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Azzoguidi | Società tipografica

1880 | 1974

Schede

La Società tipografica Azzoguidi viene fondata a Bologna. Muove i primi passi nel 1875 ma è solo il 7 gennaio 1880 che viene sancita l'apertura ufficiale con atto notarile di Giovanni Magri. La sede legale era in via Solferino 1 e il primo presidente fu Raffaele Bonazzi. Nel corso della sua lunga storia cambia diverse volte denominazione, mantenendo però il richiamo al noto tipografo bolognese Baldassarre Azzoguidi. Si passa così da Cooperativa tipografica Azzoguidi (1909 e 1949) ad Azzoguidi. Società tipografica editoriale (1961). Nel 1972 la società acquisisce la Cooperativa industria lavori cartotecnici affini - CILCA, istituita nel 1950 col nome di Cooperativa Rinascita. Nel 1974 l’azienda fu infine incorporata dalla Graficoop. Il fondo documentario Azzoguidi è ora conservato presso il Centro di documentazione sulla storia del movimento cooperativo di Bologna.

La storia dei primi anni di attività dell’Azzoguidi viene descritta dettagliatamente nel libretto "La Società Tipografica Azzoguidi di Bologna – Monografia" edita a Bologna nel 1888 in occasione dell'Esposizione Emiliana: “Bisogna cercare nella cooperazione il segreto dello sviluppo sociale; soltanto così la grande questione del miglioramento della vita economica e sociale può ottenere una soluzione soddisfacente.” Samuel Smiles

L’utilità e i frutti fecondi che le Associazioni cooperative debbono apportare alle classi operaie sono oramai incontestabili e tutti che hanno a cuore ed intelletto convengono potersi attingere da esse una forza morale, la quale non abbassa, ma crea; non toglie a nessuno, ma dà a chi non ha; non esercita violenze, ma si espande colla persuasione e coll’esempio. La Cooperazione, essendo basata sull’aiuto di se stesso, crediamo sia destinata a trasformare i rapporti fra chi produce e chi consuma, chi lavora e chi fa lavorare, rinnovando pacificamente, sopra basi di giustizia, l’ordinamento sociale. “L’evoluzione cooperativa, ha scritto un reputato pensatore, non manca nel più dei casi di incontrare sulla sua vita dei grossi e pericolosi ostacoli e delle difficoltà non lievi, le quali inceppando il regolare sviluppo dell’azienda, ne paralizzano i benefici effetti. Ma essa può e deve saperli vincere con quella tenacità insistente e calma che le è conferita dalle sue stesse origini anglo-sassoni.” Di questa dolorosa verità noi siamo stati in uno stesso tempo e testimoni e parte, e ne abbiamo esempio solo che per poco ne riandiamo colla mente al passato ed esaminiamo lo sviluppo cooperativo della nostra arte in Italia. Vari tentativi vennero fatti in parecchie città dagli esercenti l’arte della stampa per fondare cooperative di produzione; ma molti abortirono o per poca costanza negli iniziatori o per le insidie che fin dall’inizio vennero loro mosse dai nemici di ogni conato di civiltà e progresso. Altre, dopo pochi anni di vita sociale, dovettero liquidarsi per causa di una cattiva amministrazione o per deficienza di quelle forze materiali che sotto forma di capitali avrebbero dovuto consolidarne e coronarne il successo. E’ ancora vivo fra di noi il ricordo della Società fra i Compositori tipografi, la quale raggiunto appena un grado di sviluppo e di prosperità che non si potevano desiderare migliori, dovette per una serie di fatti e di circostanze che qui è superfluo accennare, sciogliersi dopo 14 anni di vita sociale. Attualmente in Italia esistono solo tre esercizi cooperativi (non compreso il nostro): uno a Milano, uno a Firenze, il terzo a Torino, e a noi consta che tutti tre hanno dovuto superare non piccoli scogli prima di raggiungere il grado di prosperità relativa che godono oggigiorno. Premesse queste poche dichiarazioni che per noi erano necessarie, accenneremo brevemente come sorse il nostro Sodalizio cooperativo di produzione e come fin qui abbia potuto trionfare delle molte difficoltà che in quasi 14 anni di esistenza non mancarono di intralciargli l’esistenza.

