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Camillo Minarelli

1781 - 1854

Scheda

"Minarelli Camillo, d'anni 50, di Bologna, maestro di scuola. - Antico settario, nemico del Governo, cooperò alla rivolta, molte volte tenne in casa sua riunioni dei primari ribelli per tramare contro il Governo ed il sovrano, eccitò la gioventù alla malintesa libertà, in special modo i suoi scolari facendo loro conoscere gl'immensi vantaggi che si sarebbero ottenuti dal liberalismo. Scrisse e recitò inni patriottici. (V. il Precursore). Ora è quieto." (Dal 'Libro dei compromessi politici nella rivoluzione del 1831 - 1832').

"In uno dei tanti discorsi pronunciati e nella “dispensa dé premi annuali agli alunni delle private Scuole Minarelli”, il 23 dicembre 1850 Salvatore Muzzi (1807-1884) chiamava fortunati i giovani suoi uditori per essere nati “in un'età in cui dei fanciulli di ogni classe tiensi più cura di gran lunga che per lo addietro, in un'età in cui il numero degl'istitutori è di molto aumentato più che nei tempi che già furono in un'età in cui Governi e Comuni raddoppiano le scuole, favoriscono ed incoraggiano i migliori maestri, studiando il modo di cominciare l'educazione dalla nascita, nel fine precipuo che tanti mali del civile consorzio vengano sradicati nel primo lor germe”. Ingegno e bontà parole di S. M. Soc. tip, bolognese, 1850, p. 11).

Profondo conoscitore della storia cittadina, che raccolse negli otto volumi degli Annali di Bologna, il Muzzi era in grado, come pochi, di far confronti col passato, in cui “un’infinita moltitudine di fanciulli poveri crescevano inculti e pressochè abbandonati”. Ed infatti, dall'applicazione della Bolla "Quod Divina Sapientia" del 28 agosto 1824, che riorganizzò l'insegnamento nello Stato Pontificio, le scuole avevano avuto un lento ma costante sviluppo anche in Bologna. Bastano pochi rilievi a dimostrarlo: alla pubblicazione della Bolla, le scuole pubbliche in tutta la Provincia erano appena un'ottantina, mentre nel 1850 erano salite a 120; le scuole private si erano quasi raddoppiate - da 220 erano passate a 430 ed avevano assunto un carattere di maggiore serietà, essendo stati obbligati gl'insegnanti ad ottenere la patente attraverso appositi esami. Inoltre, accanto alle scuole tradizionali dell'aritmetica e della rettorica, corrispondenti rispettivamente alle nostre elementari e medie, ne sorsero successivamente altre a favore delle classi umili. Nel 1830 nacquero le Scuole della Provvidenza per l'istruzione delle fanciulle abbandonate; nel 38 le Scuole notturne, fondate da D. Giuseppe Bedetti per i ragazzetti occupati nelle botteghe, che non potevano frequentare le diurne; nel '44 dal Comune veniva realizzata la Scuola del disegno applicato alle arti, per la fondazione della quale fin dal 1828 erano stati generosamente disposti i mezzi dai benemeriti docenti universitari Giovanni Aldini e Luigi Valeriani; infine, nel '47, veniva istituito il primo Asilo infantile. Sono appunto queste nuove istituzioni scolastiche a cui allude il Muzzi, le quali erano venute ad affiancarsi alle vecchie Scuole Pie e alle tradizionali scuole del latino. Siamo nel tempo in cui, alla finalità individuale dell'istruzione, si va accoppiando l'idea d'una finalità sociale, per cui sorgono nuove scuole sotto l'urgenza dei nuovi bisogni. Questi, tuttavia, vengono soddisfatti non dallo Stato, bensì dai privati; cosicché, negli anni che seguirono la Restaurazione, fiorirono molte scuole private, una gran parte delle quali ebbe vita effimera. Tra le più notevoli, per durata e per importanza, eccelle la scuola elementare fondata nel 1814 da Camillo Minarelli, la cui figura merita di essere ricordata a cent'anni dalla sua scomparsa.

