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Leonella Nasi

17 Gennaio 1889 - 21 Maggio 1975

Scheda

Una nota cartolina pubblicitaria della metà degli anni Venti raffigura una bella donna, in posa ammiccante, vestita con un corpetto rosso e un gonnellino composto da lunghe calze colorate e svolazzanti: sono le «Calze al Modernissimo ». La cartolina, stampata da Arti Grafiche Minarelli, recita «le calze si comprano al MODERNISSIMO (casa di fiducia) – Le migliori qualità a prezzi di fabbrica» e di seguito vengono appuntati il riferimento telefonico e l’indirizzo, «Bologna – Ang. Re Enzo – Via Rizzoli – TELEF. 23-075». Un’immagine che diventò il simbolo dell’esercizio di rivendita di calze e filati della ditta Arieti, in attività a Bologna per sessantasette anni, e che presenta, in alto a destra, la dicitura «Nasi». Risulta chiaro il riferimento alla performer di colore Josephine Baker, che nel novembre del 1926 impressionò il pubblico al Folies Bergère di Parigi con un ballo folle ed erotico, indossando una gonnellina fatta di banane realizzata da Paul Seltenhammer.

L’artista descrisse, con uno stile grafico fluente, una giovane donna filiforme, estremamente sensuale, con il mento appoggiato sul polso, lunghe ciglia folte e collo fino, una bellezza anni Venti che snobba lo spettatore dedicandogli solamente il profilo, ma che si rivela infine leggera e spiritosa, nell’atto di roteare, con l’altra esile mano, il gonnellino di calze gialle, verdi, viola e salmone. Si tratta di una illustrazione estremamente nota tra i manifesti pubblicitari bolognesi del periodo, e la cartolina si trova tuttora sul mercato, risultando ancora oggi molto apprezzata tra i collezionisti del settore. L’immagine fu pubblicata per la prima volta in Bologna nelle sue cartoline e successivamente nel volume di Roversi del 1987, infine comparve nel Catalogo degli illustratori di cartoline italiane di Furio Arrasich, il primo ad ascriverla a Leonella Nasi, aprendo così la strada ai collezionisti che attualmente la propongono sul mercato. L’attribuzione all’artista in effetti si basa sulla firma che appare in alto a destra, tuttavia è d’obbligo segnalare che, in seguito a tale studio, è emerso che la donna di fatto firmò le proprie illustrazioni unicamente con la dicitura «Leonella» seguita dall’anno in cui l’opera era stata eseguita, e che viceversa la firma «Nasi» non comparì mai. Recentemente è stato possibile rintracciare lo splendido cartone preparatorio del manifesto, che viene ora pubblicato per la prima volta, dove tuttavia non compare nessuna firma a sostegno delle tesi attributive, ma che è utile per un confronto stilistico con altre sue illustrazioni realizzate durante la sua lunga attività. La carriera professionale di Leonella Nasi nell’ambito dell’illustrazione libraria fu duratura, di lei rimangono innumerevoli testimonianze grafiche che descrivono una personalità dinamica e all’avanguardia, ma per buona sorte rimane anche la testimonianza orale della pronipote Dr. Caterina de Cinque che la descrive come una donna eccentrica e fuori dal comune. L’artista nacque il 12 gennaio 1889 a Modigliana, da Anna Stanzani e dal Cav. Alfonso Nasi, un massone, Medico Ispettore della Sede Compartimentale di Bologna della Cassa Nazionale Infortuni. I genitori, modenesi d’origine, compresero l’importanza dell’istruzione anche per le figlie femmine: l’artista ebbe infatti altre due sorelle, Maria e Matilde che intrapresero entrambe la professione di insegnante, e un fratello, Pietro, che diventò avvocato. Leonella, che fisicamente viene descritta come un personaggio dalle fattezze minute e tonde, fu la primogenita, e tra i propri fratelli fu la più longeva: morì il 21 maggio del 1975, all’età di ottantasei anni, dopo essere riuscita a costruire una professione solida nel campo artistico e allo stesso tempo aver affrontato, da donna indipendente, due guerre mondiali.

L’artista si diplomò presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, ottenendo il diploma di abilitazione all’insegnamento di disegno nel 1909, sempre in quell’anno partecipò ai concorsi speciali per la Scuola con buoni esiti, fino a risultare, nel 1911, idonea ai concorsi generali per le Scuole Tecniche e Normali. Nel biennio 1912-13, frequentò la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna in qualità di uditrice, superando, nel 1913, l’esame di Storia dell’Arte presso l’Università con votazione 10/10. Parallelamente alla carriera nel ramo dell’illustrazione libraria, insegnò disegno e storia dell’arte in diverse scuole sia di Bologna che fuori impegni grazie ai quali potè portare avanti anche i progetti artistici legati alle Esposizioni. Leonella Nasi ebbe una carriera notevole nel campo grafico, sia nell’illustrazione di libri per bambini e per adulti per Mondadori, Zanichelli, Cappelli, Paravia, Bemporad ma anche come disegnatrice di Ex-Libris e puntesecche. L’artista collaborò inoltre con autorevoli riviste del periodo come «Cordelia», «Emporium» e il «Corriere dei Piccoli», e si distinse nelle maggiori esposizioni pittoriche di Bianco e Nero, garantendosi anche numerosi premi e riconoscimenti per le eccezionali doti grafiche e di analisi. Attraverso la sua tecnica, la donna riuscì a comunicare il suo amore per l’arte e la sua costante voglia di trovare il bello, ma in un modo essenziale e puro, esprimendo la semplicità delle azioni quotidiane. Il suo modus operandi è sintetizzato perfettamente dal suo Ex-Libris personale che raffigura un intreccio di due gatti siamesi, che dormono accoccolati, accompagnati dall’iscrizione latina «Pulchra Quaero», ricerco la bellezza, un manifesto privato della sua arte che racconta un gusto intellettuale e sofisticato, e che si riflette nell’ideale borghese dell’epoca. Una brillante carriera da illustratrice che venne arricchita anche da una pubblicazione dedicata alle quattro artiste donne della città di Bologna. Nel 1913 curò infatti lo Studio su la vita e l’opera di quattro artiste bolognesi, dedicato allo studio di Caterina Vigri, Properzia de Rossi, Elisabetta Sirani e Lavinia Fontana. Si tratta di uno dei primi volumi che si concentra esclusivamente sull’ambiente femminile felsineo, al tempo sia poco enfatizzato che ancor meno conosciuto, ma determinante per capire il pensiero libero ed emancipato della Nasi.

