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Mordano, (BO)

1943 | 1945

Insediamento

Schede

Dopo l'8 settembre '43 la prima preoccupazione degli antifascisti fu di impedire che i 10.000 quintali di grano contenuti nell'ammasso del Consorzio Agrario venissero requisiti dai tedeschi. Si formò un comitato che scelse le case dove nascondere il grano e mobilitò carri e animali. Tutto fu pesato e registrato. Decine di uomini e donne lavorarono giorno e notte. Una parte del grano servì per sfamare le famiglie più bisognose durante l'occupazione tedesca mentre il resto fu consegnato dopo l'arrivo degli Alleati al CLN che se ne servì per garantire la refezione scolastica. Preoccupazione dei fascisti fu invece quella di ricostituire i poteri locali. Il 28 ottobre si insediava come Commissario prefettizio lo studente imolese Vittorio Moschini.

Al funzionamento dei servizi comunali provvide il segretario Lamberto Malagola. Comparve il PFR con un Reggente ed una Commissaria Femminile. Fu istituita la GNR.
Le stazioni dei Carabinieri rimasero in funzione fino all'estate '44 quando essi vennero in parte deportati in Germania e in parte si nascosero presso contadini consegnando le armi per il movimento partigiano. Il Commissario Moschini è rimasto negli annali della storia di Mordano per l'ordinanza che i tedeschi avrebbero fucilato 100 civili per ogni soldato ucciso e 50 per ogni ferito. E poi si rese famoso per la vendetta compiuta nei confronti di S. E. Dino Grandi, conte di Mordano, che aveva osato presentare nel Gran Consiglio del fascismo l'o.d.g per le dimissioni di Mussolini. Il 20 gennaio '44 comparve nell'Albo comunale il seguente atto: "Municipio di Mordano. L'anno 1944 - XXI addì 19 del mese di gennaio, alle ore 15, nella Residenza Comunale. Oggetto: Proposta di cambiamento di denominazione del Comune. Il Commissario Prefettizio, considerando l'alto tradimento perpetrato ai danni della Patria dall'ex Conte di Mordano Grandi Dino fu Lino, dato che il nome e lo stemma del paese sono legati al condannato a morte, propone che per cancellare dalla memoria tanto lutto e tanto dolore sia il nome sia lo stemma di Mordano seguano le sorti di chi vilmente li ha ingannati; Pertanto, visto [Atti,bolle, ecc.]... Determina di chiedere che il nome di Mordano venga cambiato a tutti gli effetti in "Moreto" e che lo stemma del Comune ritorni ad essere il "Gelso", in sostituzione dell'attuale, che risulta anche essere di origine francese. Fatto, letto, approvato. Il Commissario Prefettizio Moschini". I primi ad organizzare un gruppo d'azione antifascista furono dei giovani di Bubano: lo studente Graziano Zappi, di idee progressiste, l'operaio Orazio Bernardi e l'apprendista sarto Dante Cassani di idee comuniste, lo studente Giuseppe Costantini di idee liberali e Don Luigi Piani cappellano della parrocchia. Essi affiggevano di notte nei vari borghi dattiloscritti contro il fascismo e l'occupazione tedesca. A metà gennaio '44, Cassani (Gario) e Zappi (Mirko) salirono sulla Faggiola col gruppo di ribelli comandati da Giovanni Nardi "Caio" ed a Cortecchio, il 23 febbraio, ebbero il battesimo del fuoco. "Gario" morì combattendo, "Mirco", si spostò coi superstiti sul Falterona con l'8a Brigata, poi sul Carzolano con la 36a e quindi nella "bassa imolese" con la 7a GAP Anche il giovane di Mordano, Antonio Mirri (n. 1926), si unì alla 36a Brigata incontrando la morte il 28.9:44 nella battaglia di Ca' di Guzzo. In formazioni di montagna militarono pure Silvio Bagnaresi (n. 1912) nella 36a; Fero dall'Olio (n. 1917) nella 62a; Alceo Lanzoni (n. 1919) nella 4a Brigata delle Langhe; Luigi Bengala (n. 1908) nella Ia Brigata in Dalmazia; Elio Marani (n. 1923) nella Divisione "Gramsci" in Albania; Ernesto Maranini (n. 1921) nella Divisione Garibaldi in Montenegro. Le SAP furono