Infatti egli visse dal 1781 al 1854, dedicando un cinquantennio di attività all'insegnamento. A 25 anni era entrato ad insegnare nelle Scuole Pie dove si distinse nell'aritmetica, come dimostrano le sue pubblicazioni in quella materia. Se non che, essendosi compromesso nel tentativo di Gioacchino Murat, nel 1814 venne allontanato dalle scuole. Allora aprì nell'ex convento di Santa Margherita (poi adibito a caserma) una scuola elementare, nella quale, oltre l'insegnamento dell'aritmetica e della grammatica italiana, impartiva quello delle lettere umane, dell'algebra e della geometria. Per le sue ottime qualità d'insegnante, venne riammesso nelle Scuole Pie nel 1830, alla vigilia di quei moti che dovevano procurargli un nuovo allontanamento, sotto la duplice accusa di essere stato uno dei principali motori della rivolta in città e nelle scuole, e di aver fatto poetiche composizioni in lode de' ribelli. A sua difesa, il maestro espose, in un ampio memoriale al Prefetto delle scuole, Mons. Leopoldo Pagani, il suo contegno come insegnante e come cittadino, riuscendo due anni dopo a rioccupare il posto trattandosi di un documento inedito, vale la pena di riportarne i passi più significativi, relativi al periodo dal 4 febbraio al 20 marzo 1831, in cui una certa eco degli avvenimenti si ebbe anche nelle scuole. “In tutto quell'intervallo”, scrive il Minarelli, “mi sono adoperato a mantenere, per quanto era in mio potere, gli scolari nella più perfetta sommissione e tranquillità; e tali cure furono coronate dal più felice successo, giacché in tutto quel tempo non si udì mai nelle Scuole Pie un solo di quei gridi sediziosi che si udivano di continuo per le contrade della città (come in altre elementari scuole era avvenuto) e si poté con tutta tranquillità e con molto profitto degli scolari nostri dare in quel tempo gli spirituali esercizi. Anzi, e lo possono attestare tutti gli scolari miei, avendo io sentito nella scuola la mattina del 5 febbraio alcuni scolari parlare dello scompiglio che regnava nella città, esortai caldamente tutti ad osservare per le strade il più tranquillo contegno, che lasciassero gridar libertà a chi voleva, ma che essi non dovevano che pensar ad ubbidire ai loro superiori e mostrarsi diligenti e virtuosi”. Passando quindi a parlare della sua condotta come cittadino, il maestro afferma che, “conoscendo tanti giovani partigiani delle novità, s'intromise presso di loro onde calmare gli animi ed impedire o scemare almeno i disordini che ci sovrastavano”. “Con questo mezzo”, egli continua, “potei render vano il progetto di quei sediziosi che concitavano il popolo ad infierire contro il cessato Direttore di Polizia Dr. Arzé e contro gli altri impiegati; potei far sì che alcuni ambiziosi o bisognosi di pane rinunciassero alle mire che avevano di occupare le cariche di non pochi fedeli impiegati pontifici; potei felicemente oppormi ad alcune innovazioni che tosto da alcuni si avrebbero volute introdurre nelle scuole elementari e potei impedire o menomare non pochi altri disordini, a tal punto che da taluni fu sparsa fama che sotto false sembianze di moderazione e di amor patrio, io ero una spia ed un mascherato agente del governo pontificio”. Infine, quanto all'accusa delle poetiche composizioni in lode dei ribelli (di cui aveva dato notizia la Gazzetta di Bologna nel n. 119), il Minarelli ammette che, “invitato ad un pranzo in mezzo al vuotarsi delle bottiglie” improvvisò alcuni versi per assecondare il desiderio dei commensali; aggiunge però che “i fumi del vino valsero a far comparire quei disgraziatissimi versi, e disordinati, in cui più di ogni altra cosa certamente parlai del liquore che rallegrava la comitiva, e quindi confesserò volentieri che quell'articolo del giornale in cui si fa menzione di quella baia, è una stolta esagerazione del redattore dell'articolo, il quale forse con ciò intese scioccamente di farmi una grata sorpresa o piuttosto di mostrarmi la sua gratitudine per avergli alcuni anni prima regalati alcuni scudi per le spese della sua laureazione”. (Arch. municipale di Bologna Azienda Scuole Pie a. 1833). Dell'azione moderatrice compiuta dal Minarelli era rimasto convinto anche l’Arcivescovo, il Card. Carlo Oppizzoni, il quale riconoscendo che gli ha fornito “dei buoni allievi”, esprimeva il desiderio presso l'apposita Commissione di Polizia che “la faccenda avesse buon esito”. E infatti la Commissione, con delibera del 25 agosto 1833, assolveva il maestro da ogni censura, proponendone la riabilitazione, anche perché “sarebbe difficilissimo sostituirlo”. Pertanto al Minarelli fu concesso di riprendere l'insegnamento nelle Scuole Pie e di continuare a dirigere la sua scuola privata.