La donna, che non si sposò mai, viene descritta dalla pronipote come un personaggio straordinario e indubbiamente originale: quando le si chiedeva perchè non si fosse mai sposata ella era solita rispondere: «solo il divin Leonardo avrei potuto sposare!». Fu certamente una donna moderna, grazie al suo carattere indipendente anticipò i tempi di almeno un secolo, contribuendo a formare, nella Bologna della prima metà del Novecento, l’immagine della donna emancipata. Durante la Prima Guerra Mondiale si mise al servizio della Patria come Infermiera Volontaria della Croce Rossa Italiana (I.V.C.R.I), collaborando in prima persona alla causa, e per cui, nel 1920, le fu conferito il Diploma di Benemerenza per il servizio prestato nei quattro anni di guerra dal Comando del Corpo d’Armata di Bologna. Fu una donna intelligente, dal carattere «un po’ matto» e anche molto conosciuta nell’ambiente intellettuale bolognese, da alcuni scambi epistolari privati è emerso infatti come l’illustratrice portasse avanti una serie di amicizie di spessore, tra cui la frequentazione dell’artista marchigiano Adolfo De Carolis, con cui condivideva la grande passione per la grafica. Leonella Nasi, scrisse ad Adolfo De Carolis, il 7 aprile del 1921: «La ringrazio tanto, Maestro, per la cortesissima accoglienza e per le belle ore passate nella sua dolce casa e ancor più per le fotografie del suo meraviglioso lavoro. Le assicuro che poche opere d’arte mi hanno tanto impressionata. Soltanto un artista come lei poteva dare tanta potenza e mettere tanta luce in quelle “figure”. Lei Maestro dovrebbe fare altre due xilografie ora, quella di Mazzini e quella di Garibaldi: Io penso che sarebbe la migliore glorificazione dei nostri grandi feriti e tutti dovrebbero avere i suoi lavori, Maestro, perché certe opere d’arte eleverebbero le coscienze e renderebbero migliori. Io vedo con il pensiero questo trittico magnifico. Mi conservi la sua benevolenza e mi creda. Con il migliore ossequio, Leonella Nasi – 07/04/XXi».

Nella lettera si nota come la Nasi ammirasse l’artista marchigiano, e con lui condividesse il profondo senso patriottico legato ad un’Italia appena uscita dal primo conflitto mondiale. Durante il Ventennio diventò comunista, avvicinandosi al pensiero del Presidente Mao Tse Tung, di cui originalmente copiò anche il vestiario, realizzò infatti numerosi vestiti riproducendo le famose «casacche alla Mao», che nel 1930 divennero di moda anche in Europa. Tramite il «The China Review», che si faceva inviare personalmente, si avvicinò all’Oriente, toccandolo veramente a tutto tondo, tanto da allevare anche una famiglia di gatti siamesi, con i quali nel 1935 avrebbe vinto il primo premio all’Esposizione della Società Felina Italiana di Milano, e che si distinsero, oltre che per la qualità e innovazione della razza, anche per il nome indubbiamente anticonvenzionale, «Ming-Tao» e «Pussy di Saigon». Il temperamento tenace e creativo di Leonella le permise di farsi conoscere e accettare nell’ambiente culturale e artistico bolognese, consolidando di anno in anno il proprio ruolo di disegnatrice e xilografa, tanto da apparire nel 1938 nell’annuario delle donne italiane come «Leonella Nasi – Spec. in Bianco e Nero – Bologna, via Sabbioni 21». 

Riviste e libri illustrati fino al 1943 | Tra i primi lavori che si conoscono dell’artista, si possono citare le illustrazioni del volume Fiabe, che ebbe due edizioni, la prima del 1910 per i tipi Gherardi e la seconda, del 1922, per la Zanichelli, e de Le avventure di Biribì (1913), due libri per bambini, entrambi scritti dalla Contessa Caterina Isolani (1875-1945). Il primo volume è un’antologia di storie, decorate dalle illustrazioni della Nasi, di genere fantastico dal sapore aristocratico, mentre nel secondo la Contessa Isolani mise in scena le disavventure di una piccola cagnolina di nome Biribì, appartenuta ad una famiglia di nobili bolognesi residenti nella campagna emiliana. Le immagini seguono le peripezie della tenera cagnetta protagonista del libro, e ripercorrono le colline soleggiate ed armoniose di Castel San Pietro del primo Novecento, dove tutto è fermo e gaio. Come nelle Fiabe, le illustrazioni seguono il racconto in modo preciso, tutte corredate dalla didascalia ed in cui, su alcune, appare una elegante cornice liberty. Stilisticamente adeguate allo stile signorile ma sincero del racconto della Isolani, l’artista ci regala descrizioni schiette e genuine della nobiltà bolognese, caratteristica che ritornerà spesso nella sua produzione. Quattro anni dopo, nel 1917, Leonella collaborò con Alfredo Baruffi e Giovanni Guerrini per l’illustrazione del volumetto Idea di giustizia e disciplina di guerra di Ferdinando De Cinque, edito dalla casa editrice Licinio Cappelli, in cui, interpretando il passo di Charles De Coster, ella disegnò un’immagine potente in pieno stile baruffiano, in cui un gruppo di donne, personificazioni delle Arti, fuggono dalla devastazione portata dalla guerra nelle Fiandre e in Italia. Tra il 1924 e il 1925 la collaborazione con due pregevoli periodici del settore procurò certamente notevoli soddisfazioni all’artista. Ella infatti disegnò tre copertine per alcune uscite della rivista per signorine «Cordelia», edito nuovamente dalla Cappelli, in cui ritrasse eleganti donne dall’aspetto sensuale e al tempo stesso tenace. In linea con il pensiero della rivista e in modo totalmente innovativo, l’artista si fece portavoce di una donna dalle caratteristiche nuove, che si distinse dalle precedenti: la donna disegnata da Leonella legge, balla, ride, si diverte, è frivola ma allo stesso tempo autonoma e forte, è in grado di badare a se stessa, la solitudine non la spaventa, anzi la fortifica. Nella copertina del dicembre 1924 raffigurò, con un gioco di contrasti, una ragazza longilinea con un vestito a palloncino nero intenta a leggere il proprio libro, dentro al quale pare completamente assorbita. Fa da sfondo una balaustra dalle colonne simmetriche che divide la bella figura da un vasto giardino, tra cui spicca una magnolia che rappresenta l’albero della “bellezza superba” e che fu certamente una delle piante più apprezzate dalla Nasi poiché se ne servì spesso per le sue illustrazioni, come nella Leda che propose alla Esposizione della Francesco Francia nel 1920. Seguì la preziosa copertina del 1 febbraio 1925, dove una donna affascinante, immersa in un bosco innevato, si avvolge completamente in un mantello rosso abbellito da una sensuale pelliccia di volpe bianca, colori che occhieggiano al cappello, una nuvola candida, e al rossetto scarlatto. Si tratta di una degli espedienti grafici più intensi dell’artista, e si può notare che il profilo di questa “regina delle nevi” richiama il volto della protagonista delle «Calze al Modernissimo». Infine, sempre per «Cordelia», realizzò la copertina del 15 febbraio 1925, dove ritrasse una giovane donna su sfondo nero, dagli atteggiamenti sbarazzini e vibranti, con un grande cappello di pizzo bianco e un lungo vestito chiaro, arricchito con collana dalle boule luccicanti, ballerine con cinturino a T, cintura fiorata e sottili nastri svolazzanti purpurei.

