ella dica fra sé ciò che cantava Giulio Carcano: “Dell'orfanella ai gemiti inquieti / “ Non si volge uno sguardo, e non s'inchina: / “Nessun v'è che domandi i suoi segreti, / “Che una parola dica alla meschina. / “Quel dio, che altrui donò giorni si lieti, / “A pianger sempre interra, ahi la destina! / Ma no, che vita sconsolata, oscura / Più della vita d'un fiorel non dura!" E dello stesso Besteghi ammirasi un ritratto d'uomo dignitoso, copiato da un bellissimo del Substerman, e condotto con una fedeltà all'antico, la quale non può abbastanza lodarsi se non da chi conosca lo stile del famoso artista, e da chi consideri da vicino la copia in discorso.

Zanotti Federico di Bologna ha pennelleggiata una fanciulla inginocchioni, cui la fiducia in Dio ispira tale una preghiera, che vien dissipando la nube del dolore onde la sua fronte era oscurata. Di questa figura lodano gli artisti il pensiero, ed incoraggiano il giovine che la toccò non senza merito, a proseguir nello studio, scegliendo il meglio nel vivo e l'ottimo nel dipinto.

Ne lasceremo di parlare delle pitture a olio di invenzione, senza dal lode alla Nobil Donna signora Marchesa Barbara Amorini Salina, Accademia di onore, che non in vanità, ma nell'esercizio del dipinto impiega suo tempo. E ne sia prova una tela grande da altare, dov'è rappresentato San Folco Vescovo in orazione, cui apparisce nell'alto la Regina dei Cieli col divo Infante nel grembo: nella qual tela si trova un intonare leggero, ed uno stile che sente di quello de' Gandolfi, ma con meno azzardo ne' contrapposti della luce e dell'ombra. E di esso dipinto la studiosa Signora (ciò che le torna a maggior lode) ha fatto dono alla Chiesa parrocchiale di Saletto, onde S. Folco è titolar protettore.

RITRATTISTI AD OLIO E IN MINIATURA | Rossi Fortunato bolognese, Accademico d'onore. Quando l'arte del ritrattista è pervenuta a dare il vero con tutta somiglianza, e nel miglior punto di questa; né solo il vero per le forme, ma pel colore, per la vita, per l'effetto che illuda; allora ha toccato un alto punto di sua bontà. Che se a tanto si aggiunga magistero di composizione, condotta accurata di pennello, finitezza in ogni minima parte, senza che la fatica apparisca; novelli pregi si aggiungono all'arte dell'umano ritratto. E se a cotanta potenza venga unita tale squisita bellezza negli accessori, che non si possa desiderar la maggiore, e la quale, nonché togliere all'oggetto principale, che è la testa, giovi anzi ad ornamento e decoro della medesima: io non saprei in tal complesso d'eccellenza qual cosa si avesse a desiderare di più. Siffatti pregi si scontran tutti nella effigie matronale di Nobile Signora bolognese, condotta dal Rossi in mezza figura al naturale: effigie, dove gl'intelligenti lodano a cielo la testa, il braccio, e quanto mostra carnagione, nonché la vaghezza d'ogni cosa accessoria, debitamente armonizzata con coll'aria e col tono dell'aspetto; e dove chiunque abbia gli occhi disposti a sentire la bellezza nelle opere d'arte, non ha che parole d'encomio per una tanta fattura.

Pietro Brighenti di Bologna ha ritratti dal vero cinque giovani in busto al naturale, dove con pronti modi di pennello significò il vigore dell'età e del sesso, mostrandone anzi due di questi pronti alla ginnastica della scherma; e pingendo in un terzo la quiete, in un quarto la malinconia, e nell'altro il pensiero.

E due ritratti in mezza figura al vero ha esposti Lodovico Aureli di Bologna, l'uno de' quali rappresenta il genitore di lui, e l'altro un Canonico della nostra Cattedrale. In ambedue v'è da lodare il giovine studioso; ma l'ultimo è composto con maggiore arte, ed ha migliori pregi del primo, sia per colore, sia per l'effetto e pel generale risultamento. Dello stesso Aureli è la copia diligente di una Madonna di Guido; di quella bellissima dipintura di forma ovale, che ognuno ammira nella Chiesa di San Bartolomeo in Porta Ravegnana.