La sera delli 28 febbraio 1873 nella sala del Circolo dei Concordi, allora esistente nelle nostra città, ebbe luogo un’adunanza promossa da sei operai impressori tipografi, alla quale convennero 17 colleghi delle varie tipografie locali. E fu in questa prima riunione che i nominati promotori, dopo avere accennato alle deplorevoli condizioni in cui per cause a tutti note trovavansi gli operai impressori e additato l’esempio dei loro compagni compositori-tipografi, la cui Società Cooperativa aveva raggiunto in poco tempo un rilevante incremento, incitavano gli intervenuti di porre in atto il loro divisamento, che era quello di costituire una Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai Impressori allo scopo del reciproco aiuto in caso di impotenza del lavoro. L’ardita iniziativa dei sei operai promotori non andò sparsa al vento: i presenti all’adunanza – compenetrati dei benefici che si ritraggono dalla mutualità – apprezzarono subito l’utilità di una Istituzione che, come quella in allora esistente dei Compositori-tipografi, salvaguardasse in momenti difficili e in caso di crisi di lavoro i loro interessi morali ed economici, e unanimi deliberarono di riunirsi per acquistare o fondare – appena i fondi sociali lo avessero consentito – un esercizio tipografico, gli utili del quale avrebbero dovuto far fronte ai fini che il novello Sodalizio si prefiggeva. Si riunirono di nuovo gli operai impressori la sera delli 14 Marzo detto anno sotto la presidenza del compianto operaio compositore Paolo Bentivoglio. Questi, per la prativa di cose sociali che possedeva e per la stima grandissima che godeva appo l’intera classe tipografica, era stato pregato dai colleghi impressori di consigli e di appoggio nel nuovo arringo in cui stavano per accingersi. In questa riunione alcuni fecero osservare che pareva loro ottima idea lasciare facoltà anche agli operai delle arti affini ed ai compositori tipografi di entrare a far parte dell’istituzione, troppo ristretto essendo il numero degli appartenenti alla classe impressori tipografi, litografi ecc.; e, quel che più monta, non tutti in grado di potervi aderire. Il presidente Bentivoglio incitò i convenuti ad accogliere tale proposta utile sotto tutti gli aspetti, e alle obbiezioni che taluni gli mossero che pei compositori-tipografi esisteva diggià una consimile società della quale tutti potevano liberamente far parte, rispondeva che quella stava per chiudere i suoi ruoli, ed essere pertanto prudente e savio proposito quello di accettare pur anco i giovani operai compositori che avessero esternato il desiderio di contribuire colle loro forze morali e materiali allo sviluppo sociale. La questione venne vivamente dibattuta; ma alla perfine prevalse il concetto di allargare la sfera sociale sulla base che tutti gli esercenti le arti affini potessero iscriversi a soci, ed a tal fine venne diramato il seguente appello:

Operai Tipografi, Litografi, Calcografi e Fonditori di Caratteri - I Promotori della Società di Mutuo Soccorso fra Torcolieri e Macchinisti, tanto Tipografi che Litografi, la quale sta ora costituendosi in Bologna, nella loro adunanza del 14 scorso mese deliberarono che a far parte di tale Società venissero chiamati, per l’affinità de’ loro esercizii rispettivi, anche i Compositori, i Fonditori ed i Calcografi. - Fu pur nominata una Commissione con incarico di redigere lo Statuto sociale. - Ora, avendo questa Commissione ultimato il suo lavoro, siete tutti invitati all’adunanza generale che, per la discussione ed approvazione dello Statuto suddetto, si terrà la sera di Martedì 22 corrente aprile nella Sala della Società dei Compositori Tipografi in Piazza S. Martino 1470 pianterreno alle ore 7 e mezzo precise. Ciascun operaio Tipografo, Litografo, Calcografo, e Fonditore di caratteri, cui stia a cuore l’interesse proprio e della classe alla quale appartiene, non vorrà certo mancare di intervenire a questa adunanza, al fine precipuo di stabilire le norme che dovranno regolare una tanto utile Associazione. Bologna, 17 aprile 1873. La Commissione Operaia.