Questi anni furono molto importanti per l’artista che, oltre ai volumi di «Cordelia», si dedicò anche a due copertine della nota rivista lombarda «Emporium» che «sorse col proposito di aggiungere alle primitive linee editoriali un altro ramo di attività, quella del libro illustrato, attività allora quasi nuova in Italia». Il periodico di Bergamo costituì un eccezionale motore di visibilità per l’arte italiana, recensendo eventi locali e mostre del territorio italiano, facendo conoscere figure storiche al tempo ancora poco note e dando voce a personalità artistiche nuove. Negli anni Venti, prima di entrare nell’ottica del controllo fascista, la rivista si dotò di artisti come Giovanni Guerrini, Fortunato Depero, Alfredo Baruffi, Gio Ponti, Benvenuto Disertori e tanti altri, per la realizzazione di prestigiose copertine d’autore. Leonella Nasi, unica artista donna che comparve tra la fitta schiera di artisti di sesso maschile, pare affascinata dal motivo delle singolari figure femminili che si stagliano su sfondi silenziosi ed immobili, come nella copertina del dicembre 1924 in cui, onorando il clima natalizio, raffigurò una dolce Madonna dalle linee Art Decò mentre regge il suo Bambino, in procinto di cantargli una ninna nanna. Sullo sfondo della notte brilla una stella cadente, che compare anche nel piccolo tondo della quarta di copertina, in cui la Nasi illustrò un pastore con lo sguardo alzato verso il cielo stellato, creando un filo conduttore tra il fronte e il retro della rivista. Nell’edizione di luglio 1925 appare un’altra donna sinuosa, con lunghi capelli che le coprono il corpo interamente nudo, intenta a suonare una fantasiosa arpa e ad ascoltarne il suono sognante, seduta tra una coperta di margherite. Il motivo della donna diventò il suo segno distintivo, tanto che nel 1928 tre dei suoi Ex Libris furono selezionati come esempi eccellenti tra le arti grafiche di Bologna, nell’importante volume «Industrie artistiche e botteghe artigiane bolognesi», tra i quali è presente anche l’illustrazione di una donna senza vesti che regge tre volumi sulla testa e dalle fattezze simili alla suonatrice di arpa del Notturno della copertina di «Emporium» del luglio 1925. Nel ’29 si concentrò sempre più sulla didattica per bambini, attività che portò avanti per tutta la sua carriera, illustrando l’opera di Mario Todeschini Vita e lavoro: il germoglio e Voci dalla patria lontana, il secondo e il terzo volume di letture per le scuole italiane all’estero, edito dalla Mondadori. Nello stesso anno curò le grafiche del Solco luminoso: sillabario e prime letture per la prima classe elementare maschile e femminile di Giannina Pini e Rosa Grandi e nel 1930 operò nuovamente con la casa editrice Mondadori, illustrando la copertina e i disegni all’interno del libro per ragazzi Occupazioni piacevoli per alunni in vacanza dell’autrice Nora Ravetta, in collaborazione con il noto artista e illustratore ferrarese Antonio Maria Nardi. Nell’immagine iniziale, Leonella, facendo uso unicamente dei colori verde e arancio e poche linee, illustrò una bambina sdraiata sull’erba intenta a leggere il libro per le vacanze, con una bambola ai piedi. All’interno le deliziose decorazioni inaugurano i capitoli del libro che scandiscono le settimane di vacanza degli alunni, mostrando i temi dell’estate.

A testimoniare questo periodo di floridezza esecutiva, Leonella collaborò con la casa editrice Paravia per cui realizzò le illustrazioni dei libri della Collana di Zio Mariù. Nacquero dunque i buffi personaggi dell’Acqua che canta (1929), Il girotondo della fortuna (1929), Le due ville: avventure d’una famiglia nel ’66 (1930), Un po’ di buon vento (1932), tutti caratterizzati da uno stile riconoscibile, dal tratteggio fitto ma estremamente definito, e da elementi decorativi tipici della Nasi, come le tipologie di fiori, i visi dei bambini ma anche il tratto con cui realizza i tessuti. Elementi che ricorsero anche nei volumi della «Strenna dell’opera Pia di San Domenico» scritti dalla mano di Assunta Viscardi (1890-1947), educatrice e terziaria domenicana, fondatrice dell’Opera Pia di San Domenico per i figli della Divina Provvidenza. La riconoscibilità dei tratti e la firma di Leonella sulle copertine delle varie annate, permettono di dare continuità al percorso grafico dell’artista fino all’inizio della Guerra. La Nasi subentrò a realizzare i disegni della Strenna dal 1926 fino al 1943, contribuendo a dare voce, con le illustrazioni in bianco e nero, alle parole di carità di Assunta Viscardi, verso gli umili, gli orfani e i più bisognosi. Si tratta di un capitolo sorprendente della produzione dell’artista, che probabilmente fu vicina alla forte personalità di Assunta, sempre pronta a donare aiuto con risolutezza ed onestà. Oltre ai magnifici brani di realismo degli indigenti, attraverso un linearismo sintetico e senza fronzoli, Leonella realizzò anche le poche illustrazioni a carattere religioso di tutta la sua produzione, come nella «Strenna» del 1926 in cui tornano le ambientazioni notturne che, come diorama o anche proiezioni di lanterne magiche, mostrano splendide immagini dell’Arca di San Domenico abbagliata dalle candele, oppure nel 1928 dove inserì gli episodi del Nuovo Testamento in piccole lunette sulle quali sono stesi due divertenti angeli musicanti che fanno da termini, o ancora nella copertina dove un brano di Pascoli «È la pietà che l’uomo all’uomo più deve» circonda l’episodio del buon samaritano. Scorrendo i volumi, dal 1926 al 1943 è possibile collocare le copertine in due ideali categorie: i notturni e le decorazioni a tralci. Per il primo gruppo l’artista realizzò delle opere sorprendenti e di una dolcezza unica, come nella copertina del 1929 dove, in una stalla avvolta da un cielo stellato, la Madonna si prende cura del suo Bambino appena nato o nel 1932 dove mise in scena le imponenti figure dei Re Magi, dai mantelli luccicanti, un’immagine che fu pubblicata anche nel volume di Ratta dello stesso anno. L’artista si lasciò affascinare dai momenti notturni, grazie ai quali ella potè esprimere la propria visione e al tempo stesso indagare nel privato dei personaggi rappresentanti. La notte infatti, permette ai pensieri luminosi di essere visibili, da questo derivò la presa di coscienza della Nasi che sfruttò la luce notturna per abbagliare lo spettatore trasmettendo un concetto o un sentimento, influenzata anche dall’arte cinematografica del periodo, in cui la luce iniziò ad avere un ruolo capitale, si pensi a film come Metropolis di Fritz Lang del 1927 o di Golgotha di Julien Duvivier del 1935, ma anche alle ambientazioni lunari di Le voyage dans la Lune di Georges Méliès. Nella copertina del 1937, illustrò il brano dell’avvistamento della stella cometa da parte di un pastore (come nel retro della copertina di «Emporium» del 1924), talmente in controluce che si scorge appena, appoggiato con la schiena ad una grande palma, l’uomo viene illuminato, assieme al gregge, dal cielo stellato e dalla cometa in lontananza. Infine nel 1939 l’artista disegnò, con un punto di vista molto basso, un cielo carico di lumi, squarciato dall’arrivo della stella cometa, che si trasforma in spirito santo. 

