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Carlo Corsi

8 Gennaio 1879 - 27 Agosto 1966

Scheda

Nacque a Nizza nel 1879, da una famiglia benestante, colta e propensa all'arte; "un ambiente di musicisti e cantanti", come la definisce egli stesso nello scritto Al modo di una autobiografia (1958) in cui ripercorre, con toni contenutamente affettivi ed ironici, il suo cammino verso la pittura. A parte la consapevolezza di aver trovato fin da piccolo nel disegno qualcosa di più che un semplice gioco, egli ricorda come “tappa” importante per la sua iniziazione una mostra di quadri che nel 1888 (nel frattempo era arrivato a Bologna) aveva portato a San Michele in Bosco pitture del Segantini e di Favaretto; in quell'occasione si risvegliò definitivamente nel ragazzo l'istinto e la predilezione per la pittura.
A dire il vero Carlo Corsi non fu avviato subito - come in genere gli altri pittori suoi coetanei - agli studi artistici; anzi, dopo un normale corso classico fu iscritto alla facoltà di Ingegneria, che frequentò finchè un altro avvenimento artistico folgorante gli aprì definitivamente gli occhi; quando - come racconta - sua sorella fu scritturata al Teatro Comunale per cantare nella Valchiria ed egli potè accedere liberamente alle prove, si sentì convertito per sempre al mondo della fantasia e la rappresentazione, abbandonò gli studi intrapresi e si dedicò a copiare quanto poteva dalla pinacoteca cittadina. Dopo un inizio severo, degno della Bologna allora carducciana, seri studi condusse a Torino, dove frequentò l'Accademia dal 1902 al 1906, richiamatovi dall'amicizia col pittore Grosso che aveva incoraggiato, non meno di Alessandro Scorzoni, il suo amore per l'arte.
Ancora da lui apprendiamo che nel 1907 fu in Olanda, dove potè godere sia indimenticabili crepuscoli sia la ricchezza dei Musei che visitò spostandosi poi fino a Bruxelles e a Parigi: qui, a quanto pare, visitò il Louvre, trascurando impressionisti e Cézanne.

Mentre ancora faticava ad orientarsi fra le diverse esperienze pittoriche, Corsi fu accettato, con sua grande soddisfazione e senso di incoraggiamento, alla Biennale veneziana del 1912; da allora allargò la sua partecipazione a mostre a Monaco ('15), San Francisco ('14 e '16) , alle quattro edizioni della Secessione romana; si fermò, forzatamente, durante la prima guerra mondiale per ritornare, dal '20 in poi, alla Biennale di Venezia, alla quale fu addirittura invitato nel 1924: “una specie di consacrazione della mia qualifica di pittore”, commenta lo stesso Corsi, aggiungendo che poi, con il mutamento dei criteri dell'istituzione veneziana, riparò successivamente su manifestazioni più modeste, come le mostre sindacali e regionali. Ci fu dunque qualcosa come un oscuramento della fama e della fortuna del pittore? Parrebbe di sì, visto che nel '41 (è sempre l'interessato a raccontarlo con invidiabile nonchalance) gli venne assegnato a Bergamo il “premio per i giovani”: “Avevo sessantadue anni.
Non mi conoscevano, non si ricordavano più di me”. In realtà accadde che Corsi, per effetto della sua personalissima indipendenza e vivacità intellettuale, continuò ad essere “secessionista fino all'ultimo” cosicchè “operò liberamente, non contro i suoi contemporanei ma in relazione autonomamente scelta con essi" (F. Solmi); e pagò, naturalmente, la fedeltà al proprio abito mentale rimanendo “indecifrato” se non trascurato affatto dalla critica, interessata ad ordinare l'iter degli artisti secondo suoi precisi o addirittura puntigliosi schemi storicizzanti.

