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Monte Lemerle, monte Zovetto, monte Magnaboschi

Di rilevanza storica

Schede

Il monte Lemerle fa parte delle catene montuose della parte sud occidentale dell'Altopiano di Asiago. Posto poco a sud dell'abitato di Cesuna, uno dei sette comuni dell'altipiano, divenne luogo di aspri combattimenti a partire dal giugno 1916 a seguito della cosiddetta Strafexpedition austriaca. Fino a quel momento l'area di Cesuna era stata una tranquilla retrovia  e luogo di riposo e di depositi e comandi per le truppe italiane schierate più a nord, lungo il vecchio confine, in proiezione offensiva verso la piana di Vezzena, le alture che dominano la Valsugana da sud e la fascia dei forti austroungarici a protezione di questa zona.
La grande offensiva austriaca del giugno 1916 ruppe questa linea sulla quale si erano fossilizzate le posizioni dopo un intero anno di combattimenti infruttuosi.
Una rapida avanzata lungo la Val d'Assa, che taglia la parte occidentale dell'altipiano con andamento nord-sud, portò al serio pericolo di uno sbocco austriaco verso la pianura veneta. Rimaneva a disposizione degli italiani un'ultima cintura di monti prima del grande salto verso il basso: i boscosi monti a sud di Cesuna, Asiago e Gallio, dove esistevano posizioni appena accennate e nulla era predisposto per una resistenza armata. Nella zona di Cesuna gli italiani andarono a schierarsi fra il monte Lemerle, il monte Magnaboschi, il monte Pau e il monte Zovetto. Qui i reparti, disorganizzati e non pratici del terreno, riuscirono incredibilmente a resistere ad un ulteriore tentativo di affondo austriaco. Le brigate Granatieri (1° e 2° reggimento), Forlì (43° e 44° reggimento fanteria), Trapani (144°, 149° e 150° reggimento fanteria), Modena (41° e 42° reggimento fanteria), Udine (95° e 96° reggimento fanteria) e Liguria (157° e 158° reggimento fanteria) ressero l'urto sebbene il pericolo di uno sfondamento si presentasse imminente a più riprese. Riporta Gianni Pieropan nel suo libro Le montagne scottano: “Quando il giornalista Giuseppe De Mori si riaffacciò sullo Zovetto, stando a fianco dello stesso generale Papa (comandante della brigata Liguria che aveva tenuto la linea dello Zovetto), esso gli apparve bruciato, sconvolto, tutto un terriccio giallo ed un pietrame grigio, seminato di cadaveri e gemente di feriti, una visione tragica e nel contempo sublime, perché da quelle buche, da quei crepacci, da quelle trincee di cadaveri si vedevano emergere gli elmetti dei Fanti e le canne dei lori fucili, rari, ma impavidi e intrepidi”. A testimonianza di questi fatti d'armi, in loco, ancora oggi, sono ben visibili i monumenti dedicati a questi reparti.
Quando a fine giugno 1916 gli austriaci si ritirarono dalla conca di Asiago per arroccarsi sulle alture a nord della piana centrale dell'altipiano, su quella che venne ribattezzata come "linea di difesa invernale", che toccava monti che balzarono agli onori delle cronache di guerra, monte Mosciagh, monte Interrotto, monte Zingarella, monte Colombara, monte Zebio, monte Chiesa, monte Forno, monte Campigoletti e monte Ortigara, la quiete tonò fra le valli e i monti a sud di Cesuna.
Il fronte fletté nuovamente e pericolosamente verso sud in coincidenza con la "battaglia del Solstizio" dell'estate 1918, quando gli austriaci tentarono il loro ultimo affondo verso la pianura veneta. La linea si andò ancora una volta a stabilizzare su questi monti sui quali, ora, erano stanziate in posizioni già preparate da tempo, anche truppe inglesi. A testimonianza del sacrificio dei reparti inglesi in questo tratto di fronte ci sono ancora oggi, ben tenuti dalla Commonwealth War Graves Commission, ben 5 cimiteri di guerra.