Nella famiglia delle decorazioni vegetali, possono essere collocate l’immagine del 1930 dove la Madonna spunta da un groviglio di fronde ricche di boccioli, le copertine con l’agrifoglio, il vischio e l’ulivo rispettivamente del 1934, 1938 e 1940, l’elegante groviglio di rose che incornicia l’esterno della «Strenna» del 1936, ma anche il Puttino del 1943, che regge la cornucopia da cui spuntano l’abbondanza della terra come melograni, spighe, edere ed uva. Per la Viscardi l’artista realizzò anche le due copertine di Per le vie del Mondo del 1933, dove l’immagine risente del periodo di estremo sintetismo di bianchi e neri che caratterizza anche i suoi Ex-Libris, e Alere Flammam del 1942. Tuttavia, la vera punta di diamante per la Nasi fu la collaborazione con il «Corriere dei Piccoli», il supplemento illustrato del «Corriere della Sera», che oltre ad essere la prima rivista settimanale italiana, costituì certamente il più importante motore artistico e culturale per gli illustratori del periodo. All’interno della rivista, la Nasi si occupò dell’illustrazione delle storie dell’infanzia, un ambito che conosceva bene: le fiabe si estendevano su di una pagina intera, alternate da tre o quattro vignette che accompagnavano la narrazione. Il contributo grafico di Leonella per il «Corriere dei Piccoli» iniziò nel 1933, con solamente tre storie nell’anno, per poi intensificarsi notevolmente durante le annate successive: diventò infatti un appuntamento stabile, con una frequenza di quasi due apparizioni al mese. Le favole furono narrate da diversi autori, come Olga Visentini, Maria Pia Sorrentino, Bianca Gerin e altri, anche se a volte fu la stessa Leonella a realizzarne i testi, e in alcuni casi furono scritti anche dalla sorella Maria. In altri casi la Nasi si occupò di illustrare delle leggende straniere, in gran parte tradotte da Margherita Emplosi Gherardi (Ghirola), da Fabula o da Maria Tibaldi Chiesa. Dal primo racconto illustrato, del 22 gennaio 1933, all’ultimo, apparso il 18 febbraio 1945, furono scritte e disegnate più di ottanta fiabe, che esplorarono i più svariati temi dell’infanzia. Nei primi numeri la Nasi fu notevolmente influenzata dalla grafica del collega Antonio Maria Nardi, anch’egli illustratore per la rivista, da cui tuttavia nel tempo prese le distanze, giungendo ad un segno meno frastagliato e più arioso, soprattutto nel caso delle illustrazioni a colori, vicine allo stile di Luigi Melandri. L’artista continuò a collaborare con la rivista anche in tempo di guerra, dimostrando di saper dialogare autonomamente con figure come Gustavo Rosso “Gustavino”, Guido Moroni Celsi o con le illustrazioni in bianco e nero di Domenico Natoli “Nat”, a cui l’artista certamente guardò.

Le Mostre d’Arte | Un capitolo a parte è costituito dalle Esposizioni a cui Leonella partecipò fin dalla gioventù, e che costituiscono il lato più intellettuale e sincero della donna. La Nasi si rivelò infatti eccezionalmente prolifica anche sul versante espositivo, poiché già dal 1912 fu attestata in numerose mostre organizzate a Bologna dalla giovane Società Francesco Francia, di cui fu socia dal 1909, che ebbero rilevanza nazionale e videro la presenza di artisti conosciuti sul versante italiano oltre che la partecipazione di artisti stranieri. La presenza a questi eventi fu probabilmente il primo banco di prova di Leonella che, uscita quell’anno dall’Accademia di Belle Arti, aveva l’esigenza di farsi conoscere e apprezzare ad un mercato più ampio. Nell’arco di una decina di anni infatti, dal 1912 al 1922, l’artista intervenne a quasi tutte le stagioni delle mostre organizzate dalla Società Francesco Francia, alternandosi tra le rassegne di Bianco e Nero e quelle di Scultura e Pittura. Dopo aver partecipato alla mostra di settembre-ottobre 1912, Leonella tornò ad essere presente all’Esposizione dell’Estate del 1916, proponendo una serie di opere dedicate alle grandi protagoniste femminili della storia, personalità che incarnavano un forte senso di libertà, ma anche di potere, di erotismo; eroine le cui caratteristiche fisiche e intellettuali scardinavano i dogmi riservati al ruolo della donna del primo Novecento. La Nasi presentò dunque la mistica danzatrice «Salomé», un soggetto che era tornato in auge grazie ai capolavori di Klimt del 1901 e del 1909, «Francesca», personaggio consacrato nella tragedia in cinque atti di Gabriele D’Annunzio in «Francesca da Rimini» del 1901 ed ancora un trittico con «Persefone», la dea della mitologia greca che governava gli inferi come un uomo, la cui figura più incarnava il desiderio di riscatto e di autonomia delle funzioni femminili nelle dinamiche della società. Nella scheda di notifica per la mostra del 1916 compare anche «Gavotta delle dame gialle (D’Annunzio)», un soggetto molto particolare, che si rifà ad un celebre passo di Gabriele D’Annunzio contenuto nel Secondo Libro del Piacere, dove in un capolavoro di scrittura, la Gavotta, melodia di Janne Philippe Rameau, diventa il mezzo grazie al quale si manifesta l’animo delle protagoniste. Un turbinìo melodico da cui scaturiscono emozioni contrastanti, desideri e allucinazioni per una condizione che non potrà mai essere risolta, «e la Gavotta continua, continua, continua, sempre dolce, sempre piana, sempre uguale, eternamente, come una pena». In virtù della tematica autobiografica che lega la maggioranza delle opere dell’artista, si può ipotizzare che Leonella fu colpita dal passo dannunziano e si sentisse vicina alle emozioni provate dalle Dame Gialle, delle «Dame biondette, non più giovini, ma appena uscite di giovinezza, vestite d’una smorta seta color d’un crisantemo giallo» che danzavano con «cavalieri adolescenti, vestiti di roseo, un po’ svogliati; i quali portano nel cuore l’immagine d’altre donne più belle, la fiamma di un nuovo desio».