E Giuseppe Ferrari bolognese ha voluto sentire il parere de' migliori intorno a tre suoi ritratti, l'uno d'uomo, l'altro di donna, il terzo di florida giovinetta: ed i migliori trovano scarso rilievo e fredda tinta ne' due primi, e tutto più vigoroso nell'ultimo: sicché reputando condotto posteriormente agli altri, hanno fiducia che il Ferrari avanzi sempre per bene nella professione scelta da lui. Ciò mi diceva un intelligente, che poi soggiungeva: Ars longa; ed io l'interruppi: E il dipintore è giovine molto, ed avrà lunga ancor la vita.

Ventotto ritratti in miniatura sono di Francesco Medici e quattro di Federico Guidi, bolognesi; due di Marianna Massone originaria di Genova, e otto di Domenico Barera, conosciuto da lungo tempo fra i nostri miniatori. In quelli del Medici, oltre bastevole somiglianza, trovasi generalmente caldezza di colore forza d'intonazione ed un buon fare pittoresco; accurati e freschi sono quelli del Guidi e della giovine Massone; bello il proprio del Barera per colorito e per rilievo. Oltre di che, esso Barera ha fatto copia d'un Presepio dell'Albani, per commissione dell'Eminentissimo nostro Arcivescovo, d'una Madonna di Guido, e d'una ninfa del Prof. Natale Schiavoni, che, or volge un anno fu ammirata cotanto nelle Aule dell'Accademia, e di che feci discorso in questo foglio periodico.

COPIE AD OLIO, E DISEGNI DIVERSI DI FIGURA | Oh la sublime opera che è la Strage degl'Innocenti! Quant'ingegno, quanta poesia, quanta ricchezza di composizione in breve spazio di tela. Quindici figure aggruppò Guido in quest'opera, con magistero insuperabile. In essa pose un movimento, un dibattersi, un gridare, un fuggire, un resistere, una scena stupenda, cagionata da due manigoldi d' Erode, i quali fanno carneficina dei miseri parvoli. Oh qual pietà si sente per quelle madri, che se li veggono trucidar sotto gli occhi; come ti si agghiaccia il sangue all'urlo di quella disperata che il manigoldo afferrò per le chiome; quanta espansione scorgi in colei che prega, inchinando il ginocchio; quanta forza nell'altra che respinge il carnefice; quale speranza in colei che preme al petto il suo caro e si affida alla fuga; quanto abbandono, quanto affanno interiore in quella sublime addolorata, che due figliuoli in un tempo si vide trafitti! Se Guido non avesse condotta che quest'opera, la quale starà sempre fra le più classiche dell'arte, avrebbe fatto abbastanza per essere appellato divino: e se Alessandro Guardassoni bolognese, che ne ha fatto copia nella grandezza dell'originale, fosse stato più leggero e meno livido nelle ombre, avrebbe merito non non poco; perché il riprodurre il si gran dipinto vuole potenza non lieve. - E forse la stessa menda scorgersi nel Dario moribondo, che il giovine medesimo trasse per commissione da un dipinto premiato del Masini, e che si vede esposto nell'aula stessa dov'è lodata la copia della famosissima Strage.

Dal Pane Girolamo di Bologna ha recato una copia in piccolo del famoso Crocifisso del celeberrimo Guido; ed una del bel ritratto di Galileo Galilei, dipinto già dal gran Susterman: nelle quali copie vengono fatte dagli artisti le medesime osservazioni, che in quelle del giovine or or nomato riportai.

