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Carlo Monari

1831 - 21 Luglio 1918

Scheda

Il Museo civico del Risorgimento di Bologna ha in programma la realizzazione di un volume monografico dedicato all'artista. Chi fosse a conoscenza di opere o dati biografici è pregato di contattare il Museo: museorisorgimento@comune.bologna.it 051.225583

Carlo Monari è tra i protagonisti della scultura bolognese a cavallo tra Otto e Novecento. Le foto del fondo Belluzzi del Museo del Risorgimento offrono un buon numero di sculture inedite, offrendoci una visione più esaustiva della sua produzione, non solo legata al tema funerario nella Certosa. Monari inizia fin da giovanissimo il suo apprendistato artistico, ma nel contempo entra a far parte come volontario della Guardia del Governo provvisorio delle Romagne (1859), e partecipa alle battaglie di Bezzecca e Mentana del 1866 e 1867: slancio patriottico che gli viene riconosciuto ufficialmente dalla città solo nel 1913. A tredici anni risulta presente nell'Accademia di Belle Arti, dove segue i corsi di ornato e figura sotto Cincinnato Baruzzi e, tra 1853 e 1862, si distingue durante le premiazioni annuali con diversi lavori, tra cui il Narciso alla fonte, con cui vince il premio Curlandese del 1854. Quattro anni dopo, presso la Società Protettrice mostra Dejanira, mentre nel 1863 è premiato per la scultura e, ormai artista maturo, esegue La Schiava, acquistata per conto del Re al prezzo di 665 lire. Un altro gesso, Fauno, viene venduto in seguito alla Società Protettrice per 500 lire. Segue la Margherita del Faust, mentre successivamente vengono esposte a Bologna cinque opere: Donna ginocchioni che prega per la tomba Minelli in Certosa; due angeli a bassorilievo, uno in marmo e l’altro in gesso; un bozzetto per un monumento a Galvani e un ritratto in gesso. Lo stesso anno a Parigi viene esposto nuovamente il Fauno, insieme alla Schiava, e il Ratto di Dejanira. In questi anni di attività febbrile la sua residenza è a Bologna, in via Cartolerie 1266.

La foto antica che riproduce il gesso della Margherita del Faust, potrebbe riferirsi a quello esposto nel 1865 presso la Società Protettrice di Belle Arti di Bologna. Questo istituto consente agli artisti di esporre le loro opere in pubblico, ogni anno, con l'opportunità di poterle vendere. La scultura mostra come l'artista, ormai trentenne, abbia maturato il suo stile personale, in cui verità e sentimento romantico coincidono perfettamente, affrancandosi dallo stile classico del maestro Cincinnato Baruzzi. La scelta di questo tema, derivata dal romanzo di Goethe è, come per l'Ofelia, sintomo di interessi che Monari ha verso la letteratura e la cultura operistica e teatrale. Bologna con il suo Teatro Comunale e gli altri palcoscenici cittadini, offre una variegata e aggiornatissima produzione musicale, divenendo in breve la capitale italiana della cultura wagneriana. Derivazioni operistiche dell'opera di Goethe sono scritte da Berlioz nel 1846, Wagner nel '52 e Schumann nel '62, mentre il primo ottobre 1864 a Bologna si tiene il Faust, dramma lirico di Charles Gounod, che riscuote un tale successo da essere replicato negli anni successivi. Questo soggetto è poi riproposto nella raccolta di scritti intitolato Ciarle bolognesi di Franco Mistrali, autore che dedica anche una bella pagina al leone di Monari per il bozzetto del Monumento ai Martiri dell'Indipendenza. Il gesso con Maria Teresa che allatta il bambino di una povera, viene esposto a Torino e a Roma nel 1880, data questa con cui termina le quattro Sirene per il ponte sul Reno a Bologna. L'anno successivo a Milano si ammira la versione in bronzo della Bianca Capello, ed all'esposizione di Torino, porta Mima romana. La Mima è una bella fanciulla colta nella danza che può essere messa a confronto con la più vecchia Frine di Francesco Barzaghi (1867), mostrando come rientri pienamente in un diffuso apprezzamento per il nudo, svincolato da temi classici che ne giustifichino l'esecuzione. Un confronto contemporaneo si può proporre con le figure femminili di Fracesco Jerace, quali la Victa del 1880. In occasione dell'Esposizione Emiliana di Bologna (1888), esegue diversi lavori, tra cui un bozzetto per il monumento a Ugo Bassi e due grandi gruppi alti oltre tre metri. Sono questi ultimi La Musica vocale e La Musica strumentale, opere in cemento collocate sulla sommità del padiglione della Musica. Sempre all'Esposizione, nel Tempio del Risorgimento, è collocato un suo ritratto di Pietro Pietramellara. Per il Pantheon degli illustri bolognesi della Certosa, il Municipio gli richiede i ritratti in marmo di Massimiliano Angelelli (1863), Antonio Bertoloni (1872), Anna Manzolini (1878), Carlo Berti Pichat (1880), Gioacchino Napoleone Pepoli e Francesco Roncati (1910). Nel 1892 a Bologna si inaugura il piccolo cippo dedicato a Cavour nell'omonima piazza, sulla sommità è posto il busto in marmo di Monari.

