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Antonio Aldini

27 Novembre 1755 - 30 Settembre 1826

Scheda

Nato a Bologna nel 1755 e nipote di Luigi Galvani, Antonio Aldini, dopo la laurea in utroque iure (1773) iniziò una brillante carriera universitaria, unendo alla vastità del sapere un’abilità politica ed economica sorprendenti. Convinto assertore delle “nuove idee”, assunse la difesa dei rivoluzionari Zamboni e De Rolandis, ma seppe coniugare perfettamente le proprie convinzioni con il proprio interesse. Quando l’arrivo del generale Bonaparte pose fine al dominio pontificio (giugno 1796), pur sapendo quanto fosse anacronistico il sogno di restaurare l’antica libertas, accettò di andare a Parigi a perorare la causa della propria città. Dotato di grande intuito politico, decise ben presto di riferirsi direttamente a Bonaparte. Come presidente del primo Congresso Cispadano fece prevalere il principio di un’unione federale su quello municipalistico e successivamente sostenne l’unione con la Repubblica Cisalpina. Nel frattempo, svolse un ruolo fondamentale nella stesura della Costituzione bolognese (mai entrata in vigore) e nella ristrutturazione del Palazzo Pubblico come sede del Governo Cispadano, mantenendo una notevolissima abilità di destreggiarsi tra i diversi orientamenti (1796-1797). Ebbe un ruolo fondamentale nella soppressione degli istituti religiosi, e grazie alla vendita forzata dei loro beni in poco tempo accumulò un enorme patrimonio, come fecero molti esponenti dell’élite cittadina. A differenza di altri, però, alle spregiudicate speculazioni unì una notevole capacità imprenditoriale, riorganizzando i terreni acquisiti in grandi unità produttive, in cui fu introdotta la coltivazione intensiva del riso e della canapa.

Nel 1798 si oppose alla ratifica dell’alleanza con la Francia e tornò nell’ombra finché, dopo la reazione austro-russa, l’astro di Napoleone tornò a brillare. Dopo avere svolto un ruolo di rilievo ai Comizi di Lione (1802), si urtò con l’altro grande politico italiano, il milanese Melzi d’Eril e venne nuovamente messo da parte. A differenza di questi, però, Aldini non cercò mai spazi di potere politico autonomo e proprio per questo l’Imperatore seppe vedere in lui l’uomo giusto per ricoprire la carica di Segretario di Stato (29 giugno 1805). Consigliere discreto, sincero e ascoltato per le cose d’Italia, Aldini, pur risiedendo a Parigi, non trascurò la propria città, che in quegli anni si dotò dei viali alberati di circonvallazione, del pubblico giardino, e la cui Università divenne, con Pavia, la più importante del Regno. Ugualmente attese alla cura del proprio patrimonio, del Palazzo in Strada Maggiore, della grande villa che volle edificare, al posto dell’antico Santuario della Madonna del Monte, come alloggio degno di ospitare Napoleone se fosse tornato a Bologna. Ma l’opera era destinata a rimanere incompiuta, e gli stessi incidenti che accaddero durante i lavori furono interpretati come un segno della collera divina. Triste destino ebbe anche la sontuosa residenza che si era fatto sistemare dal 1811 fuori Parigi, a Montmorency, in cui vi operararono artisti di primo piano, quali il pittore Felice Giani. Dopo la disfatta di Waterloo la residenza fu preda degli eserciti vittoriosi e l'edificio fu definitivamente demolito nel 1818.

Con la caduta di Napoleone anche la fortuna politica ed economica di Aldini declinò rapidamente. Al Congresso di Vienna rappresentò la città di Bologna e propose a Metternich un progetto di autonomia delle Legazioni nell’ambito dell’Impero asburgico. Negli anni successivi visse in disparte, amministrando i suoi beni e svolgendo alcuni incarichi conferitigli dal Governo pontificio. Morì a Pavia nel 1826 e fu sepolto in Certosa, al Famedio degli uomini illustri. Appena un anno dopo il suo busto in marmo veniva collocato nella sala del Pantheon. Un calco in gesso del ritratto è conservato presso il Museo del Risorgimento. Un destino meritato perché nei suoi tempi Aldini fu il personaggio più significativo non soltanto di Bologna, ma forse d’Italia.

Otello Sangiorgi