Non è così di Giulio Cesare Ferrari bolognese, il quale ha esposto in mezza figura un San Giovanni Evangelista vecchio, tratto dalla tavola del Perugino che sta dappresso alla gran tela della Pietà dell'insigne nostra Pinacoteca; la quale mezza figura è condotta dal Ferrari con molta fedeltà all'originale, e gli frutta le lodi di chicchessia. E più glie ne frutta l'esatta e limpida copia del gruppo principale nel S. Girolamo del Correggio, dipinto con molta fedeltà dinanzi all'originale stupendo, che forma il primo ornamento della parmense Galleria.

Gandolfi Zanotti Clementina, bolognese, Accademica d'onore, ha condotto all'acquerello, coll'usata sua perizia, il ritratto di Beatrice Cenci tolto da un'incisione del Longhi; ha, quasi direi dipinto, un gruppo di donne con un putto, derivato dalla gran tela del Domenichino - la Santa Agnese - ed ha rinnovato un ritratto del celebre genitore di lei, Mauro Gandolfi, dove l'insieme della figura, e l'anima infusa nell'aspetto, e l'unione del ritratto cogli accessori, sono cose sì belle, e fluide, e ben rilevate ed aeree, che niun altro forse a' nostri giorni potrebbe meglio acquerellare nel genere tipico Gandolfiano, dove primeggia la facilità del pennello, la leggerezza dei toni, e la magia del partito nel disporre prodigiosamente il chiaro e lo scuro.

Masetti Luigi bolognese ha fatto copia di un disegno d'Antonio Muzzi, rappresentante l'Allegoria della guerra, e il quale è copia d'una pittura famosissima del Rubens, esistente nella R. Galleria de' Pitti a Firenze. Tu vedi in esso disegno Marte, tremendo Nume, che imposto al sinistro braccio lo scudo, ed impugnata la spada, vestito l'usbergo e copertosi del cimiero, sta per andarsene alla pugna, anzi meglio all'esterminio de' popoli. Indarno Venere ed Amore fanno prove per trattenerlo: egli è troppo adirato per cedere alle lusinghe della Dea, ai preghi dell'arciero-fanciullo. Il tempio di Giano è aperto; l'Italia (misera matrona!) si lacera la brutta la bruna vesta, e piange e guarda al cielo per implorarlo propizio; i seguaci di Marte, col ferro e col fuoco mettono la terra a soqquadro; le furie e la discordia squassano le faci incendiatrici; le arti, le lettere, la carità della patria, l'amor materno ne vanno percossi, e pesti e semispenti ad un tratto. Oh scena di desolazione! oh strazio sentito ed espresso dal valentissimo d'Anversa. Quest'è il concetto del disegno che il Masetti, con molto sentimento e con diligente fedeltà e buon effetto tradusse dal quello del Muzzi, e per lo quale viene comunemente lodato. Però (se il mio consiglio val niente) l'esorterei a copiare in disegno non da un altro, ma da un dipinto de' più belli e de' più purgati che si conoscano; perché v'è merito un poco interpretando bene il colore col chiaroscuro; e dove più di fatica; più si profitta e s’avanza.

Un bel ritratto do Giorgio Washinghton, tolto da un incisione del Longhi, fa molt'onore al Dottor Giuseppe Roncagli, che nelle cose all'acquerello procede ogni giorno di bene in meglio.

Helff Giuseppe tirolese ha fatto copia, all'acquerello colorato, d'un Ratto d'Europa del Franceschini mostrandosi fedele all'originale, e robusto nei toni ed armonico ad un tempo, sicché l'opera di lui, anziché acquerello pare cosa ad olio, accuratamente condotta.
Ne taceremo fra i disegnatori figuristi il Conte Angelo Costerbosa e Teresa Venturoli, il primo de' quali ha fatto copia bene armonizzata d'un incisione del prof. Toschi, rappresentante il Re di Sardegna a cavallo; e la seconda d'una Santa Cecilia, con due Angeli, tradotta da stampa francese.