In conformità alla circolare qui sopra riportata, nella seduta delli 22, riuscita oltre ogni dire numerosissima, venivano gettate le basi della nascente Società ed approvatele disposizioni statutarie che ne dovevano regolare l’esistenza. Rimaneva il nome da darsi alla medesima, su cui parecchi si trovavano divisi. Ma nella riunione delli 31 maggio 1873 l’assemblea, sopra proposta del compianto Paolo Bentivoglio, deliberava che la Società assumesse il nome di AZZOGUIDI, quale doveroso omaggio al celebrato Baldassarre Azzoguidi (civis bononiensis) il quale fu il primo dei bolognesi che imparasse, forse a Subiaco, l’arte della stampa e che fra le mira del piccio Reno rizzasse, nel 1464 circa. Tipografia, dalla quale uscirono poi pubblicazioni rarissime, meravigliosamente stampate, che sono ancor oggi una gloria dei tipi. Nei due anni che seguirono la costituzione della Società i Comitati nominati per amministrarla altro non ebbero a fare se non di curare l’esazione delle quote settimanali in attesa che si presentasse l’occasione in cui i fondi sociali, accumulati man mano in Istituto di Credito, permettessero di potere ottemperare alle disposizioni contenute nell’art. 2 dello Statuto che prescrivevano un esercizio sociale, i cui proventi netti dovevano servire, come abbiamo detto, pel cronicismo e la pensione alla vecchiaia. L’occasione non tardò molto a presentarsi. Nel Giugno del 1875 moriva in questa città il Sig. Antonio Chierici, che aveva un piccolo esercizio di tipografia in Via delle Grade (ora Rolandino) da S. Domenico. Non avendo gli Eredi intenzione di proseguire il commercio dell’estinto, fu sollecito il Comitato intavolare con essi le pratiche opportune per l’acquisto dell’esercizio stesso, le quali vennero indi a poco di comune accordo concluse. L’assemblea dei soci delli 6 Luglio sanzionava la proposta del Comitato d’acquistare la tipografia per la somma di It. L. 1200 e il giorno 18 predetto, mediante scrittura del legale Avv. Antigono Sarti, si firmava il contratto con tutte quelle cautele e formalità che in simili casi la legge prescrive. Perciò da allora si può dire incominciasse per tutti la responsabilità dell’avvenire del nuovo Ente cooperativo, che con modeste pretese entrava nell’arringo industriale per contribuire esso pure all’incremento dell’arte e al benessere comune. All’atto che si fece l’acquisto della tipografia del fu Antonio Chierici non si trovarono nella medesima che un torchio a leva di recente sistema e in gran parte caratteri logori e di tipo antico; perciò prima cura del Comitato che in allora si trovava in carica si fu quella di assortirla di un materiale atto a fa fronte a qualunque ordinazione che si fosse presentata. Infatti si acquistò dal signor Giuseppe Pizzolotti di Modena una partita di diversi caratteri in buonissimo stato pel prezzo di stima di italiane L. 1200; il signor Adriano Amoretti, già proprietario della fonderia di caratteri sita nell’antico Palazzo Pepoli, somministrò all’esercizio una copiosa quantità di tipi in conto corrente, e così altre Case nazionali non mancarono di accordargli il loro appoggio mediante il credito nell’acquisto di generi che erano richiesti per l’esatto confezionamento dei lavori. Aumentando il lavoro nella tipografia si dovette poco tempo dopo assumere a nolo un torchio tipografico e cercare un locale più conveniente, così si poté puntualmente far fronte agli impegni contratti e dare evasione più sollecita alle ordinazioni della clientela che cominciava ad affluire all’esercizio sociale. Se coi mezzi modestissimi che fino allora si avevano disponibili si era riusciti ad ottenere un esito abbastanza soddisfacente, non erano però promettenti per l’avvenire della nostra istituzione, mancando questa di una macchina tipografica per poter eseguire più celermente i lavori e così gareggiare colle altre officine fornite dei più moderni mezzi di produzione. Compenetrato il Comitato di questa assoluta necessità, e avutane regolare facoltà dall’assemblea dei soci, stipulava un regolare contratto col signor Adriano Amoretti, il quale pel corrispettivo di L. 2600 cedeva alla Società una macchina tipografica della pregiata fabbrica Alauzet di Parigi, nominata Express, che cominciò a funzionare nell’esercizio nel luglio 1876. Nel 1877-78 ogni cura fu indefessamente rivolta a scongiurare i mali che minacciavano il nostro sodalizio e che con urto vertiginoso s’addensavano in ispecie sull’esercizio tipografico, il quale pur trovandosi in posizione relativamente buona e non ostante tutte le premure e la più lodevole operosità del suo Direttore, trovavasi fatalmente esposto ad una imminente catastrofe, stante la soverchia limitazione di quell’elemento vivificatore del commercio che chiamasi credito. E le cure del Comitato non riuscirono vane, perché scorsi pochi mesi da quei momenti difficili, esso poté dire all’Assemblea dei soci, con un sentimento di amor proprio soddisfatto, che ogni pericolo era avventuratamente scongiurato, e che il credito primitivo era riconquistato, anzi ampliato; e, come logica conseguenza di tali benefici risultati, lo scoraggiamento tanto lamentato andò dissipandosi e la pristina fiducia rigogliosamente rinacque nei compagni.