Vasto e sempre di altissima qualità il catalogo di opere funerarie alla Certosa, che comprende tra piccoli ritratti, busti e grandi sculture, quasi trenta opere, che coprono gran parte della sua attività. Tra queste ne indichiamo alcune: il gruppo della Madonna col Bambino, nella nicchia gotica della famiglia Acquaderni; la cappella Pezzoli Paglia del 1880 circa; il grande bassorilievo della famiglia Magistrini; la cella Bersani, firmata e datata 1883; il grande marmo rappresentante La Gloria insieme ad un ritratto per la cappella Rizzi (1888); il cippo con busto di Giovanni Atti, firmato e datato 1889; la scultura a tutto tondo dedicata a Orsolina Beretta (1893). Uno dei suoi capolavori, il ritratto di Enea Cocchi, è databile al 1867/68, contemporaneo a simili temi proposti da Vela e Duprè. Le cronache contemporanee riportano inoltre l'apprezzamento dello stesso Duprè per il piccolo angelo che Monari pone sul proprio sepolcro di famiglia. Tra i suoi lavori vi è anche l'Eva che stacca il pomo, completata in marmo sul modello di Cincinnato Baruzzi e collocata sulla tomba di quest'ultimo, come da sue indicazioni testamentarie: opera purtroppo trafugata negli anni '80 del secolo scorso. Sul basamento sono ancora collocati i tondi coi ritratti di Baruzzi e della moglie, opere del nostro. Presso il Cimitero bolognese è collocato dal 1883 l'imponente modello in gesso rappresentante un leone ferito, per un Monumento ai Martiri dell'Indipendenza (1867 ca.), originariamente pensato per commemorare la cacciata degli austriaci da parte dei bolognesi l'Otto agosto 1848. Il lavoro di Monari viene poi scartato dalla giuria e infine sostituito, a seguito di concorso, con il monumento di Pasquale Rizzoli che oggi si ammira nell'omonima piazza. Lo scultore fa certamente parte del nutrito gruppo di artisti che applicano una “mise en scène” per la nascente borghesia, ma se ne discosta dalla esibita teatralità. Tra gli esempi di confronto vi sono quelli con il Rivalta per la tomba Raggio a Genova (1872), o di Vincenzo Vela nei ritratti delle due regine di casa Savoia, colte in ginocchio a pregare. Confrontando queste ultime con analoghi soggetti di Monari (ad es. cella Mutti in Certosa), si osserva come il nostro raggiunge esiti simili dal punto di vista tecnico, ma che non dominano sul soggetto da ritrarre, oltre a controllare pesi e misure di ogni elemento, fino a raggiungere un pacato silenzio.

Le sue opere furono anche fonte di ispirazione poetica. Così Enrico Panzacchi nel 1877 dedica una poesia a Giulia Majani, che volle farsi ritrarre da Monari in preghiera sulla tomba di famiglia: Presso la porta dell'avel fraterno, Il dì e la notte, ai caldi soli e al verno / Sta la bianca fanciulla inginocchiata / Assorta da un mestissimo pensier; / E la credono in marmo tramutata / Come l'antica Niobe / Quando i suoi nati esanimi / Si vide al piè cader. / Non mutan piega i suoi veli fluenti, / Non si riscuote al passo dei viventi: / Immoto il seno, immoti e senza pianto / Non guardano i soavi occhi nel ciel, / Guardando fiso il tumulo soltanto, / E par che dica: "schiudimi / L'asil della tua requie, / O mio dolce fratel!" / E verrà l'ora. Mentre a notte bruna / Entra pè claustri tacita la luna, / Si sentirà la porta dell'avello / Lentamente sui cardini girar, / E sommessa la voce del fratello, / "Vienmi più presso, o pallida / Suora, e meco riposati! / Fra l'ombre sussurrar, / E il suon lieve d'un bacio.... A poco a poco / Cesseran l'ombre del funereo loco, / Fra le croci e sui cippi indifferente / L'alba rosata ancor sorriderà: / Ma il dì, compresa da stupor, la gente / Questa fanciulla candida / Presso il fraterno tumulo / Indarno cercherà.

Così viene segnalato da Angelo De Gubernatis in 'Dizionario degli artisti italiani viventi', ed Gonnelli, 1906: scultore emiliano, residente a Bologna, bravo ed originale artista, autore di una bella statua della Bianca Cappello che fu esposta a Milano nel 1881, ha eseguito pure un'altra statua bellissima rappresentante una Mima romana, che ammiravasi a Torino nel 1884. Nella stessa città, alla Esposizione ivi tenutasi nel 1880, aveva un altro bel gruppo rappresentante: Maria Teresa che allatta il bambino di una povera donna. Ha fatto molti ritratti, bassorilievi e medaglioni funebri e commemorativi ed è uno dei più valenti scultori della dotta Bologna.

Roberto Martorelli

Estratto dal volume di R. Martorelli, Cento anni di scultura bolognese. L’album fotografico Belluzzi e le sculture del Museo civico del Risorgimento, numero monografico de “Bollettino del Museo del Risorgimento”, LIII, 2008.