tre, una a Mordano, una a Bubano e una a Chiavica. Quella di Mordano si formò nel dicembre '43, con com. Giovanni Sgubbi. Nel giugno '44 si costituirono le SAP di Bubano, con com. Amedeo Baldini, e di Chiavica, con com. Ettore Coriolani. L'attività delle SAP si svolgeva nel territorio compreso fra la via Lughese e la via Selice: interruzione di linee telefoniche, diffusione di volantini nelle lingue italiana e tedesca, disarmo di guardafili, raccolta di medicinali e viveri per i partigiani di montagna. Nella primavera '44 alcuni reparti dell'esercito acquartierati nelle case coloniche di Mordano decisero di sciogliersi cedendo armi e munizioni in cambio di abiti civili. 1 sappisti fecero un ricco bottino, dapprima nascosto nel cimitero, poi trasferito nella stazione ferroviaria di Chiavica, quindi a Imola ed infine in montagna. Quando in luglio fu lanciata la parola d'ordine "Nemmeno un chicco di grano vada in Germania" si sottrassero le cinghie delle trebbiatrici ed una di queste fu data alle fiamme. I fascisti locali non erano particolarmente attivi. Qualcuno di loro faceva giungere informazioni o anche qualche arma al movimento partigiano. Ma c'era anche chi le informazioni le dava ai tedeschi in cambio di viveri. Ogni tanto da Imola o Faenza giungevano i brigatisti neri. Quelli imolesi aiutarono i tedeschi a rastrellare a Mordano una trentina di uomini da inviare a scavare trincee a Casola Valsenio, mentre i faentini si limitarono a sparare in aria all'impazzata obbligando la gente a togliersi maglie e cravatte di colore rosso.
Una notte di luglio i sappisti di Chiavica sbarrarono la via Selice nei pressi del molino Volta, segando pioppi e pali telefonici e rovesciandoli sull'asfalto stradale. Una moto tedesca si rovesciò e i camions si tamponarono con fracasso. I sappisti aprirono il fuoco e lanciarono bombe a mano. I tedeschi risposero con raffiche di parabellum. I sappisti si ritirarono. Ai tedeschi occorse un giorno per sgomberare la strada.
In agosto un raggruppamento motorizzato tedesco si insediò nella case attorno a Bubano e Chiavica. La Feldgendarmerie con le "machine pistole" a tracolla e il "Gott mit uns" sulle fibbie dei cinturoni si istallò nella caserma disertata dai carabinieri. Poco dopo ci fu una retata di persone. Ne prelevarono una ventina a Chiavica e una decina a Bubano e le rinchiusero nell'angusta e buia cella della caserma. Ai mattino un ufficiale si presentò con un elenco e fece la selezione. Ne liberò la maggior parte mentre trattenne "Mirco", Franzoni del CLN, "Sanì" padre di Barnabi del CLN, Francesca sorella di Omar Bergamini del CLN, Giovanni padre di Lino Venturini del CLN. Era evidente che la spia o le spie avevano colpito a segno. Quando "Mirco" riuscì a fuggire mentre spazzava il pattume fuori in cortile, i tedeschi presero suo padre come ostaggio. Qualche tempo dopo le donne furono rilasciate e i quattro prigionieri riuscirono a darsela a gambe durante un bombardamento aereo alleato che fece correre le guardie in un rifugio. Fu sempre in agosto che le Sap ebbero due vittime. Europeo Savini (n. 1915, falegname), prelevato dai brigatisti neri perché trovato in possesso di volantini antifascisti, fu malmenato sulla via Selice, trasferito ad Imola e poi a Bologna e di lui non si seppe più nulla. Rino Geminiani (n. 1920, colono) venne ucciso dai tedeschi nel corso di una razzia.