Vinte le prime e più gravi difficoltà, si diede opera per accrescere il capitale mediante periodiche contribuzioni, e così si fu in grado di provvedere l’esercizio sociale di maggior materiale, di piazzarvi una seconda macchina tipografica, sistema Marinoni, del costo di L. 5000 circa, che venne acquistata dalla fonderia Fratelli Magnoni di Monza, ed estendere via via l’industria sociale, tantochè nel 1879, traslocato l’esercizio in un locale più vasto e decoroso posto all’angolo di via d’Azeglio e Solferino che fu suscettibile poco dopo di nuovi ampliamenti in locali contigui, cresciuti di numero e con un capitale pur sempre modesto, ma tuttavolta meno insufficiente, e con un lavoro già assicurato che speciali circostanze avevano fatto aumentare sensibilmente (prima delle quali il passaggio in proprietà privata della Tipografia Società Compositori) si deliberò, per assodare viemmagiormente le basi dell’istituzione, di procedere alla divisione dei capitali in azioni e chiedere al Governo che la Società fosse riconosciuta a termini di legge. L’Assemblea tenuta il 23 settembre 1879 autorizzava il Comitato a compiere tutte le formalità relative a tale riconoscimento e a modificare lo Statuto a norma delle prescrizioni di legge. Le pratiche inerenti furono condotte con lodevole sollecitudine; la domanda trovò favorevole accoglimento e con Decreto Reale in data 26 febbraio 1880 la Società fu autorizzata ed ebbe approvato il proprio Statuto. Gli auspici che inaugurarono il nuovo indirizzo assunto dalla Società non potevano essere più favorevoli e produssero alcune liete conseguenze. Una più viva e cordiale simpatia verso il sodalizio e un desiderio di giorvargli si manifestarono nel pubblico. Il lavoro crebbe e più numerosa si fece la clientela. Ma per corrispondere a questo risveglio e alle nuove legittime esigenze, si dové assortire la Tipografia di caratteri, di utensili, di macchine, insomma di quanto abbisognava per entrare risoluti nella via di operosità e di attività che si schiudeva. Senonchè la situazione finanziaria al principio del 1880 si presentava alquanto anormale in questo e per questo, che deficiente era il fondo sociale e rilevante la somma del debito cambiario: epperò difficile sarebbe riescito al Consiglio d’amministrazione di provvedere ai bisogni che le mutate condizioni di cose aveano fatto sentire, se qualche Istituto di credito con intendimento generoso non si fosse prestato a sovvenire una somma, colla quale fornire alla Società il mezzo di estinguere in parte le passività preesistenti e le nuove che si erano dovute formare. Si escogitarono allora i provvedimenti per uscire da uno stato di cose allarmante, e si ricorse ai consigli ed alla efficace cooperazione di persone autorevoli, le quali, siamo lieti di constatarlo, presero a cuore le sorti del nostro sodalizio, e in quegli estremi frangenti non vennero meno alla fiducia che la Società aveva in loro riposto. Il defunto e compianto Marchese G. N. Pepoli prima, poi il Proff. Avv. Cav. Luigi D’Apel raccomandarono la Società al Comm. Luigi Luzzatti, Deputato al Parlamento, il quale interessò il Cav. Silvani, in allora presidente della Banca Popolare di Credito, per una sovvenzione di 10,000 lire. Avutosi per questa operazione esito negativo, lo stesso Comm. Luzzatti pregò il compianto Cav. Marco Minghetti a patrocinare la Società per l’identico scopo alla Cassa di Risparmio, e dall’influenza all’uopo opportunamente interposta dal Comm. Enrico Sassoli allora direttore dell’Istituto, coadiuvato generosamente dal Proff. Comm. Ing. Cesare Zucchini, ci era dato conseguire l’agognato rissanguamento, che valse ad evitare alla Società una catastrofe letale. A lode del vero però dobbiamo qui ricordare la Banca Popolare locale mai ci abbandonò a noi stessi e che continuamente ci fu larga di concessioni in tutte le dimande da noi avanzate per lo sconto di effetti cambiari. Anche il Comitato dei Sindaci, composto dei signori D’Apel Prof. Cav. Avv. Luigi, Forlai Rag. Enrico e Pondrelli Avv. Alberto, ci fu mai sempre giovevole di consigli, e in più d’una occasione facilitò colla sua saggia operosità ed efficace cooperazione il compito del Consiglio amministrativo. Speciale senso di gratitudine dobbiamo pur anco tributare a due spettabili Ditte commerciali che nei rapporti con esse avuti ci furono larghe di agevolezze e di credito, rendendo così più facile all’azienda sociale il raggiungimento del desiderato assetto amministrativo. Intendiamo parlare della Cartiera in Romagnano Sesia di proprietà Vonwiller e C° e della Fonderia Tipografica del signor Ferdinando Negroni. Sullo scorcio del 1880 si fornì la tipografia di una macchina tagliacarta e di una pressa, ritenute indispensabili per la buona riuscita dei lavori, come pure si acquistarono da varie case nazionali ed estere alcuni ordegni ed un copioso e scelto materiale tipografico, consistente in caratteri per opere, fregi, linee d’ottone, alfabeti di legno per affissi ecc. ecc. Nell’anno appresso (1881) si dovette di nuovo aumentare il materiale di tipografia e acquistare un secondo torchio meccanico dalla fonderia Magnoni di Monza pel prezzo di L. 1200 e una macchina perforatrice della Ditta Arbizzoni pure di Monza. Una questione urgente si presentava poi al Comitato in sui primordi del 1881, quella cioè di dover provvedere un locale più adatto all’importanza acquistata dall’esercizio sociale. Quello di via d’Azeglio, benché ampliato, era divenuto più che angusto, insufficiente a contenere il numeroso personale addetto alla lavorazione, né per le favorevoli condizioni che andava assumendo l’esercizio sarebbe stato possibile dotarlo in avvenire di nuovi meccanismi che fin d’allora si ritenevano necessari non essendovi posto per piazzarli. Pei ristauri che in quel tempo si facevano nell’antico palazzo Barbazzi, divenuto proprietà del sig. Cav. Dott. G. Pallotti, erano rimasti vuoti vari appartamenti al pianterreno. Le comodità che presentava uno di questi: posizione centrale, sale vaste e bene illuminate, entrata separata pel personale e annessovi cortile, erano tutto di quanto di meglio si poteva desiderare per portarvi la nostra industria, cosicché in breve vennero definite le pratiche col proprietario e trasferito l’esercizio nel locale in cui anche presentemente si trova. Nel 1882 lo sviluppo della tipografia sociale andò sempre più allargandosi, tanto che si dovette di nuovo fare acquisti di materiale dalle più reputate fonderie nazionali ed estere ed assumere in affitto altri locali contigui. Dietro l’assunto obbligo di stampare un giornale quotidiano, il Don Chisciotte, per il quale una macchina veniva ad essere impegnata gran parte del giorno, il Consiglio, per non vedere pregiudicato il buon andamento dei lavori incorso, stimò opportuno provvedere perché una terza macchina tipografica funzionasse nell’esercizio sociale, e questa pure, previe le debite condizioni, venne acquistata dall’officina meccanica dei fratelli Magnoni di Monza pel convenuto prezzo di lire 4,600.

