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Autoritratto come santina

1658

Schede

Sulla base di una scritta ottocentesca sul retro della tela, il quadretto è stato riconosciuto come il frammento superstite dell’autoritratto di Elisabetta Sirani, in origine collocato sul lato sinistro del grande Battesimo di Cristo. Se ne trova memoria nella Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, tramandata attraverso la trascrizione uscita alle stampe nella Felsina Pittrice e ricopiata “di parola in parola”, a quanto ne scrive lo stesso Malvasia, da un libro della pittrice, avuto in dono, dopo l’improvvisa morte di lei, dal padre Giovanni Andrea Sirani. Sotto l’anno 1658, la giovane artista, allora ventenne, elenca: “Un quadro grandissimo per li Padri della Certosa, entro il quale vi è il Battezzo di Christo nel Giordano: e le due Santine che vanno dalle bande in sua compagnia, e in una di queste è il mio ritratto, cioè quella che guarda al Cielo”.

Il 1658 è un anno cruciale per Elisabetta che si cimenta giovanissima in un’opera monumentale, destinata alla fruizione pubblica e voluta da una committenza di grande autorevolezza. Sempre nel 1658, giusto il 22 gennaio, cade il più antico elogio rivolto ad Elisabetta: si trova nella lettera spedita a Firenze, a Leopoldo de’ Medici, dal bolognese Bonaventura Bisi (1601-1659), frate francescano abile nel miniare e perciò detto il Padre Pittorino. Bisi era reputato per il suo fiuto artistico e corrispondeva con le corti dei Medici e degli Este: la sua lode facilitava l’affermazione professionale dell’esordiente pittrice sul competitivo mercato dell’arte. Entro questo orizzonte è da credere che il giovanile autoritratto – l’unico che l’artista stessa nomini – abbia molto significato. Elisabetta deve dare un’immagine di sé agli altri ed è cosciente di non poter sbagliare. Si sa che l’autoritratto, prima di essere tagliato e ridotto a modesto frammento tutto ridipinto, misurava cm 220x76 ed era a figura intera. Quel che ne rimane è un’effigie femminile, a mezzo busto, con il velo e il soggolo monacali, gli occhi alzati al cielo. La via scelta da Elisabetta sembra quella della modestia: nasconde i capelli, si atteggia contrita e “guarda al Cielo”, quasi che la pittura discendesse in dono da Dio. Non fu per lei una via facile da trovare, se si presta fede all’appunto del Malvasia, che racconta: “la Sirana […] ritrasse se stessa, ma colorendo un’altra testa di vecchia sulla carta ed attaccandovela sopra, la fece vedere in tal guisa a Padri che si dolsero di cera così cattiva, quando, promesso loro d’accomodarla per il doppo pranzo la fece loro vedere”. L’autoritratto della Sirani-Santina rimase appeso nella chiesa della Certosa per quasi centocinquant’anni.

Il suo posto è attualmente occupato da un beato Vincenzo certosino che si è proposto di attribuire al misterioso padre Marco Veneziano. È rimasta invece, nella sua originaria sede in Certosa, tutta intera anche se malconcia, l’altra Santina. Reca in basso un’iscrizione latina, a caratteri capitali su tre righe, che recita: “B.ROSSELINA POST V SAECULA INTE / RA VISITUR OCULI EIUS IN PIXIDE AS / SERVATI LUMINE FERIUNT MIRABILI CLARA”. Ne deriva per la “Santina” l’identità di Beata Roselina, si è informati che fu ritrovata, dopo cinque secoli, integra (cioè con il corpo incorrotto, segno primario di santità) e si precisa come una pisside l’oggetto tra le sue mani verso cui fissa gli occhi. Si tratta senza dubbio della certosina provenzale Rosellina de Villeneuve (1263-1329) che conobbe nell’Ottocento un nuovo fervore di culto, anche a seguito del miracoloso ritrovamento del suo corpo incorrotto, nel 1835. Quello, probabilmente, che la scritta di Bologna ricorda. Una Santa che anche il Viani raffigurò, ancora per i Certosini.

Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 - ivi, 1665), Autoritratto come santina, 1658, tela, cm 50,5 x 38. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 57. Provenienza: Chiesa di san Girolamo della Certosa di Bologna, cappella di san Girolamo.

Angela Ghirardi

Dalla scheda in Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale. 3. Guido Reni e il Seicento, Venezia, 2006. Pubblicato in Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010. © Pinacoteca Nazionale di Bologna.