Nannetti (Nanetti) Nino

Nannetti (Nanetti) Nino

29 aprile 1906 - 21 luglio 1937

Note sintetiche

Titolo di studio: Licenza elementare
Causa della morte: Per ferite
Occupazione: Operaio/a

Scheda

Nino Nannetti, da Enrico e Argia Rossi; nato il 29 aprile 1906 a Bologna. Licenza elementare.
All'età di 14 anni, iniziò a lavorare in qualità di operaio meccanico nell'offìcina SABIEM di Bologna.
Pur avendo conseguito solo la licenza elementare per la sua intelligenza, arricchì la sua preparazione con molte letture e con lo studio personale.
Aderì alla FGSI nel 1921 e nel 1923 ne divenne un dirigente. Fervente ammiratore della Rivoluzione d'ottobre e assertore dell'unità della classe lavoratrice, fu esponente della corrente terzinternazionalista capeggiata da G.M. Serrati.
Nel 1924, in uno scontro con i fascisti a Bologna, rimase gravemente ferito: ebbe una commozione cerebrale che riuscì a superare rapidamente grazie alla sua forte fibra. In un nuovo scontro con i fascisti nel 1925, venne ferito ad un braccio.
Tra il 1925 e il 1926 lavorò instancabilmente per unificare la lotta della gioventù antifascista e riuscì a stabilire dei legami con i giovani comunisti, con i giovani cattolici e anche con i senza partito.
Nel settembre 1926, per iniziativa del PCI, fu organizzata una delegazione unitaria di giovani operai per visitare l'Unione Sovietica: vi aderì in rappresentanza dei giovani socialisti. «Emigrò perciò clandestinamente in Svizzera nel settembre 1926 e di là — come registrò la polizia italiana — con falsi documenti, sotto il nome di Bianco Mario passò in Austria dove sostò circa un mese a Vienna, e quindi in Russia, attraverso la Germania, la Lettonia e la Lituania fermandosi a Mosca con gli altri componenti la delegazione».
Durante il soggiorno, durato circa tre mesi, visitò vari posti di lavoro e scuole, studiandone con attenzione condizioni di attività e di studio.
Lasciò l'Unione Sovietica nel febbraio 1927 e raggiunse Parigi quindi, nel maggio, fece ritorno in Italia attraverso la Svizzera.. Per sfuggire alle persecuzioni fasciste — già erano in vigore le leggi eccezionali — si recò a Genova dove lavorò come meccanico nello stabilimento Ansaldo San Giorgio di Sestri Ponente.
Nel giugno 1927 venne arrestato e tradotto a Bologna. Carcerato per aver espatriato clandestinamente, venne rilasciato il 19 ottobre 27 e diffidato dal fare politica. Ma - nota la polizia - «anziché dimostrare di volersi ravvedere, riprese a svolgere attività comunista». Passato nelle fila comuniste, assieme a Raffaele Gaiani*, portò tutto il gruppo dirigente della federazione giovanile socialista bolognese ad aderire al PCI.
Il 19 gennaio 1928 venne arrestato e, il giorno dopo, la commissione provinciale lo assegnò al confino di polizia per tre anni. Fu tradotto alla «colonia» dell'isola di Lipari. Le autorità fasciste — adottando una pratica che nel corso degli anni elevarono a sistema — dopo aver colpito il combattente, tentarono, sfruttando ignobilmente i sentimenti affettivi dei familiari con ricatti ed allettamenti, di ottenerne la sottomissione. Reagì per stroncare il tentativo fin dal nascere. Prosciolto dal confino rientrò a Bologna il 12 febbraio 1930 e riprese l'attività politica. Promosse l'azione di gruppi operai aderenti alla CGL, contro le ripetute riduzioni di salario operate dal regime fascista e dal padronato.
In procinto di essere arrestato, nell'autunno 1931 espatriò in Francia.
In rappresentanza dei gruppi clandestini aderenti alla CGL, partecipò alla II Conferenza confederale clandestina e successivamente al V Congresso dei sindacati rossi. Ebbe poi l'incarico di ispettore della FGCI ed in questa qualità rientrò in Italia.
All'XI congresso della FGCI (che si svolse a Zurigo), venne nominato componente del Comitato centrale. Proseguì l'organizzazione del lavoro illegale in Italia, e dalla metà del 1932 fu molto attivo in Francia dove lavorò alla preparazione del Congresso internazionale contro la guerra (che si svolse ad Amsterdam, nell'agosto). Tenne discorsi pubblici, promosse attività per il «Soccorso rosso». Assunse lo pseudonimo Bassi.
Nella prima metà del 1933, partecipò alla preparazione del Congresso antifascista europeo che si svolse alla sala Pleyel di Parigi, nel giugno. È di tale periodo una lettera ai familiari (17 maggio 1933) — ricopiata ed evidenziata nel fascicolo di polizia — ove parlando dei pericoli di un nuovo conflitto mondiale, tra l'altro, scrisse: «Sugli armamenti, sulle tariffe, sui debiti, il mondo borghese è scosso da un fremito sciovinista più forte che nel 1914. La guerra è alle porte ed essa la vogliono fare con le nostre carcasse. Ora, a questa situazione può essere opposta la forza del proletariato e, l'organizzazione di questa forza-lavoro. Io e con me milioni di lavoratori siamo disposti a farci bucare la pelle per la nostra guerra di classe, ma mai per riempire le casseforti dei capitalisti. Non crediate che nella prossima guerra possano scampare quelli che non saranno in prima linea; il fronte sarà su tutta la terra e alla carneficina pochi potranno scamparvi...».