E non chiuderemo le nostre parole sui disegni esposti, senza dal lode ed incoraggiamento a David Putti e a Luigi Setti, che hanno disegnata la Madonna del Pesce di Raffaello; ed a Carlo Becucci del Tolè, ed a Paolo Sandoni bolognese, e a Leonardo Facchini, ad Anacleto Ceschi e soprammodo al fanciulletto Goffredo Guidi che ha fatto studio d'un San Giovanni evangelista, si celebre per lo dipinto del nostro Domenichino.

INCISORI | Se v'ha una scuola in Bologna cui debbasi lode per molti alunni valenti, elle è senza dubbio quella dell'intaglio in rame, dove il Guadagnini, succeduto nella cattedra al gran capo-scuola Rosaspina, è cinto da una corona di compagni e di scolari, da fare orgoglio qual fosse uomo più modesto. Degli ultimi basta annoverare un Supini, decorato di premio, ed un Bedetti, un Dotti, e parecchi altri, tra i quali primeggia Luigi Paradisi, che ha condotto in intaglio un soggetto di genere fiammingo, col ritorno d'un cacciatore presso una fanciulla piacente; lavoro di tale squisitezza e di sì dolce condotta da disgradarne per bontà di stile gl'intagli in acciaio degli stranieri, i quali purtroppo si dilettano talora di cercar l'effetto ed illudere a danno del vero, mentre il Paradisi l'ha saputo conseguire senza ricorrere ai falsi mezzi, onde le arti più nobili si fanno esagerate e spregevoli.

- Fra i compagni poi del Guadagnini, dirò di Antonio Marchi accademico con voto, di cui si ammirano cinque nitide incisioni, tutte trattate con bel taglio e con ottimo successo: fra le quali però è pregiata una ninfa derivata da un'opera d'Annibale Carracci; ed è bello il ritratto di Guido Reni vecchio, ricavato dal famoso di Simon da Pesaro, ma soprattutto è lodata per magistero ed ottimo stile la effigie di Pietro Paolo Rubens, tratta da un dipinto che lo stesso Rubens pennelleggiò.

- Nè posso tacere di Luigi Martelli faentino, che ha inciso con freschezza e vivacità S. Giuliano l'ospitale, tolto da un dipinto dell'Allori. - Ne ometterò Cammillo Lambertini bolognese, che in intagliare paesaggi, architetture e cacciagioni vale moltissimo. Del quale si lodano sia belle stampe di vario genere, ma spezialmente tre, che dimostrano antiche e nobili fabbriche, condotte in bulino con leggera, trasparenza ed illusione piacevolissima, in dimensioni sì piccole da render sempre più mirabile il diligente meccanismo onde sono intagliate.

E che dirò poi del suddetto Prof. Guadagnini, cui l'arte in Bologna debbe tanto? Intorno ai quattro suoi intagli si affollano sempre gli osservatori, e dicono bello il somigliantissimo ritratto del suo maestro celeberrimo, il Rosaspina, bella l'effigie del Rembrandt, bella la Giuditta ricavata dal bozzo dell'Allori; ma bellissimo poi, e d'insuperabile eccellenza il ritratto vivo dell'antico scultore Francavilla, il quale ha in sé tutti quei pregi che meglio si sentono di quello che si possano esprimere: laonde gli artisti e gl' intelligenti veraci ritengono essere il capo-lavoro del nostro egregio Guadagnini.

Ercole Dotti, ha inciso a contorno con bel modo il prospetto dell'Arca famosa di S. Domenico della gran chiesa de' PP. Preidcatori, lavorando sopra esatto e fedel disegno del sullodato Luigi Masetti, il quale attende pur esso all'arte riproduttrice dell'intaglio.

E chiuderò le mie tenui parole sugl'incisori bolognesi annunziando che Gaetano Canuti procede sempre di bene in meglio ne' suoi saggi d'intaglio a simiglianza di quelli del Collas, il cui metodo e meccanismo essendo ignoto al nostro bolognese, egli è pur giunto nullameno a fingere medaglie e bassirilievi con felicissimo successo. - Aggiungendo ancora che nella rinomata fabbrica di terraglie della ditta Aldrovandi si riportano indelebili su di esse terraglie le stampe ricavate dall'incisione, rendendo per questa guisa più belli tutti i servigi da tavola che in tale fabbrica con eleganza si fanno. Della quale industria rinnovellata ha presentato buoni saggi all'esposizione il giovine Tommaso Roversi, uno de' primi impiegati addetti all'officina Aldrovandi.

PAESISTI E PITTORI PROSPETTICI |Campedelli Ottavio, Accademico con voto. - Ogni dipinto di questo celebre artista è una grande scena della natura. Dipinga floride pianure, o scoscese montagne, o selve annose, o rapidi torrenti, o fiumi reali , o villaggi umili, o ruine antiche è sempre artista vivace e di bellissimi modi. Rappresenti poi o l'alzar del sole, o il mezzodì, o il tramonto; finga sereno il cielo e splendente, oppur lo figuri nubiloso, o velato di vapori, o netto d'ogni nebbia, egli si mostra sempre mirabile. Quest'anno ha posto nella grand'Aula dell'Accademia due dipinture di diverso argomento: un castello oltre Roma, veduto nell'ora in cui volge il Sole all'occaso; dove il cielo, il fondo, la pianura, le frondose piante, le nubi, l'aria tutta, dicono apertamente qual ora del giorno sia quella e quale stagione dell'anno; e dove un raggio di Sole quasi orizzontale, strisciando lungo i muri d'alcune case e battendo sull'innanzi del piano, produce un bellissimo effetto; il quale si ripete sulla larga e ricca fronda d'un albero, che sorge da un basso luogo e fa ombrello sul fianco d'una riva. Il quale albero veder bisogna cogli occhi per sentirne la verità e per confessarne l'illusione.- Ma l'altro paesaggio, di misura maggiore, e d'argomento poetico, vien reputato da tutti più mirabile vago. Siamo in fondo alla valle di Tempe in Tessaglia: ecco il Peneo, che vi serpeggia per lo mezzo; ecco sulla destra il Monte Ossa, la cui alta cima si perse. Vedi tu come è rotto in diverse punte ed aguglie? Non rammenti subito la gran catastrofe sofferta ? Il fulmine di Giove, punitor dell'orgoglio de' Titani, mise in isfacello gl'immensi massi accatastati, i cui frantumi micidiali giacciono sparsi nel basso piano, che fan selvaggio e scabroso. Oh come infuria quel torrente, che giù si precipita dall'alto, e si frange e spuma con fracasso, sbalzando su quelle schegge di sasso! Quanto vapore s'innalza, per virtù del Sole, da tale cascata! Quale ondeggiamento dell'atmosfera tutto sopra al Peneo! Qual verità di prospettiva gradatamente per la valle, ed agli appositi colli, ed alle falde de' monti che via via s'innalzano, fino alle nevose sfasciate cime dell'ultima montagna! E quel Sole, quel Sole che nascosto di dietro a un picco dell'Ossa, irraggia le lievi nuvolette e le indora, poi dardeggia e si spande sul davanti della scena, dove due greci viaggiatori, fan meraviglia dell'imponenza del luogo; quel Sole, dico, è il colmo della poesia, è l'anima del dipinto, è l'argomento più bello dell'eccellenza dell'Artista.

Barbieri Giovanni, Accademico di Bologna con voto, e Socio d'onore di Parma, ha esposto un gran paese di nobilissimo stile. Sereno è il cielo, limpida e calda l'atmosfera, non un vapore per la vasta campagna, soltanto l'aereo della prospettiva dalle grandiose piante dell'innanzi alle ultime colline del fondo. Bello ed eletto quel gruppo d'alberi in sulla destra; bellissimo lo spianato su cui torreggia a sinistra un tempietto romano di perfetta conservazione. Facile comoda la strada che mette dall'innanzi della scena alla linea del campo davanti al tempietto: delizioso il soggiorno in cotal luogo amenissimo, ampio, tranquillo e riposato. Il paesaggio insomma dell'egregio Barbieri è una di quelle campagne in che vorrebbesi trascorrere l'intera vita, e dove sembra che l'età non debba mai volgere all'increscevole vecchiaia.

