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Alfredo Baruffi

1873 - 1948

Scheda

Il Baruffi compie un corso di studi e poi una carriera nettamente in contrasto con le sue tendenze artistiche: diventato ragioniere si impiega preso la Cassa di Risparmio e conserva questa occupazione dedicandosi alla pittura solo nel tempo libero che il lavoro gli concede. Dal punto di vista artistico è dunque un autodidatta e si forma studiando e disegnando prima da solo, e informandosi sulla cultura d'oltralpe attraverso le riviste più diffuse e all'avanguardia come l'inglese “The Studio” e la tedesca “Jugend”, poi inserendosi nell'ambiente di palazzo Bentivoglio a cui fanno capo, fissandovi  i propri studi, alcuni giovani artisti bolognesi, le cui esperienze e la cui vita un po' “bohème” lo stesso Baruffi rievocherà nel volume  I Giambardi della Sega (Bologna 1940), primo e unico pubblicato di una serie di quattro, formanti il ciclo Un quarto di secolo a palazzo Bentivoglio, conservati manoscritti presso l'archivio Baruffi. Proprio degli anni goliardici trascorsi a palazzo Bentivoglio sono un ricordo alcuni degli pseudonimi con cui il Baruffi si firmò nel corso della propria carriera: Barfredo da Bologna, Giustin da Budiara, Mimo.

La caratterizzazione essenzialmente grafica dell'opera del Baruffi ha modo di imporsi e definirsi fin dall'inizio attraverso l'attività di illustratore dei due principali periodici bolognesi del periodo, prima “Bologna che dorme”, poi “Italia ride”, presso la cui redazione l'artista entra in rapporti diretti e costanti con gli altri giovani rappresentanti di punta dell'arte cittadina. Partendo da una conoscenza evidente degli illustratori inglesi, tedeschi, belgi, l'artista va definendo uno stile personale che lo allontana sempre più dalla tematica del tradizionale dipinto da cavalletto e lo indirizza invece verso l'attività di  illustratore di libri. (…) Dopo una buona prova data, nel 1902, con la collaborazione alla parte grafica della Divina Commedia edita da Alinari il Baruffi prosegue in quella attività a lui particolarmente congeniale, eseguendo, dal 1904, 35 disegni per la Vita nova di Dante e 49 per l'Aminta del Tasso (opere mai pubblicate in volume) nei quali dimostra di avere raggiunto una tecnica elevatissima. Nello stesso 1904, esce l'Albo di “Novissima” per il quale il Baruffi, sostenuto dalla benevola attenzione di Vittorio Pica, ha eseguito tutte le decorazioni per le lettere capoverso, opera di tipo essenzialmente ornamentale e ulteriore esemplificazione della cura rigorosa dedicata ai rapporti fra testo e immagine: L'anno seguente l'artista partecipa alla VI Biennale veneziana, ancora una volta con opere ideate appositamente come completamento della pagina scritta. Si dedica poi fra l'altro alla illustrazione di due volumi di Giuseppe Cosentino dedicati alle donne di Shakespeare (Desdemona, Bologna 1906; Ofelia, Bologna 1906) cominciando quella ricerca e quel tentativo di ricostruzione del mondo medievale che continueranno prima con le illustrazioni per le pascoliane Canzoni di Re Enzo (La canzone dell'olifante, Bologna 1908; La canzone del Carroccio, Bologna 1908; La canzone del Paradiso, Bologna 1909), imitazione nostrana e non eccelsa delle pubblicazioni inglesi curate dal Morris; poi con la lunga opera dedicata all'illustrazione de La selva rossa, un testo dello stesso Baruffi mai pubblicato in volume e portato a compimento intorno al 1940 (alcuni di tali disegni apparvero in una “Rievocazione di Bologna medievale” curata dal Consiglio provinciale dell'economia corporativa di Bologna, nel 1933).

Nel 1916, quale segretario della società Francesco Francia, cura la pubblicazione del numero unico di “Bianco e nero” a cui partecipa anche, direttamente, con due disegni. Un aspetto particolare della produzione del Baruffi, è quello rappresentato dagli ex-libris, in cui l'artista si esprime in tutte le sfumature espressive dell'arco stilistico che lo inserisce nel liberty e che va dall'ispirazione a motivi Jugendstil e addirittura preraffaelliti all'attenzione al neo cinquecentismo; in essi, interpretando, di volta in volta, il rapporto personalizzato con il bibliofilo o il tipo di raccolta, il Baruffi crea un insieme in cui l'elemento decorativo, quello narrativo e quello simbolico si fondono in un insieme spesso molto felice.

Testo tratto da: Il Liberty a Bologna e nell'Emilia Romagna, catalogo della mostra, GRAFIS, Bologna, 1977. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti