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Bandiera dell’Università Popolare Giuseppe Garibaldi

1915 ca.

Schede

Sul finire dell’Ottocento, su un modello di provenienza francese, nacquero anche in Italia le università popolari con l’obiettivo di diffondere presso un pubblico allargato di cittadini, specie operai e artigiani, nozioni di cultura generale, ma anche tecniche, fondamentali per la loro crescita sociale. A Bologna fu la Società Operaia di Mutuo Soccorso a raccogliere le sollecitazioni che venivano da diverse associazioni democratiche, trovando immediatamente largo consenso in tutta la città. Anche il mondo accademico cittadino partecipò con impegno alla fase costituente e, da tanto fervore, si costituì una commissione di professori con il compito di definire il progetto di istituzione in città di una università popolare.

La Società Operaia deliberò di contribuire all’iniziativa con l’erogazione di 1000 lire del suo fondo destinato ad onorare la memoria di Garibaldi e con la concessione gratuita dei locali e dell’illuminazione occorrenti, purché l’università venisse intitolata a Garibaldi e avesse la propria sede presso la società stessa. Una proposta che non poteva che essere accettata. Dunque dalla progettazione si trattava di passare alla realizzazione: organizzazione dei corsi, definizione di una direzione, inaugurazione. Il 7 febbraio 1901, alcuni giorni prima dell’avvio dei corsi, Abdon Altobelli in una pubblica conferenza definì l’Università popolare espressione di una coscienza nuova e di una nuova impostazione rispetto alle iniziative del passato: non più elargizione di nozioni più o meno elementari, ma strumento attraverso il quale i ceti popolari potessero acquisire ed esprimere la loro emancipazione e la loro autonomia anche nel campo della cultura. L’11 febbraio 1901, presenti le autorità cittadine, i rappresentanti di numerose associazioni, professori universitari, esponenti - uomini e donne - della borghesia cittadina, professionisti e operai, l’Università popolare Giuseppe Garibaldi iniziava la propria vita. Il discorso ufficiale di inaugurazione fu tenuto dal prof. Francesco Pullè, che poi divenne ‘preside’ dell’istituzione e ne fu per lunghi anni ardente assertore. Il giorno successivo, all’avvio della prima lezione, gli iscritti erano già più di 300. A norma di Statuto le tasse di iscrizione erano di L. 0,50 per un corso, 1 per due corsi e 2 per tutti. I corsi previsti erano: legislazione, letteratura italiana, geografia fisica, fisica e chimica, sociologia, storia, igiene e lingua e letteratura francese (allora lingua veicolare come oggi è l’inglese, e importante nel campo lavorativo). Le metodologie di insegnamento erano quelle delle lezioni frontali, accompagnate, dove necessario, da proiezioni luminose. Le lezioni erano tenute alla sera nei giorni feriali e nel pomeriggio della domenica e si accompagnavano a gite d’istruzione, visite a musei, e a conferenze straordinarie.

Il crescente numero di iscritti, uomini e donne, segnò il successo dell’iniziativa per tutto il primo ventennio del Novecento, come testimoniano i dati pubblicati su gli «Annali» dell’Università popolare, un bollettino annuale voluto come strumento di propaganda ma anche di analisi critica della vita dell’istituzione. Il fascismo, nel momento della sua affermazione, ne provocò il lento spegnimento, vedendola come una realizzazione di successo del Partito socialista.

Fiorenza Tarozzi