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Due vedute del Collegio Venturoli

1889

Schede

Il piccolo dittico del sedicenne Alfonso Modonesi, figlio dell’architetto Giuseppe (1821-1891), è un garbato esercizio didattico dell’alunno entrato nel Collegio Venturoli a dodici anni nel 1885 con Cleto Capri, Giovanni Masotti, Alberto Pasquinelli e Giuseppe Romagnoli. I limiti dell’apprendistato scolastico del futuro ingegnere e architetto - destinato a una brillante carriera - giustificano le incertezze tecniche delle due tavolette compensate però dalla sottile vena di poesia “aurorale” della giovinezza.

Nel riquadro di sinistra è rappresentato un angolo del cortile del Collegio con due piante: quella più grande in secondo piano dentro un vaso di terracotta decorato con festoni è la stessa dipinta da Cleto Capri in un altro piccolo dipinto datato 1890 (n. inv. BA 175) che mostra una più elevata sicurezza tecnica e compositiva rispetto alla prova del giovane Modonesi.

A destra si riconoscono i pilastri del Collegio Ungaro-Illirico acquistato per ospitare l’istituzione artistica fondata da Venturoli: un esempio ancora ben conservato dell’antica architettura “di collegio” tipicamente bolognese. Il cortile - appartato e silenzioso - doveva sembrare alla fine dell’Ottocento come un inserto di campagna perfettamente inserito nell’ambiente urbano: Modonesi ne coglie sottilmente i trapassi luminosi con pennellate larghe e colori un po’ contriti e sotto tono che potrebbero pero essere riscattati da un’accorta pulitura. Tecnicamente più maturi sono i due acquerelli (Veduta di Venezia, 1893 e Cortile di Palazzo Bevilacqua, senza data) recentemente pubblicati nel catalogo della mostra di Crespellano del 2012 che confermano l’interesse di Modonesi per il paesaggio e gli evidenti progressi compiuti nel giro di pochi anni.

Nel riquadro di destra un allievo vestito con i calzoni blu della divisa del Collegio disegna all’interno di una stanza circondato da mobili dall’aspetto domestico e quotidiano. Il dipinto di Modonesi ci ricorda che i collegi artistici non avevano l’aspetto un po’ artificioso degli studi degli artisti pieni di cianfrusaglie documentati dai dipinti e dalle fotografie del tempo, ma erano ambienti severi dove il tempo scorreva lentamente. Senza temere di esagerare mi sembra che la fragilità della composizione è riscattata - imprevedibilmente - da qualche preziosa briciola della Stimmung degli artisti del Nord che Mario Praz in un libro famoso definiva come la capacità di restituire il senso dell’intimita e “dell’≪appartamento≫ nel senso pieno della parola (…)”. Anche la sala e il solitario allievo del Collegio sono “appartati, assolti nella Gemütlichkeit, nella Stimmung del loro guscio personale” e “l’aggregarsi degli oggetti non produce un mero effetto estetico” ma “il contatto umano, l’uso diuturno e amoroso”.

Antonio Buitoni

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.