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Ospedale psichiatrico provinciale “Francesco Roncati” tra il 1915 e il 1918

1867 | 1919

Di rilevanza storica

Schede

Gli anni di inizio secolo | L'Ospedale psichiatrico provinciale di Bologna venne fondato nel 1867 da Francesco Roncati, che ne fu il primo direttore, e a cui la struttura venne intitolata nel 1906. Dopo la breve parentesi direttiva di Giuseppe Peli, nel 1908 subentrò come responsabile della struttura Raffaele Brugia, che nel 1915 era anche presidente dell'Associazione fra i Medici dei Manicomi italiani. Brugia fu una delle poche voci che azzardarono critiche all'organizzazione neuropsichiatrica bellica: in una lettera ad Augusto Tamburini, presidente della Società Freniatrica Italiana nonché consulente psichiatrico per il Ministero della Guerra, Brugia giudicò insufficiente l'organizzazione del servizio psichiatrico e lamentò che non erano affidate agli alienisti militari né la prima cura né l'osservazione dei pazienti, fattori da aggiungere alla scarsità di servizi psichiatrici per militari alienati nelle vicinanze delle prime linee. Il ruolo dei consulenti psichiatrici era poi vago e mal definito con conseguenti risultati incerti. Alle critiche Tamburini rispose sottolineando il lavoro fatto ed esponendo i progetti per il futuro, ma un anno dopo Enrico Morselli, padre di Arturo, consulente psichiatrico per la prima Armata, sottolineò nuovamente le carenze del servizio psichiatrico in relazione alla scarsità di personale e a inefficienze nell'organizzazione del servizio nelle prime linee.

Gli anni della guerra | Con il progressivo richiamo al fronte di medici e infermieri, sempre più ospedali risentirono della carenza di personale; il manicomio bolognese non fece eccezione. Nell'ottobre del 1915 erano già tre i medici del Roncati richiamati o partiti volontari, cinque gli imolesi. Ciò che appare immediatamente chiaro dalle carte dell'amministrazione provinciale è l'interesse per il lato economico di queste partenze: viste le difficoltà nel reperimento di medici, i posti rimanevano per la gran parte vacanti. Ancora nell'autunno del 1915 l'amministrazione elaborava un documento contenente l'elenco di tutto il personale manicomiale, compreso quello di Imola, prestante servizio sotto le armi con grado di ufficiale o sottufficiale. Il documento era completo delle mansioni ricoperte in manicomio, del grado militare, del salario percepito da civili e di quello percepito da militari. In alcuni casi il passaggio alla vita militare significò un calo, a volte anche molto consistente, della retribuzione e un inquadramento nei gradi militari che poteva non equivalere al prestigio e alla responsabilità della professione condotta da civili. Sorprendentemente in sei casi gli impiegati provinciali una volta entrati nell'esercito ottennero un trattamento economico migliore. Il Roncati perse tre medici ma nonostante l'ormai cronico sovraffollamento fu assunto solamente un medico sostituto, il dott. Ennio Bianchi. All'origine di tale scelta vi furono probabilmente ragioni pratiche: il difficile reperimento di dottori, ragioni economiche e anche ragioni interne all'istituto. Secondo l'amministrazione provinciale né l'ospedale bolognese né quello imolese avevano risentito della situazione, anche grazie allo sforzo di alcuni dei medici arruolati che erano stati evidentemente assegnati ad ospedali militari nelle retrovie e che pertanto riuscivano a frequentare i due manicomi quel tanto che bastava a fornire un'assistenza accettabile.