Dai documenti dell’Archivio Francesco Francia è emerso che il 20 luglio 1916 la Contessa Verzani-Pratorvieri, acquistò, per Lire 30, una «Figurina (1° a destra) di Leonella Nasi»; sempre nel 1916 si trovano, tra le carte, degli appunti in cui si specificava di «chiedere i prezzi alla Signorina Leonella Nasi», segno che le opere furono apprezzate e richieste, tanto che le stesse opere furono riproposte alla rassegna del Bianco e Nero in autunno. Nel Catalogo Bianco e Nero, un volume redatto nel 1916 dalla Società Francesco Francia dedicato al tema, che avrebbe dovuto essere il primo di una lunga serie, ma che si rivelò l’unico, fu riportata una illustrazione inedita della Nasi con le «Primavere», che potrebbe essere la riproduzione dell’opera acquistata dalla Contessa. Nel fascicolo furono raccolte le immagini più interessanti della rassegna del Bianco e Nero del ’16, oltre all’artista compaiono anche De Carolis, Alfredo Baruffi, Augusto Majani, Luigi Bompard e altri. Nel maggio del 1917, con inaugurazione il giorno 20, l’Esposizione fu organizzata nuovamente in Palazzo Bentivoglio, e Leonella Nasi partecipò con un «Ritratto» e un’opera con soggetto le «Contes des fées», descritte poi dal quotidiano «L’idea Nazionale» come «eleganti illustrazioni di Favole, che danno saggio di vera maestria nel trattare l’acquarello», entrambe con prezzi da convenire. Alla rassegna del Bianco e Nero di autunno, fu presente con «Le Vergini saggie», «Le Vergini folli» e «La leggenda dei Settefonti». Queste prime esposizioni della Francesco Francia dedicate alla grafica, costituirono la genesi per il grande successo dell’illustrazione libraria degli anni successivi alimentato dalle vicende nazionali e internazionali dedicate agli Ex-Libris e in ambito locale dalle pubblicazioni dei volumi del tipografo Cesare Ratta, delle quali Leonella Nasi fu una delle portavoci di spicco. Nuovamente la Nasi dedicò le opere a soggetti della tradizione emiliana, con la «Leggenda dei Settefonti», un racconto antico del paese di Sitfonti, vicino a Ozzano, dove oggi si trova il Passo della Badessa, tra i calanchi di gesso. La storia racconta della bellissima Beata Lucia, fondatrice dell’ordine femminile Camaldolese di Settefonti, vissuta nel XI secolo e beatificata nel 1508. L’opera fu tanto apprezzata che fu acquistata, il secondo giorno della mostra, dal Conte Antonio Masetti-Zannini assieme a «Scena di guerra». È possibile ipotizzare che la Nasi, per concepire il disegno, si ispirò a due fonti precise: la rivisitazione del miracolo in chiave femminile e romantica da parte di Corrado Ricci nel 1896 sulla rivista «Emporium», in cui, alla fine della narrazione, una Beata Lucia innamorata vola in cielo abbracciando il proprio cavaliere, e il melodramma del 1912 Il passo della Badessa musicato da Adolfo Gandino. Un’ipotesi potrebbe dunque essere che la Nasi rielaborò questi modelli, mettendo in scena la vicenda d’amore tra i due giovani più in chiave laica, sorvolando sul tema religioso, a lei poco congeniale. L’anno dopo partecipò attivamente ad entrambe le rassegne annuali organizzate dalla Società, ottenendo riscontri positivi sempre più ingenti. Il 1918 fu infatti un anno interessante per l’artista che iniziò a raccogliere le prime soddisfazioni: alla mostra del Bianco e Nero (inaugurata il 22 ottobre), le sue opere riscossero un grande successo, tanto che il Comune di Bologna le conferì un premio per le «opere ispirate da tradizioni e di paesaggi bolognesi», che fu condiviso con l’artista Giovanni Secchi. La vittoria all’Esposizione, «la sola, in Italia, ad aver acquistato in breve tempo carattere nazionale», fu segnalata anche nel fascicolo professionale dell’artista: «nel 1918 ottenne il premio del Municipio per il Bianco e Nero all’Esposizione della ‘F. Francia’». L’anno dopo, la Nasi fu nuovamente presente ad entrambe le rassegne stagionali della Francesco Francia, riuscendo a canalizzare sulle sue opere sempre maggior interesse di pubblico.

In occasione della prima esposizione del 1919 (25 maggio-22 giugno) si apprende che la presenza femminile fu molto alta, e l’artista si distinse per il notevole trittico con la Leggenda di Marfisa e diversi ritratti. Il trittico fu particolarmente gradito dalla rivista «Noi e il Mondo» che dedicò ad esso un articolo: «Fra tutti, notevoli e pregevolissimi i quadretti della signorina Leonella Nasi; specialmente suggestivo un trittico sulla Leggenda di Marfisa, la principessa ferrarese, che alla sera gettava il fazzoletto in pegno e promessa d’amore a un amante nuovo, amante che alla mattina veniva trovato pugnalato o morto in un trabocchetto. [...] La signorina Nasi espone inoltre dei ritratti femminili di tecnica felicissima e vari studi». L’artista, che dai documenti nel 1919 risultava nubile, e che lo rimase per tutta la vita, probabilmente si affezionò al mito eccentrico della principessa ferrarese, una donna bellissima che, come una vedova nera, irretiva i propri spasimanti e poi li eliminava. Nel 1920 l’esposizione della Francesco Francia di «Bianco e Nero» fu inaugurata il 16 maggio in Palazzo Bentivoglio, e dalle cronache si sa che dal «numero ed il valore degli espositori» riuscì «notevolmente superiore alle precedenti». Tra le quindici opere disponibili dell’artista, non tutte in vendita, ci furono «I bianchi e neri delle Metamorfosi» per Lire 200 cadauno, «il trittico del Re Enzio» per Lire 500, «Donna e Levriere» di Lire 200, «il Neo» di Lire 150, «Bambola» di Lire 200, «Sera» di Lire 250 e «L’insidia» di Lire 150. Viceversa la Nasi indicò che «Ex-Libris», «Studi», «In grigio» e «Noccioline (studio)» erano già di proprietà di terzi. Con «il trittico del Re Enzio», attualmente perduto, l’artista ripropose il tema bolognese delle Canzoni di Re Enzio di Giovanni Pascoli, pubblicate dalla Zanichelli nel 1909 e illustrati dal collega Alfredo Baruffi. Il trittico doveva certamente rappresentare i tre canti pascoliani che componevano le gesta di Re Enzo, la Canzone del Carroccio, la Canzone dell’Olifante e la Canzone del Paradiso. Come si è detto, la Nasi aveva collaborato proprio con Baruffi per le illustrazioni del volume di Ferdinando De Cinque nel 1917, dunque potrebbe aver mutuato dall’artista anche alcune scelte stilistiche per la rappresentazione del trittico. Per le Metamorfosi esposte in mostra, l’artista rappresentò Dafne, Psiche, Core e Ariadne, e due di queste, Leda e Dafne, furono pubblicate nel primo volume de Gli adornatori del Libro in Italia di Cesare Ratta, del 1923. Entrambe contrassegnate dal nome in greco, sull’angolo in basso a destra, Dafne e Leda rappresentano le figure mitologiche raccontate da Ovidio nelle Metamorfosi.