Se il Consiglio nel pensare al provvedimento di cui si è fatto parola non dubitava della sua opportunità ed efficacia, riconosceva però che gli effetti benefici doveano sentirsi non immediatamente, ma bensì grado a grado. E siccome a lui premeva di trovar modo subito di togliere o almeno scemare il debito cambiario, che per la natura sua e per essere piuttosto rilevante imbarazzava l’azione amministrativa, così ravvisò che fosse opportuna l’emissione di obbligazioni per la somma di lire 10,000; con che appunto parvegli che si potesse conseguire quanto si vagheggiava, e cioè una trasformazione di parte dei debiti a breve scadenza in un debito a scadenza più lunga, da estinguersi gradatamente, e, quel che più monta, giovandosi dei maggiori proventi su cui in avvenire si aveva ragione di confidare. L’idea fu con accuratezza studiata dal Consiglio, poscia all’Assemblea, la quale nella seduta delli 23 settembre vi dava piena ed intera la sua adesione votando l’ordine del giorno seguente: L’ASSEMBLEA udita la relazione del Consiglio d’Amministrazione; considerato che l’aumento del capitale sociale non è solo necessario a dare più larga e solida base alla Società, ma è richiesto dallo sviluppo che ha preso l’esercizio tipografico; considerato che per le disposizioni dello Statuto e le particolari condizioni dei soci non è da ritenersi possibile col solo mezzo delle Azioni poter accrescere prontamente il capitale sociale; considerato che a raggiungere quest’intento è mezzo opportuno ed utile, insieme alle disposizioni transitorie introdotte nello Statuto, l’emissione di obbligazioni; DELIBERA di emettere N. 100 Obbligazioni di L. 100 ciascuna, fruttifere 5 lire ogni anno, nette da qualsiasi tassa o ritenuta, da estinguersi in 10 anni, o anche in periodo di tempo più breve, riservandosi esplicitamente l’Assemblea questa facoltà mediante estrazione da farsi annualmente come esposto nella tabella presentata dal Consiglio d’Amministrazione; Dà ampia facoltà al Consiglio stesso di stabilire i modi, i termini e le condizioni dell’emissione delle Obbligazioni, e di fare quanto reputa necessario a condurre la operazione a compimento.

Il Consiglio dopo ciò avrebbe potuto disporre per l’emissione delle obbligazioni; ma parve a lui più conveniente di attendere che fossero autorizzate le riforme introdotte nello statuto, in conformità anche del nuovo Codice di commercio che da poco erasi promulgato. Così provveduto alle riforme riconosciute necessarie e portata la sua attenzione sulla questione dei mezzi con cui far fronte all’ammortamento del debito, il Consiglio si fece sollecito di inviare al superiore Governo il relativo incarto. Con decreto reale comparso nella Gazzetta Ufficiale delli 31 luglio 1882 venivano approvate le modificazioni introdotte nello statuto e l’emissione delle 100 obbligazioni. Dietro ciò, il Consiglio si fece un dovere di diramare alle Associazioni cittadine ed ai privati una circolare a stampa. Redatta dall’egregio censore rag. Forlai, colla quale, dopo essersi fatte note le varie fasi della vita del nostro sodalizio, le cause che lo determinavano a ricorrere al credito e i suoi intendimenti al riguardo, si facevano voti perché la cittadinanza bolognese e le associazioni mutue corrispondessero volenterose all’appello loro rivolto. Alla circolare andavano uniti per maggiore garanzia tre specchietti statistici: cioè la situazione della Società al 29 febbraio 1880, epoca del riconoscimento giuridico; quella al 31 giugno 1882 ed il movimento del materiale di tipografia dal 1° marzo 1880 al 31 giugno 1882. Le concepite speranze non diedero quel risultato che la Società si riprometteva. Solo N. 34 Obbligazioni vennero collocate per l’importo di L. 3,400, e per la maggior parte furono sottoscritte dalle varie associazioni cittadine, le quali anche in questa circostanza compierono un atto di fraterna solidarietà a favore di una loro consorella. Dall’anno 1883 al 1887, incoraggiata dal favore ognor crescente del pubblico, degli enti morali e di credito, delle società operaie, la nostra tipografia estese gradatamente la sua cerchia d’azione, ampliando nuovamente i suoi locali, acquistando i più recenti prodotti delle fonderie nazionali ed estere, corredandosi, in una parola, di tutti quei meccanismi e strumenti che erano richiesti per dare una produzione rispondente alle giuste esigenze odierne. Fin dal 1885 la tipografia venne fornita di un motore a gas (sistema Faccioli) della fonderia De Morsier di Bologna. Il suo costo fu di L. 4800, comprese le trasmissioni occorrenti. Nello stesso anno si fece nell’esercizio il completo impianto del gas e dell’acquedotto. Nel 1886 si acquistò dalla fonderia Arbizzoni di Monza un terzo torchio a leva del prezzo di L. 800. Nel 1887 la rinomata casa Klein, Forst e Bohn di Johannisberg sul Reno fornì la tipografia di una macchina doppia a due cilindri, del prezzo di L. 10,000, nella quale si stampa il giornale quotidiano Il Resto del Carlino che ha una tiratura media di 12,000 copie, e serve anche per altri lavori. Essa è la prima anzi l’unica di tal genere che funzioni nella nostra città. L’acquisto di questa macchina, che richiedeva una forza motrice superiore della esistente, ed anche per la necessità di avere un motore di rimpiazzo in caso di qualche avaria a quello già in uso, indussero il Consiglio di installare nei locali delle macchine un secondo motore a gas, (sistema Otto di Vienna), della forza nominale di 3 cavalli, e dal prezzo di L. 3,000. Finalmente sulla fine del 1887 si dovette aggiungere una quinta macchina tipografica nominata Liliput alle altre quattro esistenti, fornita essa pure dalla casa tedesca testè citata. Questa macchina viene adoperata nella esecuzione dei molteplici lavori commerciali e minuti che affluiscono giornalmente nel nostro esercizio.

