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Notizie sul nemico alla vigilia di Caporetto

Settembre - Ottobre 1917

Schede

Fin dai primi giorni del settembre 1917 pervennero al Comando Supremo italiano voci relative ad una probabile offensiva nemica, confermate da prigionieri austriaci catturati sulla Bainsizza, che parlavano di una offensiva tra il San Gabriele e il monte Santo, nella zona goriziana.
Verso metà settembre altre informazioni furono date da disertori e prigionieri che indicarono come data probabile il 20 o il 25 del mese in corso. Il 14 settembre l’Austria chiuse la frontiera con la Svizzera; nei giorni seguenti furono osservati concentramenti di truppe bavaresi nel Trentino e trasferimenti di reparti verso destinazione sconosciuta. Il 18 settembre Luigi Cadorna, preoccupato dalle notizie sempre più insistenti, mandò un ordine ai comandanti della 2° e 3° armata perché si passasse dalla fase offensiva a quella difensiva, concentrandosi sulla difesa ad oltranza e predisponendo le artiglierie a tale nuova fase.
Il 25 settembre, gli uomini del servizio informazioni italiano, presso Berna, captarono e trasmisero segnalazioni di una probabile offensiva nemica che si sarebbe concretata a dal 3 ottobre. Quale fosse l’entità dello sforzo e gli obiettivi da conquistare era difficile precisare; tuttavia per il nostro Comando Supremo era probabile un tentativo contro le linee del medio Isonzo per riconquistare l’altipiano della Bainsizza, oltre ad operazioni locali per migliorare la difesa e ad una azione nel Trentino a scopo diversivo. L’apporto di truppe germaniche era considerato molto limitato.
La sera del 6 ottobre le forze nemiche in linea risultavano di 43 divisioni contro la 3° armata e 18 divisioni sul fronte della 2° armata; nelle retrovie fu segnalato l’arrivo della 12° divisione slesiana e di due divisioni austro-ungariche dal fronte russo.
Il 9 e 10 ottobre l’ufficio informazioni italiano, esaminata la situazione, concluse che per l’ultima decade di ottobre si poteva pensare ad una offensiva nemica la cui portata non era al momento prevedibile.
Cadorna prese molto sul serio la segnalazione del servizio informazioni del 10 ottobre, tanto che mandò una lettera al comando della 2° armata con oggetto “Offensiva nemica”, in cui si ricordava come la difesa della 1° linea doveva essere affidata a reparti con mitragliatrici e al tiro di sbarramento e interdizione delle artiglierie, mantenendo la fanteria in posizione di 2° linea. Davanti a Tolmino il XXVII Corpo aveva disposizione di mantenere la maggior parte delle sue forze sulla sponda destra dell’Isonzo, mentre dalla Bainsizza andavano ritirati i cannoni di medio calibro. L’artiglieria pesante avrebbe dovuto controbattere quella nemica, dirigendo poi il tiro sui concentramenti di truppe per disorganizzarne l’attacco.
Quelle di Cadorna erano direttive generali, mentre l’azione esecutiva rimaneva di pertinenza dei comandanti delle armate. Per il Comando Supremo italiano lo schieramento di artiglierie della 2° armata, pari a 2430 cannoni di vario calibro e 1134 bombarde era da considerarsi sufficiente per fermare qualsiasi offensiva nemica.
La sera del 13 ottobre la situazione delle forze contrapposte sull’Isonzo non risultò sostanzialmente differente da quella del giorno 6; tuttavia altre voci e testimonianze di prigionieri austriaci indicarono come data per l’offensiva nemica i giorni tra il 16 e il 20 ottobre. Il 17 ottobre aviatori italiani segnalarono grossi movimenti di truppe nelle retrovie austriache.
Cadorna fece ritorno al quartier generale di Udine il giorno 19 e nel pomeriggio ebbe un colloquio col generale Luigi Capello, comandante della 2° armata; per Cadorna le idee espresse da Capello su una fase difensiva a cui far seguire una controffensiva su larga scala non tenevano conto delle reali forze in campo. Il giorno dopo il Comando Supremo emanò un ordine diretto al comandante della 2° armata nel quale si ribadiva di abbandonare ogni idea di controffensiva immediata; andavano invece organizzati piani per una difesa attiva e contrattacchi tesi ad attanagliare le truppe nemiche, su scala locale e contenuti entro un raggio tattico per non sguarnire la difesa.
Il 21 ottobre due ufficiali di nazionalità romena disertarono portandosi appresso copie dei piani per l’attacco alle linee italiane del Mrzli e monte Pleka. Essi davano per sicura una azione offensiva da Plezzo al mare Adriatico.
Il 23 ottobre Cadorna si recò personalmente a parlare col comandante del XXVII Corpo, generale Pietro Badoglio; dal colloquio emersero solo note positive sulla disposizione delle artiglierie e sul morale delle truppe. Quello stesso giorno, nelle retrovie nemiche fu segnalata la presenza dell’Alpenkorps germanico, e della 5° e 26° divisione.
Il 24 ottobre 1917, alle 2 del mattino, l’artiglieria nemica aprì un fuoco di distruzione su tutto il fronte dell’Isonzo, e alle ore 16 reparti della 12° divisione slesiana, sfondate le linee tenute da truppe del XXVII Corpo, entrarono a Caporetto. Era cominciato il calvario della ritirata al Tagliamento e poi al Piave.
Paolo Antolini

Bibliografia: Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulla linea della Piave e del Grappa : 24 maggio 1915-9 novembre 1917, Milano, Treves, 1921.