Nella prima, l’artista mise in scena il dinamismo all’apice dell’episodio, in cui la ninfa Dafne, per sfuggire alla passione di Apollo, si trasforma nell’albero di alloro. Al contrario, in «Leda» fu rappresentata l’attesa, l’elegante schiena nuda della donna ci accoglie in primo piano tra fronde di glicini, ninfee e una grande magnolia, che si dilata occupando tutta la sommità dello spazio, mentre sullo sfondo, Zeus trasformato in cigno, attende la preda con disinvoltura. Alla conclusione della mostra, avvenuta il 6 giugno, i disegni a penna si guadagnarono una considerazione speciale di merito nella Commissione proposta all’aggiudicazione dei premi. La Nasi partecipò anche alla successiva rassegna di Pittura e Scultura (13 giugno-25 luglio), portando in esposizione tre ritratti femminili di personalità bolognesi, e due dipinti, tra cui un «Fiori di pesco» a Lire 250 (200 per i Soci della Francesco Francia), l’unico in vendita. I tre ritratti furono sicuramente commissionati precedentemente, infatti la Nasi raffigurò tre donne della società bolognese, espose il «Ritratto della Signorina Consolini», e due soggetti della cerchia dell’Editore Cappelli, a cui l’artista fu sempre molto vicina, il «Ritratto della Signorina Cappelli», figlia dell’Editore Licinio Cappelli, e il «Ritratto della Signora Bertarelli Fumagalli», nonché Paola Bertarelli Fumagalli, autrice del libro per bambini «Le favole di Mimì», edito dalla Cappelli di Bologna nel 1920. Grazie alle esposizioni della Francesco Francia, la donna riuscì certamente a crearsi una propria cerchia di sostenitori e, vivendo in prima persona gli ambienti intellettuali, poté accedere alle committenze private. Questo è testimoniato anche dalle opere presenti all’Esposizione del 1921, alla quale l’artista partecipò con tre opere, due tra queste erano già di proprietà di terzi. Il successo crescente le consentì anche di aumentare i prezzi di vendita delle opere esposte: nel 1922, l’artista espose sette opere a catalogo, due disegni con «il The» a Lire 350 e «Visione Mistica» a Lire 300 e «N. 4 Punte Secche – Pastello» a Lire 60 ciascuno, una di questi, la Cat. 194, fu acquistato dalla Società Francesco Francia il 10 luglio: l’acquisizione venne infatti riportata nel Libro Mastro del ’22 assieme ad altre opere di Majani, Pizzirani, Pietra, Nardi, Protti e altri, e in cui la Nasi appariva nuovamente come l’unica donna. Tuttavia l’artista non rinunciò ad esporre anche fuori da Bologna, per altre rassegne artistiche: la ritroviamo infatti nel 1922 all’Esposizione Nazionale d’Arte di Padova organizzata dalla Famiglia Artistica presso il Circolo Filarmonico Artistico nel Palazzo del Capitanio. Leonella, che si trovava a Padova ad insegnare, partecipò alla mostra, esponendo nello spazio dedicato al Bianco e Nero il «N. 16 - Nasi L. - XΩPE (Core)».

Ex-Libris | Il percorso dell’artista nel campo dell’illustrazione libraria seguì l’evoluzione che quest’arte ebbe nel secondo decennio del XXI secolo. Infatti, tra il 1920 e il 1930, si assistette ad un vero e proprio sbocciare dell’arte exlibristica e, se inizialmente i primi esemplari comparirono sporadicamente in mostre dedicate al bianco e nero o ad acquafortisti, col passare del tempo furono allestite le prime mostre sugli Ex-Libris, che ebbero un enorme successo di pubblico. La «Mostra Nazionale di Ex-Libris», prima rassegna italiana sull’Ex-Libris, fu organizzata a Firenze nel 1928, nell’ambito della Terza Fiera del Libro e vide la presenza di 44 espositori e 1180 pezzi, con partecipazioni di grande rilevanza come disegni di De Carolis, che era deceduto da pochi mesi, Servolini o Moroni. Presente anche Leonella Nasi, che comparve nella sezione “Mostre personali di Artisti viventi” con sei pezzi in una cornice, contrassegnata dalla qualifica di “Prof.” e associata all’indirizzo di via Guerrazzi 30 a Bologna. Da un articolo di Luigi Servolini dedicato alla Nasi e pubblicato su «Varietas», emerge che la donna eseguì i suoi primi Ex-Libris nel biennio 1928-29, nei quali rivelò la «precisa preferenza per il segno sottile, preciso, delicato, e un gusto classico, specialmente ornamentale», mentre dopo il 1930 si trova un maggiore richiamo all’Art Decò e all’eclettismo.

Fu tra il 1928 e il 1929 che l’artista, iniziando dalle persone del proprio cerchio familiare, confezionò i primi lavori dal carattere privato, come l’Ex-Libris per Anna De Cinque, dove un angioletto musicante guarda teneramente il lettore mentre suona l’arpa capeggiato dalla scritta «Sol la dolcezza può placare il male». L’illustratrice apparve anche in alcune mostre oltreoceano, come nella Esposizione dell’Associazione Internazionale Ex-Libristica di Los Angeles del 1929, dove ottenne l’onore al merito per un’illustrazione dalla composizione unica, dedicata alla sorella. L’artista concepì un disegno xilografico in cui su uno sfondo dal cielo stellato, un piccolo fiore allunga il proprio stelo fino a diventare anch’esso una stella. L’artificio dell’ex-libris richiama la personalità della sorella dell’artista, poetessa e letterata nonché titolare della cattedra di lingua francese al Liceo Galvani dal 1920 al 1954, le cui iniziali “M-N” (Maria Nasi), diventano i termini dell’iscrizione «Il fiore è in cima». L’immagine catturò l’attenzione internazionale, garantendole l’award of merit alla mostra, e fu riportata numerose volte anche nei volumi dedicati all’arte libraria del grande tipografo Cesare Ratta. Dal 1930 la Nasi allargò il proprio circondario di committenze e confezionò una serie di Ex-Libris per importanti personalità pubbliche, e questo le diede modo di far maturare il proprio stile che divenne sempre più riconoscibile. Con l’Ex-Libris per Giuseppe Lipparini, Presidente della Società Francesco Francia dal 1915 e che proprio nel 1930 divenne Vice Podestà di Bologna, creò una composizione allegorica in cui una Musa pensierosa, una rosa che perde i petali e una clessidra sono capeggiati da un albero senza foglie e da una pergamena con l’iscrizione «Inreparabile tempus». Una metafora del tempo che scorre inesorabile, ma anche uno speciale riferimento biografico sull’opera «Virgilio, l’uomo, l’opera, i tempi» che Lipparini aveva pubblicato cinque anni prima. Ella celebrò i gusti del committente citando il passo dell’Eneide «Sed fugit interea, fugit inreparabile tempus!», considerato da Lipparini come «una delle più sublimi espressioni della poesia di tutti i tempi e di tutti i paesi» dichiarando che «Virgilio la lascia cadere lì, quasi senza accorgersene; ma la magia del verso la solleva in alto e ne fa una cosa immortale». È tipico infatti ritrovare nelle sue produzioni riferimenti ai fatti privati dei destinatari: come nell’Ex-Libris per la Contessa Eugenia Codronchi Argeli, la nota poetessa imolese «Sfinge», dove la grande figura di una Sfinge di profilo che si staglia su un cielo stellato, pone lo sguardo verso la scritta «Cerco una stella», riferimento diretto al volume pubblicato dalla scrittrice emiliana nel 1925 Voglio una stella!. Questa iscrizione si ritrova in una seconda versione di Ex-Libris dove appare nuovamente una elegante Sfinge bianca su uno sfondo nero carico di stelle.