Riepilogando adunque, oggi nella Tipografia funzionano: cinque macchine tipografiche (due sistema Marinoni di fabbrica nazionale, una di fabbrica francese, due di costruzione tedesca), tre torchi a mano, due motori a gas, una pressa meccanica, un tagliacarta, un torchio meccanico per la legatoria dei libri, una macchina perforatrice, una macchinetta per smussare gli angoli e tagliare le linee, una macchinetta curvilinee, ecc. Essa è poi assortita di un copiosissimo assortimento di caratteri moderni per giornali, opere e lavori di fantasia, di fregi, vignette, galvanotipi, linee d’ottone, ecc., in una parola di tutto quanto le esigenze moderne reclamano per dare una produzione seria, sollecita e condotta con tutte le regole dell’arte. Non andiamo quindi errati affermando che attualmente la Tipografia della Società Azzoguidi è in grado di eseguire qualsivoglia lavoro con accuratezza ed eleganza, nonché con quella prontezza che le esigenze richiedono e, lo diciamo senza ambagi, è giunta al punto di stare a fronte a qualsiasi altro Stabilimento tipografico della città. Nulla fu risparmiato, e i suoi iniziatori e cooperatori, col coraggio che dà la fede per la buona riuscita di una nobile ed utile intrapresa, gareggiarono finora in emulazione onde renderla degna della fiducia comune e della simpatia del pubblico.

A dirigere la Tipografia venne chiamato fin dal suo impianto il socio Gaetano Albertazzi, che anche presentemente continua nella sua carica. Nel 1878 l’Assemblea nominava a coadiuvarlo il socio Giacinto Fabbri. Il Consiglio amministrativo non può che compiacersi dell’opera attiva e diligente da essi prestata fin qui a vantaggio dell’ente sociale. Detto alcun che dell’esercizio sociale, dobbiamo brevemente tener parola di quanto il Sodalizio fece nel campo della previdenza e della mutualità, specialmente dal 1880 in poi. La Società Azzoguidi si dimostrò ognora solidale con tutte le Associazioni che, intendendo al miglioramento morale ed economico della classe operaia, diedero in ogni tempo prova di saper adempiere ai proprii programmi, cosicché le aiutò nei loro bisogni moralmente sempre, materialmente quando le sue forze il consentirono. Nè mancò di farsi rappresentare e di aderire con compiacenza a tutte quelle manifestazioni che pel loro carattere tendevano esclusivamente ad onorare la scienza e il patriottismo; il lavoro e il risparmio. La mutua assistenza pure, sia nelle grandi che nelle piccole sventure, trovò sempre appo il nostro Sodalizio appoggio ed interessamento, come pure trovarono appoggio ed interessamento tutte le proposte emanate da corpi morali o da persone benemerite al nobile fine di radicare nelle giovani menti dei figli del popolo le prime nozioni di quella educazione che costituiscono la base dell’incivilimento e del progresso di una nazione.

