Salta al contenuto principale Skip to footer content

Anfitrite

1833 - 1838

Schede

La piccola statua in terracotta appartenente alle raccolte civiche forlivesi proviene dalla collezione di Carlo Piancastelli. Sul retro della base compaiono due scritte incise con la stecca nella creta ancora fresca: a sinistra “Anfitrite”, a destra “Baruzzi in Campagna fc 1833”. Grazie ad esse è possibile affermare che il soggetto e la denominazione del gruppo marmoreo, realizzato da Cincinnato Baruzzi nel 1837-1838, furono concepiti alcuni anni prima e quindi che, come spesso avviene in questo periodo, fu lo scultore a guidare il committente nella scelta dell’opera, suggerendogli un tema che aveva già avuto modo di meditare e che attendeva di tradurre in marmo grazie ad una commissione. L’occasione gli si offerse nel 1837, a seguito dell’Esposizione di Brera in cui Baruzzi aveva stupito Milano con la sua Eva.

Tra le numerose commissioni che gli furono affidate in questa occasione il marchese Giorgio Raimondi di Milano lo incaricò di realizzare per lui una Anfitrite che va sposa a Nettuno, impegnandosi a pagarla 300 luigi (BCABo FSCB). La realizzazione del gruppo si colloca nei mesi successivi e nel febbraio 1838 la scultura era a buon punto, tanto che a questa data si passava dalla plastica, che aveva richiesto molto tempo, al marmo. La statua farà parte della serie di sculture che Baruzzi invierà a Milano, all’esposizione del settembre 1838, assieme alla seconda versione dell’Eva, al busto di Gioachino Rossini e alla Sposa del Cantico dei Cantici. L’Anfitrite piacque ai critici per la raffinata tecnica di lavorazione del marmo e per la complessità della concezione. Attualmente dispersa assieme al gesso preparatorio, ricordato all’interno della villa di Baruzzi sia nell’inventario del 1873 che in quello notarile del 1878 (ASCBo), la statua è documentata al momento solo dal fresco bozzetto di Forlì, che ne restituisce l’aspetto, e da alcuni rapidi schizzi nel carteggio Baruzzi (BCABo FSCB). Anfitrite condotta sposa a Nettuno è seduta sulla groppa di un delfino che ricalca la tipologia classica che lo vede affiancato alla Venere dei Medici. La divinità tiene le braccia aperte, a trattenere a destra un puttino alato che siede a sua volta a cavalcioni della testa del cetaceo e accoglie con la sinistra Imeneo, anch’esso in forma di puttino alato, che alza il volto verso Anfitrite e tiene nella mano sinistra una face accesa. La dea china su di lui il bel profilo classico; i capelli sono raccolti dietro il capo e sulla fronte è posta una tiara.

Il nudo, ripreso dalla tradizione classica, è panneggiato attorno ai fianchi dove si raccoglie in un grande nodo globulare presente in altre opere di Baruzzi, per esempio la Psiche. Il tessuto aderisce alle gambe della figura che ripiega sotto di sé le ginocchia, protendendo in avanti il piede sinistro, a rompere la superficie increspata del mare. Si tratta di un tema molto complesso il cui rischio maggiore consisteva nella dispersione degli stimoli visivi che, per quanto ben articolati in un percorso circolare, rischiavano, in una applicazione minuziosa dei dettagli, di cadere in un eccessivo descrittivismo. La statuetta di Forlì presenta numerose lacune; nella gamba di Imeneo, troncata a metà della coscia, nel piede sinistro mancante e nella gamba destra dell’amorino, di cui rimane solo un frammento. Manca anche la mano destra di Imeneo. Allo stesso soggetto Baruzzi aveva pensato di ricorrere in occasione dell’Esposizione londinese del 1851, ritenendolo particolarmente adatto a destare l’interesse di un paese il cui ruolo era posto a quell’epoca in gran parte sul mare, ma nì poi per concentrarsi su altri temi.

Terracotta, tuttotondo, bozzetto 34 x 21,5 cm. Forlì, Musei Civici, collezione Piancastelli, inv. 105.

Antonella Mampieri

Testo tratto da: A. Mampieri, Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878), Bononia University Press, 2014. Fonti: ASBo, Legazione e Prefettura di Bologna, 1838, Tit. XIII, Rub. 7; ASCBo, Eredità Baruzzi; BCABo FSCB 9, 10, 11, 17, 27, 28, 39, 64; BCFo FP 541.79 e 79b. BibliografiaEsposizione di Belle Arti nell’Imperial Regio Palazzo di Brera, in Milano, in “Biblioteca Italiana”, t. XCI, XXIII, 1838, pp. 129-131; “La Moda”, n. 75, 17 settembre 1838; G.C. CERCHIARI, Ristretto storico della città d’Imola, Bologna 1847, p. 202; Catalogo delle opere di scoltura eseguite in marmo dal prof. cav. Cincinnato Baruzzi a tutto l’anno 1859, Bologna 1860; C. MASINI, Dell’arte e principali artisti… in Bologna dal 1777 al 1862, Bologna 1862, p. 19; G. MAZZINI, Cincinnato Baruzzi. La vita, il tempo, le opere, Imola 1949, p. 68; Mostra degli artisti romagnoli dell’Ottocento, Faenza 1955, p. 22, n. 60; C. FIORELLI, Un contributo alla rivisitazione dell’attività artistica di Cincinnato Baruzzi (1706-1878), in “Strenna Storica Bolognese”, LII, 2002, pp. 223-246; G. VIROLI, Scultura dal Duecento al Novecento a Forlì, Milano 2003, p. 196; L. SIGHINOLFI, La vita e le opere di Cincinnato Baruzzi, in Uno scultore neoclassico a Bologna tra Restaurazione e Risorgimento, a cura di C. Maldini, Bologna 2006, p. 324; A. IMOLESI POZZI, Cincinnato Baruzzi. Opere e documenti inediti nelle raccolte Piancastelli di Forlì, in “La Piè”, LXXIX, n. 4, luglio-agosto 2010, pp. 154-157.