In ogni modo la serie delle mostre di Carlo Corsi tornò a infittirsi dopo la nuova pausa dovuta alla seconda guerra mondiale: dieci personali e nuovi inviti a Venezia e altrove, con l'invio, sempre più frequente, dei collages che ebbero un ruolo notevole, per esempio, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles nel 1954 e in generale in tutta l'ultima ricerca e produzione di Carlo Corsi; il quale - vale la pena sottolinearlo - lavorò fino alla fine (avvenuta nell'agosto 1966) senza pregiudizi tecnici, pronto ad ogni prova che gli consentisse (usiamo sue parole) di inseguire l'intuizione del “movimento cosmico”, la “lirica del moto travolgente nello spazio”, sempre consapevole, fra l'incalzare di nuove poetiche, del rapporto problematico “fra arte e attività pratica”, ma amche lucidamente fiducioso nel ritenere che l'arte sia “mezzo di chiarimento delle condizioni umane”.

ANTOLOGIA CRITICA

“Carlo Corsi che si inebbria nel sole e par dipinga con esso “ (D. Angeli, 1915); “Penso che della consapevolezza che ogni artista ha della propria attività sia elemento primario e inevitabile che l'arte sia mezzo di chiarimento delle condizioni umane. E ciò sia per la personale esistenza dell'artista, sia per il rapporto generale fra l'uomo e l'universo” (C. Corsi, 1949); “...fino dall'infanzia, per mio sfogo e diletto e per la tranquillità comune, in famiglia capirono che dovevo essere continuamente fornito di lapis, matite, colori, forbici, carte e cartoni. Non sapevo neppure io quello che facessi e perchè lo facessi”. “ Molto più tardi mi sono reso conto delle inquietudini che mi avevano oppresso fin dai miei anni infantili, delle nostalgie appassionate che ogni luogo o ambiente destava in me. Non sapevo, non immaginavo che esse erano una manifestazione, quasi la rivelazione della poesia”. (C. Corsi, 1958); “Sarebbe ingiusto rescindere subito il destino di Corsi da quello del gruppo bolognese post-impressionista; ma è pur vero che presto, molto presto, in lui s'afferma uno stile particolare, prima di veder sognando, poi di veder con furia”. “In lui il dato direttamente esistenziale, l'equazione sostanziale vita-pittura sarà una tensione, infatti , ineliminabile: avido e totale attaccamento a un “ rapporto”, per cui è il senso della vita che procedendo deve far scattare i nuovi accordi con l'arte; e mai una decisione aprioristicamente intellettuale”. “La sua è una captazione intellettuale d'una geometria di fonte indubbiamente cubista; non intelletualistica, tuttavia, ché quel calibro formale è il supporto d'uno spessore vitale, d'una assorta fisicità che rende al risultato tutta la sua pienezza, e una sorta di quasi magica palpitazione esistenziale”. “Corsi non riconosce ritorni all'ordine; egli pratica, se mai, ritorni alla vita; ma la vita non è mai, mai più quella di prima”. “Per un artista che non fosse sostenuto da un connettivo interiore così indistruttibile come quello di Corsi, le accuse di discontinuità o di incoerenza sarebbero all'ordine del giorno; esse cadono invece di fronte alla potenza dell'apertura, dell'entusiasmo con cui egli affronta ogni avventura, in una giovinezza mentale e sensitiva che non manca mai di stupirci” (F. Arcangeli, 1964); “E' luogo comune citare la diversità di Carlo Corsi, che gli costò l'emarginazione per decenni. Ancora oggi la critica ha difficoltà a collocarlo in situazione, forse perchè Corsi in una situazione definibile non è mai stato” “... opere in cui s'avverte una meditata e sempre filtrante adesione ai linguaggi più esposti ed azzardati del far moderno”. (F. Solmi, 1984).

Riposa nella Certosa di Bologna, portico ovest del Chiostro V o Maggiore, arco 39. Testo tratto da "Artisti allo specchio", catalogo della mostra, Bologna, Associazione per le arti Francesco Francia, stampa 1990. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.