Troppo lungo andremmo se per esteso volessimo qui enumerare tutte le manifestazioni a cui la Società concorse per gli scopi sumentovati. Limitiamo il nostro assunto col dire che la Società contribuisce da vari anni, con offerte annue inscritte ne’ suoi bilanci, alla Lega per l’istruzione del popolo, oggi trasformatasi in Società per la diffusione ed il miglioramento degli Istituti infantili; al Consorzio permanente di Beneficenza cittadina; all’Istituto-Asilo pei fanciulli ciechi poveri; all’Asilo pei bambini lattanti; alla Congregazione internazionale di Carità ed al Consorzio per la commemorazione dell’8 agosto 1848. Nel 1882 contribuì con un’offerta al felice sito di una recita datasi all’Arena del Sole a beneficio della locale Società fra i reduci delle patrie battaglie. Parimenti acquistò alcuni biglietti di un concerto popolare eseguitosi nel Teatro Brunetti a totale vantaggio dell’Arsenale Provinciale per gli operai disoccupati; nonché altri biglietti per una recita di beneficenza che ebbe luogo a favore del Comitato di patronato pei superstiti dell’8 agosto 1848. Acquistò pure 200 biglietti per un Festival tenutosi alla Montagnola a beneficio del fondo sociale di tre Istituzioni umanitarie della città. Infine concorse con particolari offerte a sollievo dei danneggiati dall’incendio della fabbrica di saponi in Pontelagoscuro, dei profughi poveri dell’Egitto e degli inondati del Lombardo-Veneto. Nel 1883 la Società partecipò ad una Lotteria promossa dalla locale Società di M. S. fra i Barbieri, Parrucchieri e Profumieri a vantaggio della propria Cassa Pensioni; acquistò 200 biglietti di un’altra Lotteria che ebbe luogo a beneficio del Consorzio di beneficenza cittadina. Votò poi varie offerte pei danneggiati dal terremoto dell’Isola d’Ischia e per mantenimento dell’Asilo-Giardino che accoglie figli d’operai. L’anno appresso il Sodalizio concorse con una speciale offerta ad alleviare le sofferenze dei colpiti dal morbo asiatico che tanta strage fece a Napoli. Nel 1885 contribuì con una somma alla fondazione in Bologna di un Ricreatorio laico festivo pei fanciulli del popolo, e con altre offerte venne in sollievo dai danneggiati dal terremoto in Ispagna e dei colpiti del colera in Palermo. Nel 1886-87 sottoscrisse N. 4 Azioni emesse dalla Cassa Depositi e Prestiti della Società Operaia di M. S. di Castel S. Pietro dell’Emilia; offrì una somma alla locale Congregazione internazionale di Carità allo scopo di venire in soccorso dei colpiti dal morbo asiatico che nel 1886 infestò la nostra città; sottoscrisse altre 5 Azioni emesse dal Comitato promotore delle Cucine economiche, benefica istituzione che tanti vantaggi arreca alle classi lavoratrici. Finalmente quando in sui primordi del 1887 un Comitato di egregi cittadini si fece promotore di una Esposizione industriale-agricola delle Provincie Emiliane e Romagnole – ora tradotta in splendido fatto – il nostro Sodalizio volle contribuire colle modeste sue forze all’attuazione della nobile idea che ridondava a decoro e profitto della città, sottoscrivendo N. 5 Azioni per l’importo complessivo di L. 300.

Oltre ciò non ha trascurato la Società di far partecipare gli operai del proprio esercizio a quelle forme di previdenza che possono procacciar loro efficacia ed utilità in caso di eventuale bisogno. Così fino dal 1884 avendo il Consiglio d’amministrazione della benemerita Cassa di Risparmio in Bologna invitato il nostro Sodalizio ad approfittare della Assicurazione degli operai contro gli infortuni sul lavoro, questa rappresentanza sociale, compenetrata dei sensibili vantaggi che in confronto alla modica spesa se ne potevano ritrarre, accoglieva favorevolmente l’invito e deliberava assicurare, come infatti fece, tutti gli operai addetti alla Tipografia, facendo sottostare la Società stessa al pagamento dei relativi premi annuali. Inoltre per l’art. 43 dello Statuto vigente tutti gli operai, soci e non soci, che prestano l’opera loro nell’esercizio cooperativo partecipano nella misura di 1/10 e a seconda dei loro guadagni, agli utili che si verificano nei Bilanci annuali dell’azienda. Come a deliberazione presa nell’Assemblea delli 20 aprile 1885, tale dividendo viene ai soci accreditato in conto azioni, mentre ai non soci, cioè ai librai, facchini, inservienti ecc. viene corrisposto in numerario dopo l’approvazione dei Bilanci superiormente accennati. Ed ora torniamo all’esercizio sociale. La produzione della Tipografia si può dire onniforme eseguendovisi qualunque sorta di lavoro, dal volume in foglio al minuto biglietto da visita, dal giornale quotidiano al più semplice modulo commerciale; però per la massima parte è costituita dai molteplici lavori così detti in termine tecnico di bagatellame, vale a dire degli svariati lavori per uso di Amministrazioni pubbliche e private, Banche di credito, Società operaie, case commissionarie, commerciali ecc. ecc. Presentemente escono dalla officina sociale non poche pubblicazioni periodiche, fra le quali menzioniamo: Il Resto del Carlino, giornale politico quotidiano. L’Università, Rivista della istruzione superiore (64 pag.) quindicinale. La Battaglia Bizantina, scientifica-letteraria settimanale. Il Vigile Italiano, organo dei Pompieri italiani, quindicinale. L’Ehi ch’al scusa… umoristico, settimanale. Nouvelle Revue Electro-Homéopathique, quindicnale. Ha poi in corso di stampa due Volumi della colossale opera intitolata: Digesto Italiano, edita dalla Unione tipografica Torinese, la quale volle a noi gentilmente affidarli, sotto la direzione del valente prof. Cav. Luigi Lucchini della nostra Università.

