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Marisa Tomesani, superstite dell’eccidio

Schede

Verso le 13 del 30/9/1944 giunse presso di noi (a Ca’ Roncadelli) una squadra di circa 10 tedeschi. Essi provenivano da Sperticano, o per lo meno da quella direzione, e dopo avere fatto radunare i contadini che stavano al piano terreno, nel cortile, sono proseguiti per le altre case vicine, dalle quali sono subito tornati portando con sé altre persone. In questo secondo momento si sono accorti anche della mia famiglia che abitava al piano di sopra e dovemmo scendere tutti nel cortile. Eravamo quindi in totale 22. Eravamo quasi tutti donne, bambini e vecchi, perché gli uomini, visti arrivare i tedeschi, erano già scappati per evitare il rastrellamento. I tedeschi ci chiesero dove erano i partigiani e rispondemmo che non ne sapevamo nulla. Ci chiesero dove erano i nostri uomini e dicemmo che erano a lavorare nei campi. Dopo questo interrogatorio hanno perquisito tutta la casa, ma non hanno trovato nulla che potesse dar loro motivo di rappresaglia o di punizione; nessuna arma o munizione. Dopo l’interrogatorio ci misero tutti in una stanza e ci chiusero dentro.
Non posso dire da che parte siano andati perché l’unica finestra della stanza guardava contro la stalla e non si vedeva quasi nulla se non il sentiero che viene da Colulla. Non chiusero la porta a chiave, ma noi restammo fermi dentro la casa per paura che ci sparassero addosso se ci fossimo mossi. Verso sera vedemmo scendere in fila indiana, dalla parte di Colulla, una lunga fila di soldati. Alcuni di questi vennero ad incendiare la stalla. Poi appiccarono il fuoco al resto della casa. In questo momento ci mettemmo a gridare perché colti dalla paura di essere bruciati in casa. Solo allora costoro si accorsero della nostra presenza. Ci fecero uscire nel cortile e ci lasciarono andare verso Sperticano; appena fatti pochi passi, però, ci sentimmo sparare addosso col mitra e poi ci lanciarono delle bombe a mano. Io stessa fui ferita alla spalla destra. Dopo averci sparato addosso, credendoci tutti morti, si avvicinarono e aprirono le valigie che avevamo portato con noi, dopo raccolta un po’ di roba, prima di essere rinchiusi in casa. Li sentivo parlare e ridere. Poi hanno proseguito nella loro strada. Di 22 persone rimanemmo in vita soltanto 6.

Annamaria Cinti, "La strage di Marzabotto nel processo Reder", Tesi di laurea, Università degli Studi di Urbino, 1970-71
[SM]
Note
3