Gli Ex-Libris della Nasi sono degli scrigni di riferimenti biografici dei personaggi che li commissionarono, di conseguenza per poterli leggere al meglio è necessario eseguire ricerche sui destinatari del lavoro. Il lato stilistico è certamente importante, perché il cambiamento dal linearismo calligrafico del primo periodo ai netti contrasti di bianco e nero del dopo 1930, permette di datare le opere in modo più preciso. Tuttavia la vera chiave per tradurli è conoscere i destinatari dell’opera, per cogliere le sfumature e i rimandi all’interno dell’illustrazione. Essi sono lo specchio vero, profondo e personale dei committenti e una irripetibile traccia privata che hanno lasciato nel tempo. Altri riferimenti biografici alle committenze degli Ex-Libris si ritrovano in quello che l’artista realizzò per Nella De Angeli in cui il contrasto tra bianco e nero è totale nella figura esile della donna ai piedi di un un albero su cui è poggiato un usignolo canterino, e in basso appare la scritta «Ubi Verbum Desinit, Musica Incipit», ad indicare l’ambito musicale che coinvolse in prima persona la carriera della De Angeli. Questa illustrazione comparì anche nella prima edizione della Enciclopedia Italiana di lettere, scienze e arti a rappresentare, assieme ad altri, un esempio per la voce Ex-Libris, immagine che a sua volta fu tratta dal volume di Ratta L’Ex-Libris italiano moderno del 1930. Sempre del 1930 è l’eccezionale Ex-Libris realizzato per la Marchesa Bianca Paolucci delle Roncole († 19 marzo 1975), appassionata di teatro, in cui la Nasi mise in scena una serie di rimandi simbolici, sfruttando i colori del bianco e del nero. In un portale che divide emblematicamente l’ombra dalla luce, una figura allungata si estende tremante come una lingua di fuoco, agognando la luce. Essa è incoronata dalla scritta «Ex Tenebris Mea Stella orietur», ‘la mia stella sorgerà dal buio’, in cui la prima parte della frase è su sfondo nero, a richiamo dell’oscurità, mentre la seconda parte è su un fondale bianco, un virtuosismo dell’artista che riesce così a sottolineare oltre che con la citazione, anche con il colore, il forte desiderio della Marchesa di avere successo nella vita. La produzione della Nasi in questi anni fu molto intensa, anche a causa delle sue numerose partecipazioni alle maggiori esposizioni internazionali di Ex-Libris, per le quali fu presente sempre con numerosi pezzi. In seguito alla vittoria alla mostra di Ex-Libris di Los Angeles nel 1929, nel 1932 partecipò con dieci pezzi alla «Mostra Internazionale di Ex-Libris Antico e Moderno» accolta in seno alla grande Esposizione del Turismo della città di S. Raphael in Costa Azzurra. Fu presente nuovamente a Los Angeles nel 1936 all’esposizione internazionale di Ex Libris, per cui i suoi disegni furono scelti per rappresentare i bookplates italiani, assieme a quelli dell’artista Adolfo De Carolis, l’unica altra personalità italiana presente in mostra. È proprio grazie alla collaborazione con Cesare Ratta se possiamo oggi ammirare la produzione ex-libristica di Leonella Nasi: nei volumi che il celebre tipografo bolognese produsse tra il 1922 e il 1935, anno del suo ritiro, furono pubblicati numerosi contrassegni ideati dalla Nasi per personaggi di spicco della Bologna del tempo, con cui l’artista presenziò alle mostre del settore. Tra gli Ex-Libris che si conoscono, probabilmente il più noto è proprio quello che realizzò per Ratta, dove una scritta «Cesare Ratta – Maestro d’Arte Tipografica» è sormontata da una albero filiforme che sorregge una sagoma nera di una sottile figura maschile che si erge ritta verso lo spettatore poggiando il capo su un grande libro aperto su cui appare la scritta «Ex-Libris». Quest’opera, realizzata nel 1932, comparì spesso all’inizio dei volumi di Ratta dedicati all’illustrazione libraria, e rappresentò efficacemente il gusto sempre più marcato dell’artista verso l’uso dei contrasti tra bianco e nero, ricorrendo in tutte le sue produzioni del periodo. Esso costituì infatti il punto di arrivo per la maniera della Nasi interessata sempre più ad un sintetismo dei contrasti dove «il gusto decorativo si è raffinato, senza però menomare la schiettezza dell’ispirazione, né nuocere alla semplicità e nudità caratteristica del disegno e del motivo».

Lo stile netto dell’artista identifica anche l’Ex-Libris del bibliotecario Ugo Bassini che fu ritratto di schiena intento a leggere un libro, mentre una iscrizione apposta sulla libreria recita «Per vivere oltre la giornata breve», dichiarando l’amore e la libertà che la lettura infonde nel committente. Una simile impostazione si ritrova nell’Ex-Libris con l’autoritratto di Leonella Nasi, del 1932, dove ella si mostrò di profilo, intenta a disegnare in quella che sembra la propria casa, mentre sulle tende che fanno da cornice compare nuovamente la scritta «Pulchra Quaero», identificativa dell’artista. L’iscrizione che fu inserita dalla Nasi anche negli Ex-Libris con i siamesi, descrive la propria personalità, costantemente all’inseguimento del bello dell’arte. Risulta difficile invece individuare la figura di Rosina Fiorellini, a cui la Nasi dedicò un Ex-Libris intenso e affascinante, pubblicato nel volume di Ratta del 1933 L’Ex-Libris italiano contemporaneo. L’immagine, dove una donna di profilo regge un lume tra le mani, trasmette un significato estremamente profondo poichè vi si trova un riferimento al poeta medievale Cecco D’Ascoli con l’iscrizione «tanto ha di ben ciascuno quanto ha d’amore», che è la traduzione del primo passo del capitolo XII del libro IV del poema medievale L’Acerba. Nel brano il poeta ascolano rifiuta la vita mondana e le passioni carnali, elogiando le virtù personali come l’unica fonte di salvezza divina. La Nasi interpellò nuovamente una personalità letteraria pura e di profonda cultura, quella di Cecco D’Ascoli, che fu condannato al rogo dall’Inquisizione romana a causa del suo pensiero eterodosso. Infine, una notevole summa della sua passione per la materia exlibristica fu la partecipazione nel 1952 alla «Mostra dell’Ex-Libris italiano», organizzata da Luigi Servolini nel salone del Palazzo Comunale di Forlì, dal 30 marzo al 20 aprile. Servolini, in quel periodo lungimirante Direttore degli Istituti Culturali ed Artistici di Forlì, volle promuovere ed aggiornare la già ricca collezione Piancastelli richiamando gli artisti più noti del campo. La Nasi partecipò con dieci pezzi, tra cui l’Ex-Libris di Paolo Rocca, Giuseppe Lipparini, di Livia Sangiorgi, di Erse Vermigli e di Carlo Borelli. Alcuni di questi furono pubblicati nei volumi di Ratta dedicati alla decorazione libraria, altri invece inediti, come quello dedicato al dott. G.E. Cantoni con l’iscrizione, tratta da Giovenale, «Vitam Impendere Vero» e quello per l’umanista Enzo Chiorboli «Alta Quaerere nec sparnere ima». Dedicò infine un omaggio al luogo che accolse la mostra: l’interno della libreria dell’Istituto, in cui nello studio appare un ordinato disordine di libri, calamai, e, dalla finestra vicino alla quale sporgono antiche cornici di quadri, si ha uno scorcio del Duomo di Forlì.