L'andamento dei ricoveri | Durante tutta la durata della guerra l'ospedale psichiatrico conobbe una crescita continua: nel gennaio del 1915 la struttura ospitava 567 pazienti, che nello stesso mese del 1916 erano saliti a 588, per poi assestarsi durante i mesi successivi intorno ai 630 ricoverati. Ma non si trattava solo di ricoveri maschili. Infatti la crescita delle ammissioni femminili, verificata in molti altri istituti nel paese, registrava una crescita di patologie connesse alla guerra: la partenza di figli e mariti per il fronte, la morte o il ferimento di un congiunto e le difficoltà economiche erano i fattori scatenanti l'insorgenza di patologie quali l'amenza e la melanconia, benché si ritenesse che la caduta nella malattia avvenisse solo in soggetti già predisposti, o per fattori ereditari. Il lutto, la solitudine e le difficoltà quotidiane erano, secondo queste teorie, causa di crolli psicofisici solo in donne già predisposte, che probabilmente sarebbero cadute nella malattia in ogni caso.All'aumento dei ricoveri femminili durante i primi due anni del conflitto si accompagnò una diminuzione delle entrate maschili in ospedale: nel 1915 su 334 ammissioni 211 furono di uomini, l'anno successivo su 296 entrate, 164 furono maschili. Nei due anni successivi la percentuale cominciò a salire gradualmente: nel 1917 ci furono tre ammissioni maschili in più mentre nel 1918 ci fu un rialzo più consistente. In sintesi, il conflitto si portò via parte del personale, modificò i flussi di degenti e le patologie che su di essi gravavano, portò modifiche ai bilanci e ai regolamenti, ma più di tutto la guerra del Roncati fu la guerra di ottantanove militari provenienti dal fronte che qui furono ricoverati tra il 1915 e il 1920. Bologna non vide mai l'invasore, non sentì il suono dei cannoni ma accolse ciò che la guerra lasciò alle sue spalle: i profughi e i feriti. Nel caso del Roncati, spesso feriti nella mente più che nel fisico

La “spagnola” al Roncati | Per il 1918 non sono disponibili dati completi ma anche considerando solamente i nove mesi completi si nota una mortalità in netta crescita in particolare nei mesi di ottobre e novembre: la “spagnola” era arrivata all'ospedale Roncati. Il periodo di maggiore virulenza della “signora spagnola” fu tra l'ottobre del 1918 e il febbraio-marzo 1919. Nel mondo furono circa un miliardo le persone contagiate dall'epidemia e tra queste i decessi furono ventuno milioni. Al Roncati la malattia imperversò durante tutto il mese di ottobre e iniziò a scemare il mese successivo. Non si dispone di dati riportanti il numero di pazienti deceduti in conseguenze della malattia ma ci furono quattro morti tra il personale, anch'esso colpito duramente dall'epidemia. Fu particolarmente colpita la sezione femminile e il relativo personale: su quarantacinque infermiere trentadue furono colpite dal morbo contemporaneamente; le colleghe ancora in salute portarono avanti il lavoro e assistettero le compagne malate con l'aiuto di alcune guardarobiere e lavoratrici avventizie. Il comportamento di abnegazione e serietà tenuto dal personale valse loro una menzione d'onore da parte della Deputazione provinciale. (Anna Grillini)