Venturi Luigi e Ferdinando Fontana hanno presentato un paesaggio di rigogliosa verzura per ciascheduno. Non mancano per vero le loro opere di molti pregi, e di gran lavoro ne' tronchi, e d'instancabile pennelleggiare nelle frondi e ne' piani: ma gli artisti che le lodano, vorrebbero nel Venturi più sfumatura prospettica e meno lusso di verde, e nel Fontana meno abuso del giallo, e maggior leggerezza nelle montagne lontane.

E quivi aggiungerò che Giovanni Buratti, e Mauro Forni, e Luigi Chiarini, e Giuseppe Gualandi; ed un Orlandi, un Dottor Longhi, e un giovinetto Foresti, hanno arricchita l'esposizione con molti paesaggi e con frammenti, ad olio, a penna, all'acquerello tinto, a matita; d'invenzione, d'imitazione, di copia, di studio; i quali tutti addimostrano che la patria d'un Martinelli, d'un Busatti, d'un Burcher, d'un Fantuzzi, d'un Bassi, non manca di studiosi, i quali seguano le orme di così grandi maestri.

Ora de' prospettici; fra i quali basta per tutti l'artista eruditissimo, professore Antonio Basoli. Quest'uomo immaginoso, pieno d'ingegno e di studio, non riposa mai dalle sue lunghe fatiche, che anzi cogli anni sembra acquistar del continuo novella forza; di che ha dato ricco e bellissimo saggio in sedici composizioni grandi, disegnate e messe a colore, ed in ventisei minori, condotte all'acquerello naturale. Quattro delle invenzioni maggiori rappresentano i celeberrimi colossi, di Memnone in Egitto, di Rodi in sul Porto, di Nabuccodonosor in Babilonia e di Domiziano equestre in Roma; colossi che al grande artista hanno dato tema per quattro grandi invenzioni di quattro città in Panorama, ricche di fabbriche di vario stile e d' ornamenti convenientissimi. E in altrettante prospettive maggiori ha espresse quattro parti del globo, simboleggiate nei loro principali monumenti. Onde tu vedi, a dimostrare l'Europa, il Pireo, antichi archi, templi di varie forme e nazioni, anfiteatri, naumachie, colonne rostrate, e mete, e Fari, e cent'altre cose: vedi nel dipinto dell'Asia, quanto fecero di grande i primi popoli della terra, ed un tempio arabo che vi torreggia nel mezzo con bellissima mostra: vedi nell'Africa le piramidi, le sfingi, i colossi, il gran fiume, e fino il deserto: e nell'America i monumenti del Messico, e le imprese architettoniche della novella civiltà. Oltre di che lo stesso Basoli ha presentato gl' interni de' più famosi tempi dell'Antico Mondo: quello dell'Osiride e d'Iside in Egitto, quello di Foo nella China, quello di Giove in Olimpia, quello di Diana in Efeso. E una città del Perù, ed Recinto di tombe arabe, e la gran Sala di Carlomagno, e la fantastica Reggia della Maga Alcina, ingegnosissima architettura tratta dal poema dell'Ariosto. Le quali sedici invenzioni (toccate appena da me) sono messe a colore in olio, sugli schizzi a penna, dal grande artista, fingendole illuminate, queste del sole, codeste dalla luna e da fiaccole, quelle da fanali, da candelabri, da lampade; altre da torce o da lanterne o da lumi di varia guisa. - E venendo ora ai ventisei disegni inventati e messi ad acquerello naturale, formano dessi un alfabeto pittoresco, della più bella, difficile, ed erudita invenzione. Quante son lettere nell'Alfabeto latino, altrettanti luoghi principali ha saputo immaginare il professor Basoli, i quali prendono l'iniziale del nome delle singole lettere di esso alfabeto, ed hanno inoltre gli accessori il cui nome pure ha principio per la lettera del soggetto principale. E tutto l'insieme d'ogni prospettiva tiene forma di quella lettera da cui trae il nome; e la lettera stessa vi è tracciata dentro, sotto foggia d'ornamento convenientissimo. Così ad esempio nella lettera S ha immaginato la Sassosa del Sinai, dove sono Scaglioni per ascendere, e lungo il cammino Sepolture di Santi. Onde in un monumento che serpeggia, e dove è tracciato nel masso il predetto segno alfabetico, tutte le parti accessorie prendon la loro iniziale dal medesimo segno. Delle quali ventisei tavole gli artisti prospettici ammirano la proprietà, gli ornatisti gli accessori, i dotti la erudizione, tutti poi il pensiero, l'invenzione e il complessivo risultamento.

