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Malalbergo, (BO)

1943 | 1945

Insediamento

Schede

Nei giorni seguenti l'annuncio dell'armistizio dell’8 settembre '43 , dietro gli indirizzi diffusi dall'organizzazione comunista provinciale, anche a Malalbergo venne dato l'assalto al deposito del grano (v. Bologna). Nelle settimane successive cominciò l'organizzazione sotterranea della lotta contro i nazifascisti, sia per condurre la lotta armata e sia per un intervento popolare sul terreno sociale e politico. Nei mesi che seguirono, accanto a fatti d'armi compiuti dai partigiani emersero, infatti, lotte e conquiste che coinvolsero numerosi lavoratori e lavoratrici e vasti strati della popolazione comunale. Nel novembre del 1943, al tempo del taglio del riso e della sua trebbiatura, i risaioli e le risaiole si attivarono per ottenere salari più remunerativi e costrinsero i risieri a concedere: per la mietitura £. 20 all'ora, più £. 5 (se senza vino) e Kg. 2 di riso grezzo per giornata lavorativa; per la trebbiatura, £ 15 all'ora, più £.8 (se senza vino) e Kg. 2 di riso grezzo per giornata lavorativa. Fu un successo maggiore a quello raggiunto, pochi giorni prima, dai lavoratori di Bentivoglio e stimolò i lavoratori di Minerbio ad un'azione per conquistarlo.
L'8 maggio 1944 a Malalbergo, 500 braccianti e mondine, scesero in piazza protestando contro le gravi condizioni causate dalla guerra. Intervennero carabinieri e fascisti minacciosi, ma la manifestazione non venne stroncata: le donne contestarono con decisione; qualcuna, delle più fiere, venne schiaffeggiata e lo strepitio salì ancor di più. Una ventina di loro venne portata in caserma, ma presto furono rilasciate. All'epoca della monda, le risaiole di Malalbergo parteciparono allo sciopero generale di categoria che investì tutti i comuni risicoli (v. Bentivoglio). Le 1.300 lavoratrici ingaggiate, malalberghesi e "forestiere", si astennero parzialmente dal lavoro il 13 ed il 14 giugno e, compatte, nei cinque giorni successivi fino al 20. Contro le mondine intervennero più volte i carabinieri, le minacciarono e le impaurirono con sparatorie in aria: ciò indusse qualche gruppo di donne a lavorare. Il 15, il reggente del fascio e alcuni militi si nascosero dentro un casotto di risaia, per scoprire fra le scioperanti quali erano le dirigenti e, ad un tratto, si avventarono sulle donne con i mitra spianati, le insultarono e le minacciarono e quindi le costrinsero a riprendere il lavoro. Poco dopo lungo gli arginelli delle piane giunsero alcuni partigiani: un fascista di guardia fu disarmato e gli altri scapparono. Le mondine ripresero lo sciopero e lo continuarono nei giorni seguenti ed al loro fianco si schierarono anche le braccianti ingaggiate nei "lavori all'asciutto". Da luglio agli inizi di settembre l'attività partigiana, che continuò con colpi di mano, disarmi, sabotaggi, ecc. ebbe quale obiettivo principale il traffico militare tedesco sulla strada statale Ferrarese. II 4 luglio ad Altedo fu messo fuori uso un camion tedesco; il 26 agosto a Malalbergo furono attaccati vari automezzi; il 9 settembre, ancora nei pressi del capoluogo, fu sferrato un attacco a una colonna di autocarri, a cui seguì uno scontro nel corso del quale furono inflitte perdite consistenti al nemico.
L'11 settembre, nella frazione Ponticelli, vennero uccisi il segretario del fascio repubblicano di Malalbergo e un milite che lo accompagnava.
Domenica 17 settembre scattò la rappresaglia da parte di numerosi fascisti giunti da Bologna. Gli abitanti della località Ponticelli avevano abbandonato le loro case e si erano rifugiati in aperta campagna o nella attigua Valle delle Tombe, trovando nascondigli tra i canneti. I partigiani si schierarono a difesa della popolazione, impegnando una vera e propria battaglia che durò l'intera giornata. Nel pomeriggio ai partigiani malalberghesi se ne aggiunsero altri che avevano scortata la manifestazione popolare svoltasi a Massumatico di San Pietro in Casale (v.). I fascisti uccisero quattro partigiani di Ponticelli e uno di San Pietro trovati nei paraggi, ma non entrarono in zona valliva. Il durissimo scontro terminò con la ritirata delle "camicie nere". Nella frazione di Pegola il 2 ottobre si svolse un combattimento in campo aperto. Alle 9 del mattino un gruppo di BBNN attaccò una base SAP, ma dopo un furioso scambio di colpi di fucile, fu costretto a ritirarsi. Nel pomeriggio 12 militi ritornarono all'attacco appoggiati da una ventina di tedeschi. I sappisti si erano disposti opportunamente. Un gruppo li accolse frontalmente con raffiche di mitraglia e colpi di moschetto mentre altri due gruppi li attaccarono ai lati. Al termine della manovra, i partigiani accerchiarono i fascisti ed isolarono i tedeschi, che, sotto il fuoco della mitraglia, lasciarono il campo. Poco dopo, otto fascisti superstiti vennero fatti prigionieri ed i sappisti fecero un forte recupero di armi.
