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Francesco Cocchi

1788 - 1865

Scheda

"Di questo insigne artista bolognese non potrei dir né più né meglio di quanto bellamente fu detto dal chiarissimo Cav. A. Rubbiani nelle due seguenti epigrafi che si leggono nell’atrio del Palazzo Municipale di Budrio: Francesco Cocchi/ Fra i Pittori – Architetti Bolognesi/ Celebratissimo operò/ A Roma, Amburgo, Belino, Pietroburgo, Lisbona/ Nelle reggie, nei teatri, nei tempi/ Continuando la grande arte decorativa/ dei Bibiena./ Maestro di pittura prospettica/ nell’Accademia di Bologna/ Sceneggiò col pennello/ Tutta una storia dell’architettura/ Da Memfi a Sion, da Bisanzio a Colonia, da Atene a Roma." (Tratto da "La storia delle arti del disegno studiata nei monumenti che si conservano in Bologna e nei suburbi", Bologna, 1888).

Francesco Cocchi (Budrio, 1787 o 1788 - Bologna, 1865). Per la ricostruzione della vita e delle opere di Francesco Cocchi sono fondamentali gli studi di Elena Tamburini Santucci. Francesco Cocchi è, insieme a Domenico Ferri (1795-1878), l'ultimo scenografo bolognese di fama europea. La vita del Cocchi è divisa in due parti ben distinte: una prima che si apre in seguito alla sua formazione in Accademia - dove studia con Antonio Basoli (1775-1860), per il quale disegna molte delle incisioni della Raccolta di prospettive serie, rustiche e di paesaggio (1810) - e che comincia nel 1811 con il viaggio a Roma, per studiare i monumenti e le rovine classiche. A Roma - che lascerà per tentare la fortuna a Lisbona accanto alla zio architetto Francesco Fabri (1761-1817) - Cocchi rimane fino al 1815, compiendo delle prime esperienze al Teatro Argentina. A Lisbona invece lavora per il Teatro San Carlo dipingendo scene e rinnovandone la decorazione, ma nel 1817 già riparte, su richiesta del console russo, per San Pietroburgo dove non arriverà, costretto da una tempesta a fare scalo a Copenaghen; da lì si trasferisce poi ad Amburgo dove, dopo inizi difficili, dal 1827 comincia a lavorare per lo Stadttheater. Questo è probabilmente il momento più soddisfacente della sua vita di uomo di teatro ed è ancora ad Amburgo nel 1842 quando la città è parzialmente distrutta da un terribile incendio durante il quale lo scenografo perde tutto, compreso il materiale artistico che stava raccogliendo per un trattato sull'architettura gotica che non verrà perciò mai scritto. Nello stesso anno, morto il prof. Mauro Berti (1772-1842), Cocchi è scelto quale suo successore in Accademia a Bologna: è l'inizio della sua seconda vita, questa volta come insegnante.

Rimpatria quindi a Bologna dove resta fino alla morte nel 1865. È alla prima parte della sua vita che dobbiamo quelle caratteristiche sue proprie che lo distinguono da Basoli - che pur gli trasmette un'impostazione tradizionale "bibienesca" e l'attenta indagine stilistica che lo caratterizzano - l’ecclettismo gli viene dai suoi viaggi, dal contatto con le realtà stilistiche del nord Europa e con la cultura romantica. In questo senso appare fondamentale il suo interesse per l'architettura gotica, anche se non troverà mai soluzione in un opera scritta. Anche la maggior parte del suo lavoro come scenografo e ornatista, che termina comunque con il rientro in Italia, è andato perduto, sia all'estero che in patria. Sopravvivono le decorazioni in palazzo Malvezzi de' Medici, qualche progetto decorativo e architettonico (appunto palazzo Malvezzi, il Palazzo Comunale di Budrio) e alcune prove pittoriche (Roma, Camera dei Deputati e Galleria Colonna). Partecipa a qualche esposizione accademica (1846: "La veduta esterna della villa Rossi di Pontecchio dipinta ad olio, di proprietà del sig. march. Marsigli"); si occupa del restauro delle aule e della loggia al pian terreno dell'Accademia di Belle Arti (1846); è artefice di nuove decorazioni in San Francesco (1847); allestisce alcune celebrazioni comunali e gli apparati - insieme ad Antonio Muzzi - in morte di Cavour, ricevendone anche aspre critiche. L'insegnamento diventa ormai la sua principale attività: nel 1851 pubblica a stampa Lezioni di prospettiva pratica e regole abbreviatrici, dal carattere didattico e pratico, conciliatore tra la tradizione prospettica di cui Cocchi è l'erede e la necessità operativa della pratica teatrale. Molti suoi disegni scenografici sono conservati presso musei e biblioteche (Venezia, Milano, Pisa). Ad oggi, il lavoro di Cocchi è testimoniato soprattutto da questi ultimi, per i quali si rimanda sempre agli studi di Tamburini Santucci. Importanti nuclei si conservano anche presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna (Cocchi 1830-1850) e a Roma presso la Biblioteca dell'Accademia di San Luca (Cocchi s.d.), dov'è anche il disegno riprodotto nell'Album Belluzzi (n. 173). Da questi ultimi si evince, tra i tratti distintivi di Cocchi, "uno sforzo di distillazione del mezzo espressivo e di superamento del particolare stilistico" (Tamburini Santucci) che, insieme al già citato ecclettismo, costituisce l'elemento più innovativo del suo lavoro.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia e fonti: Cocchi 1830-1850; Cocchi s.d.; Atti 1845-1846, p. 90; Cocchi 1851; Bellentani 1855, p. 63; Atti 1865, pp. 19-31; Azzolini 1881; Thieme-Becker 1912, 7, pp. 132-133; Ricci 1930, p. 27; Bénézit 1949, p. 553; Bottrigari 1960-1962, I, pp. 114, 248, 376, II, p. 521, III, pp. 34, 45, 201, 223, 226, 377; Comanducci 1962, p. 462; Mancini 1966, pp. 151-153; Museo Teatrale alla Scala 1975, p. 580, 584 (tavv. nn. 957-960); Tamburini Santucci 1976 (con documenti e bibliografia precedente); Gottarelli 1981; Bologna 1983b, pp. 130-133; Matteucci 2002, p. 214; Giumanini 2008, pp. 236-240; Rubbi 2017.