SCULTORI E PLASTICATORI IN CERA |Putti Massimiliano bolognese, Accademico con Voto. Egli ha dato un ritratto d'uomo in busto al vero, plasticato in modo che sembra formato dal vivo, con tuttoquanto è sul vivo che porga l'idea osteologica dell'insieme, vestito dai muscoli, ramificato dalle vene, e coperto, come è la natura, dalla pelle. Ardito metodo di far ritratti, dove nulla è trascurato, nemmeno la sopracciglia: nel qual metodo fu lodatissimo Mino da Fiesole, ed è unico di presente l'americano Powers, ed è ben riuscito con questo saggio il nostro accademico Putti.

Putti Davide, fratello a Massimiliano, ed iniziato appena all'arte scultoria, ha condotta in plastica con bastevole sicurezza e fedeltà all'originale, la famosa testa dell'antico Laocoonte.

E Gaetano Bernasconi milanese porge di sé buone speranze nelle sculture eseguite, di teste, di mani, di fiori, di fregi, condotti di dito e di stecca con buona franchezza.

Alfonso Bertelli, che diedesi alla scultura in età di fanciullo, venne cogli anni crescendo nell'arte bella cui applica, e della quale diede sempre alcuni saggi. Quattro ne ha esposti di presente: un Ritratto di giovinetta, un Sacro Cuore di Gesù, un Giuramento di Annibale, ed una figura simbolica, parmi dell'industria agricola. Dov'è fatica d'invenzione evvi sempre maggior pregio che nelle opere copiate; e per questa parte il giovine Bertelli è meritevole di lode: ma perchè questa sia maggiore, vuolsi porre accuratezza nel far dal vero ogni cosa, e nel finirla fino allo scrupolo; ché la diligenza in gioventù si fa prontezza nell'età virile, e gloria per tutta la vita. Ciò dico al Bertelli perché gli professo lunga e sincera amicizia, e perché dall'avanzamento suo vado lieto oltremodo.

Piccioli Prudenzio di Spilimberto, e Neri Giuseppe di Bologna sono plasticatori in cera, ai quali si debbe lode per molta facilità d'operato. Il primo conduce ritratti piccoli in profilo, quando bianchi, quando a colori, con buona somiglianza e con bastevole esecuzione: il secondo fa ghirlande e mazzi di fiori in bassorilievo,e fino a tutto tondo, con sottilissime foglie e vaghissime tinte, imitando il vero il più delle volte con tanta facilità da emularlo. Di che gli si debbe di maggior lode, perché lavora finissimamente la cera, non già in istampi fondendola, ma con ferri, e stecche, e diligenza foggiandola.

RICAMATRICI, ED ESECUTORI DI OPERE DI VARIO GENERE | De' ricami esposti ragionando, debbesi metter primo per ispecial merito quello in oro ed in seta della fu signora Rosa Tassinari Finotti ferrarese, eseguito a punto entrato ed a colori con abilità non comune. Rappresenta il centro del ricamo la Santa Famiglia nell'umile bottega del legnaiuolo; ed è lodata universalmente l'espressione delle figure, nonché l'atteggiamento, e l'intonazione del colorito nelle medesime. E ben condotto è un gruppo d' angeli sopra il contorno del ricamo; e sono bene atteggiate ed in carattere le figure intromesse alle volute di esso contorno, e le quali rappresentano i due Profeti maggiori e quattro Sibille.