Nello stesso giorno venne catturato il partigiano Dino Gotti (classe 1919), trucidato in mezzo ad un campo ed abbandonato. Al suo nome venne intestato il battaglione che operava nel territorio comunale. Dai primi giorni di gennaio ai primi di marzo, nel corso di alcuni rastrellamenti, vennero catturati numerosi malalberghesi, partigiani e non, che furono poi incarcerati a S. Giovanni in Monte a Bologna. In date diverse, fra il 10 febbraio e l'aprile, furono prelevati dal carcere nottetempo, fucilati e sepolti dentro le buche provocate dalle bombe aeree nei pressi della stazione ferroviaria di San Ruffillo. Dopo la Liberazione, da quelle "fosse" sono stati dissepolti un centinaio di cadaveri, tra cui quelli di 16 malalberghesi. Dall'autunno all'aprile 1945, l'attività partigiana si intensificò, rivelandosi in decine e decine di episodi: contro i trasporti militari, a sostegno dell'azione contadina contro gli ammassi obbligatori e le razzie tedesche, nell'eliminazione delle spie, con la protezione delle dimostrazioni popolari, ecc. Dall'insieme emergono alcuni fatti che di seguito illustriamo. Nel capoluogo, il 3 febbraio 1945, alcuni giovani sappisti furono arrestati da militi della GNR. Raccoltasi in breve tempo un'ottantina di donne ne reclamò la liberazione affrontando il Commissario prefettizio che venne anche percosso. Il giorno successivo in località Casoni, i partigiani requisirono merce da speculatori. Meno di venti giorni dopo, il 21 febbraio, le donne (circa 120) manifestarono davanti al municipio per avere soddisfazione delle promesse di generi alimentari. Il Commissario prefettizio, spalleggiato da militari tedeschi rispose che non ce n'erano. Le donne coralmente l'accusarono di mentire. Una gridò "Falsi! Se vengono a denunciare un italiano gli date 10 chili di sale e denaro!". I tedeschi spianarono le armi, ma le donne più coraggiose proseguirono nella protesta. Pur continuando la presenza nazifascista e la clandestinità a Malalbergo, fu avviato un lavorio per la ricostruzione e la costruzione di organizzazioni tradizionali e nuove per il post-liberazione. Nel febbraio 1945 un gruppo di braccianti prese in consegna 276 tornature di terra incolta dell'azienda agraria "Propaganda Fide" per coltivarle e cominciò a lavorarle collettivamente. Nel capoluogo comunale venne ricostituita la Camera del lavoro, con un proprio comitato ed un responsabile e, nelle settimane successive, circa seicento lavoratori agricoli, aderendo all'iniziativa, cominciarono a pagare regolarmente piccole quote associative. Nella frazione di Pegola, dal 1° aprile, entrò in funzione una specie di ufficio di collocamento, con un dirigente designato dai lavoratori per gestire l'assegnazione "ugualitaria" del lavoro ai giornalieri. I proprietari terrieri furono indotti a riconoscerlo e corrisposero l'1 per cento sul monte salario pagato ai braccianti per contribuire alle esigenze finanziarie, come era nella tradizione prefascista. Il 19 aprile, durante la notte, stormi di bombardieri degli Alleati, diretti a far saltare il ponte sul fiume Reno, a poche centinaia di metri dall'abitato di Malalbergo, per un errore di puntamento, provocarono una strage. Le potenti bombe sganciate, anziché cadere sulle arcate del ponte, scoppiarono sul palazzo municipale, sulla chiesa, sulle scuole comunali, sulle case di vari borghi del paese, su rifugi antiaerei che non resistettero all'urto, e anche sulla Casa del fascio, provocando 44 morti e numerosi feriti ed enormi distruzioni.
Malalbergo fu liberato il 22 aprile 1945. Il 24 successivo, in accordo con il Comando militare alleato vennero nominati la Giunta comunale e il sindaco, nella persona - come trent'anni prima - di Zeno Pezzoli.

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998