Assortita delle più recenti novità in fatto di fregi, contorni, ecc. di reputate fonderie nazionali ed estere, la Tipografia ha fatto una sua specialità dei lavori a fantasia e in cromotipia, quali Biglietti d’indirizzo, Fatture, Listini, Cambiali, Vignette, Azioni di credito, ecc. ecc. che oggigiorno tanta parte hanno nelle esigenze della vita commerciale, e alcuni dei quali figurano nella modesta, incompleta, anzi raccogliticcia mostra da noi fatta. I prodotti da noi esposti rappresentano in gran parte la produzione giornaliera, quale a noi viene commessa da chi ci onora di sue ordinazioni. Nessun lavoro speciale venne stampato. L’ultima pubblicazione (eseguita in poco più di 15 giorni), della quale la Società si è fatta editrice per rendere essa pure omaggio alle Feste Centenarie del nostro glorioso Ateneo, è quella intitolata: Scripta anecdota antiquissorum glossatorum curata dall’Avv. G. B. Palmieri. Abbiamo fiducia che questo primo volume di una Biblioteca giuridica del medio-evo, che tanto interessa gli studiosi e che è diretta dal valente Prof. Augusto Gaudenzi, sia presto susseguito da altri.

La Società, assorbita nei lavori di preparazione e di assetto della propria amministrazione, non potè concorrere alle mostre nazionali di Milano e Torino. Modestamente concorse alla Esposizione operaia che per iniziativa della Fraternità di G. N. Pepoli ebbe in luogo a Bologna nel 1886, meritandosi una medaglia dal Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio. Parimenti ottenne un Diploma di benemerenza all’Esposizione delle Arti Grafiche che venne tenuta a Milano nel 1887, nella quale furono premiati due suoi operai, una con medaglia d’oro (l’unica assegnata al ramo compositori) e l’altro con medaglia di bronzo. I soci al presente assommano ad una settantina circa, e, meno uno, appartengono tutti alla classe tipografica (compositori ed impressori). Gli appartenenti alle arti affini, quali i litografi, fonditori di caratteri ecc. che fin dall’inizio del sodalizio si iscrissero nei ruoli sociali, sonosi a poco a poco dimessi. E il motivo ne è semplice, se non del tutto giustificato. Sebbene lo statuto vigente dica che la Società oltre che esercitare l’arte tipografica può anche estendere le sue operazioni alla stereotipia, alla litografia ed alla fonderia di caratteri, pur tuttavia, vuoi per le condizioni speciali della piazza, vuoi per quelle economiche del sodalizio, non è stato fin qui possibile pensare alla introduzione di codesti rami ausiliari della nostr’arte. Ciò ha influito a far uscire dalla nostra Società gli appartenenti alle arti affini ed a farvi rientrare in quella vece più numerosi gli operai tipografi. Cionompertanto abbiamo tutta la fiducia che in un tempo più o meno prossimo anche la nostra società cooperativa possa, a somiglianza di congeneri stabilimenti delle principali città, attivare nel proprio esercizio qualcuna delle professioni anzidette, che sono corollario efficace per una completa e più attiva economica produzione. A dimostrare il graduale incremento preso dalla nostra Società dall’epoca del suo riconoscimento a tutt’oggi, riportiamo uno specchio statistico che desumiamo dai Bilanci annuali dell’azienda. Abbiamo preso come punto di partenza l’anno 1880, come quello in cui la società stessa entrò in un nuovo e più decisivo periodo di vita e sviluppo industriale.

Gli è quindi con un senso di vera soddisfazione che oggi, dopo tante traversie felicemente superate, noi riguardiamo il passato burrascoso, e confrontando la modesta cifra di L. 1200, ammontare del materiale esistente nella modesta tipografia di via delle Grade all’atto dell’acquisto, con quello di L. 89,159.43, valuta di quello esistente alla fine del 1887, noi possiamo compiacerci altamente del costante favore che fin qui ci ha assistiti, e vieppiù confortati della produzione che dal 1880 in poi si è quasi quadruplicata e che tende ognora ad aumentare, ne trarremo auspicio per migliorare ancora per quanto possibile l’Ente cooperativo, dedicandovi sempre ogni assidua cura e pensiero acciò risponda al duplice scopo pel quale venne istituito: di giovare cioè agli interessi della classe e all’incremento dell’arte della stampa.

Bologna, 1° Agosto 1888. Pel Consiglio d’Amministrazione Il Presidente Cesare Ratta, Estensore. Il Segretario Alessandro Cazzoli.