In una notte di settembre ebbe luogo l'azione più impegnativa delle Sap di Mordano. Sulla via Lughese, al Passo del Cavallo, i sappisti sbarrarono la strada con grossi tronchi e si nascosero dietro la siepe. Un motociclista tedesco fece un capitombolo e l'autocolonna che seguiva frenò all'improvviso. I tedeschi aprirono un fuoco d'inferno. I sappisti avevan solo pistole e si sganciarono. Le Sap di Bubano e Chiavica vennero impegnate nella manifestazione che si svolse la mattina del 14 settembre a Sesto Imolese con il comizio di Ezio Serantoni "Mezanòt". Quelli di Chiavica, appostati presso il Sillaro fecero prigionieri due tedeschi disarmandoli e rilasciandoli al pomeriggio. Quelli di Bubano fecero servizio di vigilanza nel centro del paese. Le sorprese ci furono al pomeriggio. Quattro di loro furono catturati dai tedeschi e deportati in una fabbrica chimica di Monaco. A fine ottobre otto giovani bubanesi della 7a GAP partirono da Osteriola con destinazione Bologna per prender parte alla prevista liberazione. A Crocetta di Medicina furono fermati dai tedeschi. Tre raggiunsero la città e parteciparono alla battaglia di Porta Lame. Due furono presi e deportati a lavorare in una fabbrica d'aerei a Dachau. Tre rientrarono alla base di partenza. Nel novembre '44, dopo il proclama Alexander i sappisti entrarono nella Croce Rossa. Il fronte, sul fiume Senio, era vicinissimo e le cannonate e i mitragliamenti aerei facevano morti e feriti. C'era sempre qualcuno da soccorrere e da ricoverare all'ospedale d'Imola o da seppellire al cimitero. Col sopraggiungere della primavera '45, le tre SAP ripresero l'attività spargendo, di notte, chiodi a quattro punte sulle strade di maggior traffico militare, trasmettendo al comando d'Imola le informazioni sulla dislocazione delle postazioni tedesche, manomettendo le segnalazioni stradali, versando sabbia nei serbatoi dei camions. Oltre a fare le staffette di collegamento e a trasportare armi e munizioni e stampa illegale, le donne si impegnarono in azioni di resistenza. Ecco le principali: 27.7.'43, una colonna di donne in bici partì da Chiavica e si recò a Imola sotto la Rocca a chiedere la liberazione dei detenuti politici; 29.4.'44, una cinquantina di donne manifestò davanti al Municipio chiedendo l'aumento delle razioni alimentari e la fine della guerra; 15.6.'44, molte donne presero parte al funerale nel cimitero di Bubano di Livia Venturini, morta a seguito delle ferite riportate nella sparatoria fascista del 29 aprile a Imola;
Agosto '44, le donne di Mordano manifestarono davanti al Municipio ottenendo il rilascio di una trentina di uomini rastrellati; 22.3.'45, un folto gruppo di donne invase il Municipio chiedendo generi alimentari. Il reggente del fascio venne schiaffeggiato.
Nell'autunno '44, per attuare la parola d'ordine "Nemmeno una zolla resti incolta!" i braccianti di Mordano, Bubano e Sasso Morelli formarono un collettivo) agricolo. I contadini misero a disposizione 100 tornature di terre non coltivate. 80 braccianti furono suddivisi in 6 squadre i cui capisquadra componenti il Consiglio direttivo segnavan le ore lavorate da ciascuno. Vennero seminati granturco, canapa e fagioli. La ripartizione dei prodotti fu al 50% anziché due terzi al proprietario e un terzo ai braccianti come stabilivan i patti agrari. Detratte le sementi per l'anno seguente il ricavato fu suddiviso secondo le ore lavorate.
Il 12 aprile gli alleati batterono a tappeto il territorio con canno nate e mitragliamenti aerei causando morti e feriti. Il 13 giunsero i loro mezzi cingolati e i camions, con polacchi e truppe di colore. I sappisti diedero un aiuto indicando le postazioni tedesche rimaste. Ci furono scontri e vennero fatti prigionieri. Il CLN ebbe premura di innalzare le bandiere delle quattro potenze alleate assieme a quella dell'Italia. I polacchi strapparono quella dell'URSS e tolsero quella italiana. L'Amministrazione Militare Alleata chiese la consegna di tutte le armi presenti nel territorio. Si sono avuti 5 partigiani caduti, 3 vittime per rappresaglia, 49 vittime civili per cause belliche e 23 militari caduti o dispersi al fronte.

Fonte: Graziano Zappi "Mirco" in Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, a cura di L. Arbizzani, Bologna, ANPI, 1998