Monte Santo (Slovenia)

Monte Santo (Slovenia)

Scheda

Per chi oggi a Gorizia volge lo sguardo verso nord risulterà inconfondibile la cima del Monte Santo grazie al grande monastero che si staglia netto sulla cima. Il nome originario di questo luogo è Skalnica. Si chiama Monte Santo dall'apparizione della Madonna alla pastorella Uršula Ferligoj di Grgar (Gargaro) avvenuta nell'anno 1539.

Il Monte Santo si trova sulla riva sinistra dell'Isonzo, alle spalle del monte Sabotino, a nord di Gorizia.
Dalla vetta del Monte Santo si dipana una lunga dorsale montuosa che con andamento sud-est nord-ovest segue il corso dell'Isonzo, toccando le vette del monte Vodice (quota 652), del monte Kuk (quota 611) e digradando verso l'ansa del fiume con la più piccola quota 383.
Al contempo il Monte Santo è collegato tramite la Sella Dol ad un altro gruppo montuoso ad esso prospiciente verso sud-est: il monte San Gabriele con i suoi vari contrafforti, il Veliki Hrib, il Santa Caterina, il San Daniele.
Il possesso del Monte Santo, quindi, dava un netto vantaggio agli austroungarici che, su questi monti avevano imbastito una linea difensiva molto robusta che funse da nuovo baluardo a seguito della caduta della testa di ponte di Gorizia nella sesta battaglia dell'Isonzo dell'agosto 1916.
Il Monte Santo, difatti, fu attaccato già sul finire di questa battaglia e per tutte le offensive successive, per poi venire investito in maniera massiccia soprattutto durante la decima battaglia dell'Isonzo che tendeva alla conquista dell'intera dorsale Kuk - Vodice.
Sebbene questi due monti che componevano il bastione difensivo austriaco a picco sull'Isonzo, dominante la testa di ponte di Plava, fossero caduti nel maggio 1917 in mani italiane, il Monte Santo cadde solo nella undicesima battaglia, detta della Bainsizza.
Tragici ed infruttuosi furono i tentativi di conquista da parte italiana durante la decima battaglia dell'Isonzo. Varie volte i reparti italiani raggiunsero la vetta dove le artiglierie avevano spianato e ridotto in macerie il vecchio monastero, per poi venirne sempre ricacciati dai violenti contrattacchi austriaci, provenienti soprattutto da Sella Dol e dal San Gabriele che non cadde mai definitivamente in mani italiane. Nota è la vicenda della brigata Campobasso (229° e 230° reggimento fanteria) che, in un attacco secondario, approfittando della concomitanza di altri attacchi lungo la contesa dorsale, riuscì con alcuni reparti a conquistare la vetta. L'intero presidio italiano venne catturato dal contrattacco austriaco che vinse la disperata resistenza di questo pugno di uomini, tra i quali era Guido Slataper, fratello minore del più famoso Scipio, irredento, volontario nell'esercito italiano. Catturato dagli austriaci non fu riconosciuto come irredento e scampò quindi la pena di morte. Già decorato di diverse onorificenze, per l'azione del Monte Santo fu insignito della medaglia d'oro al valor militare.
Sul Monte Santo avvenne un altro noto episodio nell'agosto 1917, probabilmente in emulazione di un fatto del tutto simile avvenuto sul monte Vodice nel maggio dello stesso anno. Il maestro Arturo Toscanini, fervente interventista ed entusiasta della guerra, diresse a ridosso delle prime linee un concerto in concomitanza di un violento bombardamento preparatorio in vista di un attacco italiano.
Il grande successo italiano durante questa battaglia, che portò alla conquista del grande altipiano, fu però reso effimero dalla tenace e strenua resistenza del monte San Gabriele che rimase saldamente in mani austriache sebbene stretto sempre più d'assedio dagli italiani. La caduta del Monte Santo e di Sella Dol fu una vana illusione di successo poichè, di contro, il San Gabriele resisteva ancora. A causa del pericolo di un ulteriore attacco italiano in profondità in questo settore che avrebbe causato la caduta dell'importantissima arteria di rifernimento del Vallone di Chiapovano, indusse gli alti comandi imperiali a ponderare una controffensiva per ricacciare indietro gli italiani con l'aiuto dell'alleato tedesco e delle truppe disponibili dal fronte orientale: l'offensiva di Caporetto.

Giacomo Bollini

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