Questa, che si era mantenuta in vita anche durante gli anni della sua epurazione, nel 1836 si trasferì in Via Castiglione nel nuovo Palazzo Pepoli. Nell'ampia sede la scuola s'ingrandi sempre più, diventando uno degli Istituti più reputati di Bologna, dal quale uscirono giovani che poi salirono in fama, come Rodolfo Audinot, Francesco Rizzoli, Francesco Bertelli, G. B. Lapi, ecc. L'intraprendente maestro vi aveva creato un complesso di studi che mettevano in grado i giovanetti di accedere agli studi superiori di lettere e di scienze o di esercitare impieghi amministrativi, economici e commerciali. Soprattutto per la preparazione di questi ultimi, con felice intuito, si adoperò il Minarelli, il quale fu il primo in Bologna ad insegnare la stenografia nella sua scuola. Nel volume XIII de “L'Archiginnasio” Giuseppe Aliprandi riferisce un brano tolto dal “Breve trattato di stenografia” che Salvatore Muzzi aggiunse alla sua Piccola Guida allo scrivere lettere compilata per uso dei fanciulli (Bologna 1852). Dato il suo interesse, riportiamo il passo del Muzzi: “Il prestantissimo institutore bolognese signor Camillo Minarelli, veduta l'operetta del Delpino ed osservato inoltre il libro del Taylor, considerò l'idea loro stenografica con quella perspicacia che in tutte le cose sì lo distingue, e compilò una Tabella, che non cede a verun'altra per chiarezza di scrittura e sicurezza di interpretazione... Tale tabella del nostro autore è oggidì propagata a modo nella scuola da lui diretta e condotta da ben nove lustri; e tutti que' discepoli i quali posseggono ivi l'esercizio della scrittura corsiva comune, posseggono quello pur anche della scrittura stenografica e con mirabile facilità l'eseguiscono sotto dettatura e traducono inoltre con prontezza così sulla propria come sull'altrui esecuzione”. Essendo venuto a conoscenza di questa scuola, il Ministro degl'Interni, Terenzio Mamiani, nel 1848 richiede alcuni stenografi per le due Assemblee legislative, concesse da Pio IX appunto nel marzo di quell'anno. Se non che, le condizioni poste dal Minarelli parvero troppo gravose, per cui il Ministro provvide in altro modo. Da un'ampia relazione che il Marchese Luigi Tanari, nella sua qualità di presidente della Commissione per la riforma degli studi, fece nel 1849 sulla Scuola Minarelli, si rileva il programma assegnato ad ognuna delle sei classi. La stenografia veniva insegnata nei due ultimi anni insieme alle seguenti materie: Quinta classe: “Calligrafia perfezionata, regole di proposizioni semplici e composte, elementi di geografia e stenografia, storia, introduzione allo scrivere italiano, analisi logica e grammaticale”. Sesta classe: “Calligrafia perfezionata, tutta l'aritmetica superiore, elementi dell'algebra e della geometria, stenografia, storia, elocuzione teorica e pratica della lingua italiana. Gli allievi tutti possono ricevere ogni giorno ancòra lezioni di disegno lineare, d'ornato, d'architettura e di figura, intervenendo però alla scuola un'ora prima dell'orario comune. Quelli poi della quinta e sesta classe possono ricevere, nei rispettivi loro corsi annuali, lezioni di elementi di lingua francese e di lingua latina, omettendo però alcune delle altre lezioni indicate nel corso comune”. (Museo del Risorgimento, posiz. Luigi Tanari).

Per completare i lineamenti della figura del Minarelli, occorre far cenno del suo spirito patriottico. Il fervore che aveva dimostrato in gioventù, lo dimostrò pure nella vecchiaia. Infatti, nell'autunno del 1847, quando contava 66 anni, volle che nella sua scuola venisse costituito un Battaglione della Speranza. Ad organizzarlo fu il Marchese Paolucci dei Calboli, ex ufficiale dell'esercito piemontese, che nel 1836 si era stabilito a Bologna, avendovi sposata la Marchesa Giulia Bovio Silvestri. Contemporaneamente un altro Battaglione di speranzini veniva composto fra gli alunni della Scuola di Luigi Bellentani, emulo di lui nell'insegnamento e nel patriottismo; tuttavia il Battaglione della Scuola Minarelli, disponendo di maggior dovizia di mezzi, fu il più numeroso accettando anche altri giovanetti. Per tal modo, nel suo periodo migliore, raggiunse la forza di 320 unità, divise in quattro compagnie con un proprio Stato maggiore. E nella storica giornata dell'8 agosto 1848, tra coloro che fieramente si opposero agli austriaci, ci furono pure “diversi di questi giovanetti e vi diedero prove di valore”, come attesta il testimone oculare Domenico Brasini e come narrò Widar Cesarini Sforza. In questo spirito, dunque, il Minarelli educò migliaia di giovani nella sua lunga carriera, che lo fece chiamare il “Nestore dei maestri di Bologna”. E ben a ragione, poiché aveva insegnato 50 anni e per 46 diretta la scuola da lui fondata. Questa, con l'accrescere d'importanza, era stata chiamata Ginnasio; ma siccome la denominazione era stata solo tollerata, alla morte del padre, il figlio Francesco, per succedergli nella direzione, dovette ripristinare l'antica denominazione di Scuole private Minarelli. Ma egli non poté mantenerle fiorenti come una volta: con l'istruzione gratuita offerta dall'Italia unificata, decaddero tutte le scuole private. Ed anche quelle del Minarelli seguirono la sorte comune, fino ad estinguersi verso la fine del secolo. (Rodolfo Fantini - Testo tratto da "Camillo Minarelli e l'insegnamento della stenografia a Bologna", in "Strenna Storica bolognese", 1954. In collaborazione con il Comitato per Bologna Storica Artistica).

E' sepolto nel Cimitero della Certosa di Bologna, sotterraneo della Sala della Pietà, pozzetto n. 37, acquistato nel 1816 in occasione della morte della moglie Marianna Bieda.