E la signora Anna Mazza ha ricamato in nero sul bianco due gruppi di Ciocciari, imitando bene due incisioni libere del famoso Pinelli. - Così le Signore, Paolina ed Emma Vivarelli hanno ricamato con buon successo una Veduta d'Algeri, e fiori e vignette. Ed altri pure hanno condotti in varie guise ricami di figure e di paesaggio, onde l'attuale Esposizione è stata arricchita.

Ne tacer debbo d' un'altra Signora, Luisa Gandolfi Bonora, che si mostra facile e destra nel fare a maniera del Livizzani lavori animatissimi papirotomici, tanto più pregiati, in quanto che non li copia, ma con bell'arte li trae dal solo ingegno suo proprio.

E passando ai meccanici, vuolsi dar lode a Giuseppe Alberoni bolognese, per un modello di macchina onde impastare e rimpastar la farina, e preparare il pane, con sollecitudine, con uniformità, con pulitezza; nonché a Gaetano Spada, costruttore di bella ed esatta tromba a chiavi; ed agli archibugieri Pietro Gamberini della Ricardina, - e Rasori Alfonso di Bologna, il primo de' quali ha lavorato un bello schioppo da caccia a tre canne, ed il secondo a quattro. Cui aggiungeremo l'ingegnoso Verardi Alessandro bolognese, che soffiò una bottiglia di vetro a piccola bocca, entro la quale è il modello d'un cannone, col suo carretto proporzionato.

E finalmente diremo al francese Revel, che come sono ben dorate le sue cornici di legno, sono poi a correggersi in quanto a stile di disegno, e in quanto a gusto d'ornamenti; perché il barocco, per estinguere il quale tanti uomini e tanti anni vi vollero, è riprovevole cosa, ne so perché con ismania si voglia adesso riprodurre. - Ma purtroppo le follie, perché più facili ad eseguirsi, Più presto ancora si adottano; e già le miniature del Medici sono oppresse dal lusso delle cornici barocche. Chi è imbrattato adunque di siffatta polvere la scuota da sé: e voi artisti (e spezialmente in dipintura) che battete la buona via, procedete animosi pel retto sentiero, e badate che niuno ve ne storni. Lasciate pure che chi è losco dell'intelletto e della vista levi a cielo ed esageri l'eccellenza degli oltramontani, che convertono alcuna volta in mostro la natura, e la raffazzonano a proprio talento, e gridano d'averla abbellita. Rispondete loro con opere di polso, con opere veramente italiane: studiate il meglio dal vero: studiate i sommi nostri esemplari, e procacciate d'agguagliarli e di superarli pur anche, se dato vi fosse. E solo allora ponetevi a seguire gli sfrenati declamatori, quando usciranno dalle loro Accademie artisti veri e sublimi, che valgan meglio d'un Agricola, d'un Podesti, d'un Coghetti, d'un Bezzuoli, d'un Sabatelli, d'un Grigoletti, d'uno Schiavoni, d'un Arienti, d'un Malatesti, e di tant'altri italiani, che sono la gloria della Penisola, e l'onore dell'arte. Voi, giovani artisti, sapete pertanto a cui rivolgervi; alla natura eletta, ed ai vostri: e voi guardateli ed imitateli. E vi sia di consolazione il vedere che voi pure, o studiosi, avanzate ognor per lo meglio. Di che vi siano prova le dipinture già premiate e d i saggi degli antichi alunni, i quali fanno bel fregio intorno alla grande Sala dell'esposizione. Guardateli tutti; e veggendo come l'arte in generale si è fatta più grande e più nobile com'è venuta successivamente fino ai giorni che corrono, godetene all'anima, perocché voi incominciate dove altri finì, e meno spazio vi resta a battere per toccare quell'eccellenza, la quale si debbe raggiungere in questo secolo dell'italiano universo risorgimento.

SALVATORE MUZZI