Texto en español. Los primeros años del siglo | El Hospital Psiquiátrico Provincial de Bolonia fue fundado en 1867 por Francesco Roncati, que fue su primer director, y a quien se nombró la estructura en 1906. Tras el breve paréntesis de Giuseppe Peli, en 1908 Raffaele Brugia asumió la dirección de la estructura, quien en 1915 también fue presidente de la Asociación de Médicos de Asilo Italianos. Brugia fue una de las pocas voces que se atrevió a criticar la organización neuropsiquiátrica de guerra: en una carta a Augusto Tamburini, presidente de la Sociedad Freniátrica Italiana y consultor psiquiátrico del Ministerio de Guerra, Brugia juzgó insuficiente la organización del servicio psiquiátrico y se quejó de que no se encomendaba a los militares alienistas ni el primer tratamiento ni la observación de los pacientes, factores que se sumaban a la escasez de servicios psiquiátricos para los soldados alienados en las inmediaciones de las líneas del frente. El papel de los consejeros psiquiátricos era entonces vago y mal definido, con los consiguientes resultados inciertos. Tamburini respondió a las críticas subrayando el trabajo realizado y exponiendo sus planes a futuro, pero un año después Enrico Morselli, padre de Arturo, consultor psiquiátrico del primer Ejército, volvió a subrayar las carencias del servicio psiquiátrico en relación a la escasez de personal e ineficiencias en la organización del servicio en primera línea. Los años de la guerra | Con la llamada progresiva de médicos y enfermeras al frente, cada vez más hospitales sufrieron la escasez de personal; el asilo boloñés no fue una excepción. En octubre de 1915, tres médicos de Roncati ya fueron retirados o se fueron voluntariamente, cinco de Imola. Lo que aparece inmediatamente claro en los documentos de la administración provincial es el interés en el aspecto económico de estas salidas: dadas las dificultades para encontrar médicos, los puestos quedaron en su mayoría vacantes. Todavía en otoño de 1915, la administración redactó un documento que contenía la lista de todo el personal de asilo, incluido el de Imola, sirviendo en el ejército con el grado de oficial o suboficial. El documento estaba completo con los deberes amparados en el asilo, el grado militar, el salario que percibían los civiles y el que percibían los militares. En algunos casos, el paso a la vida militar supuso una caída, a veces incluso muy sustancial, de las retribuciones y una clasificación en grados militares que no podía igualar el prestigio y la responsabilidad de la profesión ejercida por civiles. Sorprendentemente, en seis casos, los empleados provinciales obtuvieron mejores salarios una vez que se unieron al ejército. Roncati perdió a tres médicos pero a pesar del hacinamiento ahora crónico, solo se contrató a un médico suplente, el Dr. Ennio Bianchi. En el origen de esta elección probablemente hubo razones prácticas: la dificultad de encontrar médicos, razones económicas y también razones internas del instituto. Según la administración provincial, ni el hospital boloñés ni el de Imola se habían visto afectados por la situación, también gracias al esfuerzo de algunos de los médicos alistados que evidentemente habían sido destinados a hospitales militares en la retaguardia y que así consiguieron atender a los dos asilos lo suficiente para proporcionar una asistencia aceptable. La tendencia de las hospitalizaciones | A lo largo de la guerra, el hospital psiquiátrico creció de forma constante: en enero de 1915 ingresaron 567 pacientes, en el mismo mes de 1916 el número había aumentado a 588, y en los meses siguientes se estabilizó en torno a los 630. Pero no sólo se trata de admisiones masculinas. De hecho, el aumento de los ingresos femeninos, que se produjo en muchas otras instituciones del país, registró un incremento de las patologías relacionadas con la guerra: la partida de los hijos y maridos al frente, la muerte o lesión de un familiar y las dificultades económicas fueron los factores que desencadenaron la aparición de patologías como la amenaza y la melancolía, aunque se creía que la caída en la enfermedad sólo se producía en sujetos ya predispuestos, o debido a factores hereditarios. El luto, la soledad y las dificultades cotidianas eran, según estas teorías, la causa del colapso psicofísico sólo en las mujeres que ya estaban predispuestas, y que probablemente habrían caído en la enfermedad en cualquier caso. El aumento de los ingresos femeninos durante los dos primeros años del conflicto fue acompañado por una disminución de los ingresos masculinos en el hospital: en 1915 de 334 ingresos 211 eran hombres, al año siguiente de 296 ingresos 164 eran hombres. En los dos años siguientes, el porcentaje comenzó a aumentar gradualmente: en 1917 hubo tres admisiones masculinas más, mientras que en 1918 hubo un aumento más sustancial. En resumen, la guerra se llevó parte del personal, cambió el flujo de pacientes y las patologías de las que sufrían, trajo consigo cambios en los presupuestos y en los reglamentos, pero sobre todo la guerra de Roncati fue la guerra de 89 soldados del frente que ingresaron aquí entre 1915 y 1920. Bolonia nunca vio al invasor, nunca escuchó el sonido de los cañones, pero acogió lo que la guerra dejó atrás: refugiados y heridos. En el caso del Roncati, más heridos en la mente que en el cuerpo. La gripe "española" en el Roncati | Para 1918 no se dispone de datos completos, pero incluso si sólo se tienen en cuenta los nueve meses completos, la tasa de mortalidad aumenta considerablemente, especialmente en octubre y noviembre: la "gripe española" había llegado al hospital de Roncati. El periodo de mayor virulencia de la "gripe española" fue entre octubre de 1918 y febrero-marzo de 1919. Alrededor de mil millones de personas en el mundo fueron infectadas por la epidemia, de las cuales 21 millones murieron. En Roncati, la enfermedad se desató durante todo el mes de octubre y comenzó a remitir al mes siguiente. No hay registros del número de pacientes que murieron como consecuencia de la enfermedad, pero hubo cuatro muertes entre el personal, que también se vio muy afectado por la epidemia. La sección femenina y su personal se vieron especialmente afectados: de cuarenta y cinco enfermeras, treinta y dos se enfermaron al mismo tiempo a causa de la enfermedad; las compañeras que aún estaban sanas siguieron con su trabajo y asistieron a sus colegas enfermas con la ayuda de algunos camilleros y trabajadores ocasionales. La abnegación y la seriedad del personal les valió una mención de honor de la Diputación Provincial. (Traduzione di Irene Guberti, in collaborazione con il Liceo Linguistico Internazionale C. Boldrini di Bologna, marzo 2022).