Dopo tre anni di lavoro in qualità di funzionario politico, pur conservando responsabilità dirigenziali, dovette ricercare una occupazione. La vita durissima dell'emigrazione politica (contrassegnata dalla necessità della clandestinità e dalle continue persecuzioni delle polizie), si fece ancora più grave, causa la necessità di sfuggire allo sfruttamento e alla miseria.
Si trasferì a Tolosa. Qui a fine dicembre 1933, fu arrestato causa un diverbio con un esponente fascista che aveva svolto un comizio nella città. A Tolosa, lavorò come autista, come manovale, come meccanico. Venutigli a mancare documenti validi, temette di essere espulso dalla Francia.
Nell'estate 1934, partecipò alle sommosse antifasciste guidate dai comunisti nel corso delle quali, a Tolosa, furono proclamate delle «comuni». Sul finire dello stesso anno, fu fatto oggetto di vari tentativi di corruzione, da parte di agenti fascisti, che fermamente sdegnò. Coltivò per qualche tempo il progetto di lasciare la Francia per raggiungere la Palestina dove risiedevano i parenti della sua compagna Jaska Jannette. Continuò, invece, sempre, a lavorare come meccanico a Tolosa e nell'impegno politico che, nel 1935, crebbe sul terreno del «fronte unico» e contro la guerra.
In una lettera ai familiari, del 25 ottobre 1935, contestò vivacemente una nuova proposta per ottenere il condono dalla autorità fascista. Così scrisse: «... sono costretto [a] dirvi tutta la mia indignazione per ciò che il babbo ha il corraggio di propormi. Dovete mettervi bene in testa una cosa, in qualunque situazione mi trovi mai e poi mai farò quello che mi si propone. Non voglio tradire il partito che ha dato tanti eroi, non voglio tradire la fiducia che gli operai hanno posto in me, non voglio morire moralmente. La mia strada è ben presa e nulla potrà farmi retrocedere. La lotta è la mia vita, il comunismo è tutto ciò che posso avere di più caro e nulla al mondo 'siamo ben intesi' mi potrà fare rinnegare tutto ciò che consiste la ragione della mia vita. Mai e poi mai potrò rinunciare alla lotta contro coloro che dopo aver massacrato, affamato, oppresso un popolo oggi lo mandano al massacro. Mai potrò dimenticare che oggi i miei fratelli potranno partire per le terre infuocate dell'Africa e lasciare nei deserti le loro giovani vite per una guerra di rapina coloniale...».
Il 20 luglio 1936, due giorni dopo la rivolta fascista capeggiata da Francisco Franco, raggiunse Barcellona, primo antifascista italiano entrato in terra iberica a combattere contro il fascismo. Raggiunse subito Tardienta sulla linea del fuoco; partecipò al primo attacco a Huesca dove organizzò la cosiddetta «batteria fantasma», montando un cannoncino da 75 su di un camioncino col quale, assieme ad un compagno, bombardò Tardienta, spostandosi continuamente per fare credere ai fascisti di avere a che fare con una grossa batteria dislocata in vari punti del fronte (tale sistema fu poi adottato più volte creando la leggenda di una «batteria fantasma» invulnerabile).
Dopo quest'ultima battaglia, nel corso della quale dimostrò di possedere doti militari non comuni, fu incaricato dalla direzione della gioventù socialista unificata di Catalogna, di organizzare e di istruire il battaglione della gioventù, composto di 500 giovani volontari. Con questi, il 18 settembre 1936 raggiunse Madrid. Messosi a disposizione del comando del V reggimento, iniziò a Brunete ed a Chapineria i combattimenti per la difesa della capitale. Del battaglione fu prima commissario politico e, poi, comandante militare.
Nel novembre 1936, al comando di sei battaglioni, organizzò la difesa della Sierra Guadarrama e della strada della Coruna, minacciata dalle truppe marocchine di Franco. Fu nominato tenente colonello e combattè in ogni punto dei dintorni di Madrid, tanto nella difesa che nell'offesa.
A fine novembre, dopo il combattimento di Valdemorillo, capeggiò una brigata e quando venne inviato a Guadalajara per ricacciare un'offensiva fascista, gli fu conferito il comando di una divisione. Intervistato da «Estella» (Teresa Noce) nel maggio 1937, affermò che la divisione nacque dopo che gliela avevano affidata e che a quel momento era costituita di «3 brigate con 12 battaglioni, più un reggimento di cavalleria, due treni blindati, un battaglione di genieri per le fortificazioni, ed altri servizi militari. Cioè 10.000 uomini in tutto, tutti spagnoli».
Negli ultimi giorni di maggio raggiunse Bilbao. Come si afferma in una dettagliata testimonianza di un antifascista basco nella notte dall'11 al 12 giugno, al comando di una brigata asturiana, contrattaccò sul Monte Urkullu senza esito positivo; la sera del 12, quando i franchisti arrivarono al «Cinturon», sostituì Cristobal, ferito, al comando della VI brigata appartenente alla 1ª divisione; il 15, quando si dissolse la 2ª divisione, sostituì Vidal durante lo sbandamento di Pagasarri; il 16, a Zalla, venne ferito gravemente alla spina dorsale da un proiettile di mitraglia, durante un bombardamento dell'aviazione franchista.
Morì nell'ospedale militare di Santander, il 21 luglio 1937, poco più che trentunenne. Il suo nome è stato dato a una strada di Bologna.[AR]

Note

E' ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno.

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Bibliografia
Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919- 1945)
Albertazzi A., Arbizzani L., Onofri N.S.
1985 Bologna ISB