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Andrea Besteghi

6 Febbraio 1817 - 26 Dicembre 1869

Scheda

Andrea Besteghi (Bologna, 6 febbraio 1817 - ivi, 26 dicembre 1869), avviato dapprima alla carriera ecclesiastica e poi agli studi di lettere italiane e latine può finalmente esercitare la naturale attitudine per il disegno sotto la guida di Francesco Spagnoli, insegnante di incisione all’Accademia di belle arti di Bologna, che, convinto del suo talento artistico lo indirizza a regolari corsi accademici. Ha così modo di presentare le sue prime prove alle esposizioni del 1835-’36-’37, di vincere nel ’41 il piccolo premio curlandese con un San Giovanni Battista in linea con la tradizione accademica bolognese e soprattutto di imporsi come disegnatore e litografo.

Come tale (“valente come disegnatore in litografia dove si è molto esercitato”) ci viene infatti presentato nel 1842 dal recensore dell’annuale esposizione di belle arti dove egli si cimenta con la pittura a olio presentando L’Orfanella del pescatore e un ritratto copiato da Susterman; l’anno seguente figura tra gli artisti impegnati nella edizione di tavole litografiche sul trasferimento delle ceneri di Napoleone e si distingue per una litografia del quadro di Giulio Piatti, Pietro Micca, che era stato presentato all’esposizione fiorentina del 1842. Piuttosto che nel chiuso clima accademico di questi anni (suoi insegnanti sono per la pittura Clemente Alberi, buon artista ancora legato alla tradizione secentesca tradotta in uno stile via via più sensibile al vero, per il disegno di figura Napoleone Angiolini, incantato dalla facile e piacevole maniera dei Gandolfi), l’artista mostra quindi di cercare altrove, soprattutto negli esempi fiorentini, i motivi qualificanti della sua formazione. Di rilievo la notizia, riferita da F. Mazzotti nell’opuscolo biografico dell’artista, della frequentazione, accanto alle lezioni accademiche, dello studio di Vincenzo Rasori, singolare figura di pittore fautore di una ripresa del Quattrocento e Cinquecento italiano che ben presto esce dall’ambiente bolognese per raggiungere più alta fama a Firenze. Molto probabilmente è per consiglio dello stesso Rasori che B., si reca nel capoluogo toscano a studiare sotto Bezzuoli, e da qui invia a Bologna nel 1844 il suo Pandolfo Collenuccio, letterato pesarese, nell’atto che gli viene intimata la sentenza di morte, presente la sua famiglia che ottiene il premio grande dell’accademia. Dopo alcuni anni trascorsi a Firenze, in cui esegue anche lavori di decorazione per i palchi del Teatro della Pergola, B. torna a Bologna dove negli Anni ’50 raggiunge una certa fama con opere storiche importanti come Cimabue che incontra Giotto giovinetto al momento che con pietra appuntita sta disegnando una pecorella del gregge suo, 1854, acquistato dalla società protettrice, Imelde Lambertazzi trovata morente dalle donzelle sul trafitto cadavere di Bonifazio Geremei, con cui nel ’55 ottiene il premio grande dell’accademia per il disegno di figura, Dante all’Avellana, 1856, in cui G. Bellentani ravvisa “verità del colore ed una accuratezza che direbbesi di antica scuola fiorentina” che gli procurano numerose committenze per nobili famiglie della città.

Si dedica pure alla decorazione: a Bologna nel palazzo Spada (attuale Circolo della Caccia, in Via Castiglione) accanto ad Antonio Muzzi e a Girolamo Dal Pane, a Rimini (1854-57) nel Teatro Comunale, progettato da Poletti, dove rappresenta nella volta i più celebri compositori italiani nelle arti della Musica, della Commedia e della Tragedia. E anche in questa disciplina raggiunge ben presto rinomanza, tanto che nel 1858 viene invitato da Gioacchino Rossini ad affiancare quale pittore figurista l’ornatista Luigi Samoggia nella decorazione del suo palazzo di Passy, presso Parigi. Proprio in questo anno, pochi mesi prima, B. aveva ricevuto la nomina a professore di disegno e figura presso l’Accademia di Ravenna. E’ costretto dunque, il 2 novembre 1859, a indirizzare una lettera al presidente dell’Accademia march. Vincenzo Cavalli, in cui chiede di potersi assentare qualche mese dal suo ufficio: “…Desiderando il Rossini di dare un carattere affatto italiano alla interna decorazione, ebbe la degnazione di porre il pensiero sopra di me e fecemi fare la proposta di recarmi senza indugio colà a condurre il dipinto di figura”. Inizia poi a presentare le sue opere con regolarità alle esposizioni accademiche della città (di questo periodo è un Autoritratto conservato presso la locale Pinacoteca Civica) e, nel 1864, ottiene la carica di direttore, che manterrà fino alla morte. Documentata è pure la sua presenza sulle scene bolognesi fino al 1862 quando espone Cristoforo Colombo al convento di Rabida, mentre le fonti non citano numerosi viaggi di studio e aggiornamento di cui parla F. Mazzotti nel suo opuscolo, peraltro puntuale e attendibile: “Fu in diversi anni in Inghilterra, in Germania, nelle Fiandre e due volte in Francia”.

Elisabetta Farioli

Testo tratto da "Dall'Accademia al vero - La pittura a Bologna prima e dopo l’Unità", Comune di Bologna - Galleria d’arte Moderna, 1983. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.