Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano

Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano

1870

Scheda

Luigi Serra (Bologna, 1846 - ivi, 1888), Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano, concerta la fuga con certo Zanese parolaio, 1870. Ubicazione: Bologna, Collegio Artistico Venturoli. “[...] ho cercato nella storia di Bologna, se non un fatto di grande gesta, ma per quanto lo permetteranno le mie forze e la capacità della tela, almeno un episodio che qualificasse un’epoca e richiamasse alla mente non un solo fatto, ma le gesta di famiglie illustri della nostra patria”. Così scrive da Roma Luigi Serra il 9 novembre del 1869 agli amministratori del Collegio Venturoli, rendendo conto del soggetto scelto per il suo saggio a conclusione del pensionato Angiolini. Si tratta, come scrive lui stesso, di Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano, concerta la fuga con certo Zanese parolaio, un soggetto preso dallo storico Pompeo Vezzani. Della vicenda Serra sceglie un momento tutt’altro che eroico: “L’assunto mio è questo. In ristretto carcere, coricato su umile giaciglio, Annibale Bentivoglio con un braccio appoggiato alla gamba, si fa schermo all’uscio, ove potria essere veduto, e dando un [sic] occhiata per assicurarsi di non essere spiato, rivolge al Zanese, un ragionamento per piegarlo a soccorrerlo nella fuga, il Parolaio finge essere inteso ad una mossa difficile dello scacco, invece è tutt’orecchi al discorso d’Annibale”. Del primo abbozzo inviato insieme alla lettera Serra chiede che gli “[...] si scusi la non giustezza di costumi, del carattere delle figure, e della verità della scena, perché non ho consultato il vero, curandomi solo del concetto”. Giulio Cesare Ferrari, commentando le scelte di Serra e Faccioli per il saggio di Pensionato, scrive: “L’altro [bozzetto n.d.r] di Serra riesce più originale e più pittoresco. V’è novità nell’effetto; nessuna ricercatezza nella composizione; e nell’atteggiamento delle figure, quanto basta per mostrare che non è certamente la partita a scacchi quella che preoccupa di più i due giocatori: e anche più direi che s’indovina meditano qualcosa di straordinario.” e intercede: “la forma è un po’ troppo negletta; la qual cosa se non si richiede in un bozzetto, è perché non è indispensabile”. Quel che è già presente ed indispensabile è il forte effetto di chiaroscuro: “Ho illuminata la scena di sotto in su per trovarvi un effetto nuovo e gradevole”, scrive Serra. Questo nuovo modo per Serra di impiegare la luce per Claudio Poppi rappresenta, in primo luogo, il raggiungimento della “piena padronanza tecnica dell’artista” e la sua tensione alla ricerca del “vero”, mai risolta in una pratica definitiva. L’impiego di un’illuminazione fortemente contrastata e di una stesura ricca di tinte scure è ricondotta, sempre da Poppi, anche a un’influenza della Roma artistica in cui Serra viveva, quella cioè di Mariano Fortuny y Marsal (1838 - 1874) e di Henri Regnault (1843 - 1871). Il dipinto, portato all’Esposizione Nazionale di Parma nel 1870, susciterà l’attenzione della critica, e proprio per l’impiego di questo forte effetto di contrasto sarà accostato, anche se in senso peggiorativo, alle opere di Cesare Maccari (1840 - 1919) che sono dette di “scuola spagnuola moderna” e fatte “con molto azzardo”. Si legge anche: “Badi però il Maccari che egli si trova su una strada sdrucciolevole in fondo alla quale vi è il precipizio, in cui è caduto il signor Serra col suo Bentivoglio prigioniero, torni indietro: egli lo può” (“Il Monitore di Bologna”, 286, XI, 15 ottobre 1870).

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia: Bologna 1983b, p. 217; Giumanini 2000, 196-197, 202; Bologna 2001-2002, pp. 30, 46, 49, tav. a p. 60. Bibliografia e fonti: ASFCVBo, Cartone 69,

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