Dopo il 1945 | Una personalità dinamica, quella della Nasi, ricca di risorse, che rispecchia il profondo sentimento patriottico di molti artisti italiani che vissero a cavallo delle due guerre mondiali. Si ritrovano tracce dell’artista durante gli anni del Fascismo, in una sua penetrante testimonianza riguardo il tragico momento storico, in particolare sugli anni bolognesi antifascisti. L’artista durante la Guerra diventò una Comunista fervente, si fece inoltre sospendere dall’insegnamento, la pronipote De Cinque racconta che «siccome era diventata molto Comunista, Leonella si presentava in Federazione e tutti scappavano». Scrive Leonella Nasi: «Accanto a donne come Irma Bandiera, io pur non essendo come lei, cercavo tuttavia con la mia rabbia e senza essere organizzata di dare un mio contributo, facendo scoppiare le gomme dei camion tedeschi che passavano per via Sabbuino, rompendo bottiglie in continuazione. Maria ogni tanto scriveva poesiole contro i fascisti che poi incollava sulle panchine ai giardini Margherita a edificazione di quelli che leggevano. Nel 1944 da una vecchia testata del Corriere della Sera che risaliva alla guerra d’Africa, staccai una striscia di giornale di 60 cm. di lunghezza che portava questa scritta in grande: ‘Storico annuncio del duce: LA GUERRA è FINITA!’ lo incollai bene e non so come feci (c’era il coprifuoco) riuscii a sistemarlo proprio all’inizio di via delle Rose dove c’era il comando tedesco e i tabelloni del fascio per le comunicazioni: il mattino dopo (credo che fosse Capodanno) la gente si fermò a guardare e commentare quella “bella” notizia. Io facevo delle cose da poco, ma speravo che assieme alla lotta di tutte le altre donne, chi in un modo chi in un altro, di far finire al più presto possibile la guerra e il fascismo. Oggi quando sono di malumore guardo le foto dell’aprile 1945 e così mi consolo».

Da questo intenso brano si percepisce da una parte la forte sofferenza per un periodo terrificante della nostra storia, e dall’altra dimostra come la Nasi reagì artisticamente alla situazione, creando degli espedienti al limite, una sorta di happening ante litteram. La pagina di giornale con la scritta “La Guerra è finita!” issato proprio sul tabellone fascista per le comunicazioni del comando tedesco, riuscì ad attirare molti sguardi e a destare sorrisi durante il periodo più denso del conflitto. Nella contingenza così drammatica e irreale della guerra, l’artista, inconsciamente, si ribellò agli eventi allestendo un paradosso. Dopo la fine della Guerra, alla Nasi fu ricostruita la carriera, ricevendo anche un’indennità per i danni di guerra. Dopo il ’45 la sua firma si ritrova in alcune illustrazioni di libri per bambini, grazie a cui Leonella continuò la sua attività di grafica, assieme alla didattica nelle scuole. Illustrò, nel 1946 la serie di dieci volumi della Biblioteca di Fata Silvana, editi da Edizioni Nora di Bologna, di via Parigi 2, per le cui illustrazioni, in bianco e nero, ricorse ad uno stile dal tratto veloce e lineare, ormai riconoscibile. Nel 1949 continuò con Il fiore di letture per la terza classe e Il fiore di letture per la quarta classe, edito dalla casa editrice Zanichelli e scritto da Lilla Lipparini, figlia di Giuseppe Lipparini, con il quale la Nasi aveva collaborato fin dalle prime esposizioni della Società Francesco Francia. Nello stesso anno illustrò il volume La campanella: letture per la quarta scuola elementare, sempre edito dalla Zanichelli, scritto dalla grande matematica bolognese Adriana Enriques (1902-1994). Tuttavia lo spirito rivoluzionario che la contraddistinse durante la Guerra fu fatale per la sua attività professionale che, nonostante alcune collaborazioni grafiche, malauguratamente non ritornò ad essere così dinamica e ricca di contatti come nel periodo precedente.

Leonella Nasi morì il 21 maggio 1975 all’età di ottantasei anni, senza avere eredi diretti a cui donare il ricco patrimonio di libri, mobilio, quadri, cineserie, opere d’arte, bozzetti, che aveva accumulato durante tutta la sua vita. Le zie di Caterina De Cinque, nipote dell’artista, ebbero in eredità il materiale, e decisero di portarlo a Roma e con l’intero fondo, aprire un negozio di oggettistica vintage in via del Governo Vecchio 15. In occasione dell’apertura dell’esercizio, organizzarono un’inaugurazione, stampando delle cartoline in cui sul fronte compariva l’Ex Libris con l’autoritratto dell’artista, e la dicitura «Leonella Nasi (1889-1975) – Uno sguardo sugli anni Venti: Tempere, Puntesecche, Inchiostri» e sul retro «Disegni, Cartoline, Ex Libris – Leonella Nasi – 1° premio alla Esposizione Internazionale di Los Angeles (1929) – da sabato 29 marzo – inaugurazione del Bric à Brac del Governo Vecchio». A causa di ciò, l’intera opera dell’artista subì un frazionamento totale, e fu certamente dispersa tra i collezionisti di curiosità e trovarobe, per cui risulta complicato avere un’idea organica della sua produzione. Nonostante questo duro colpo, auspichiamo che in futuro appariranno nel mercato antiquario altri lavori grafici inediti riconducibili al suo tratto o con la sua firma. Seppur frammentata, l’opera della Nasi appare oggi come innovativa sotto ogni punto di vista, ella rappresenta per Bologna una figura di donna intellettuale di grande interesse, che è stata in grado di dialogare in modo indipendente ed autonomo con un’epoca in continua evoluzione come quella tra le due guerre.

Francesca Sinigaglia

Testo tratto da 'Leonella Nasi, un’artista del Bianco e Nero'; in 'Strenna storica bolognese', 2018, a cura del Comitato per Bologna Storica e Artistica.