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Giulio Minardi

24 aprile 1898 - [?]

Scheda

Giulio Minardi, da Antonio ed Anna Gaddoni; nato il 24 aprile 1898 a Lugo (RA). Nel 1943 residente ad Imola. Sacerdote.
Ordinato nel 1921, divenne cappellano a Sesto Imolese (Imola) e nel 1927 gli fu assegnata la parrocchia di San Giovanni, dove rimase fino al 1934 quando assunse quella del Carmine.
Nel 1935 venne nominato direttore dell'Istituto Artigianelli Santa Caterina di Imola, fondato da don Angelo Bughelli dal quale «ereditò insieme con i debiti, il coraggio e l'avversione per la dittatura».
Don Giulio, uomo «di poche parole, di molti fatti» dotato di grande audacia, dedicò tutta la sua vita a favore dei più deboli in particolare dell'infanzia e dei giovani.
Sotto la sua direzione il circolo 'A. Fracassati' si fece promotore di iniziative per l'infanzia abbandonata. Nel 1938, aiutato da don Gianstefani, aprì a Conselice (RA) una sezione dell'Istituto San Caterina. L'avversione per ogni sopruso incultatagli dai genitori, braccianti agricoli, si rafforzò negli anni della dittatura fascista quando ogni libertà venne negata.
A partire dal novembre 1943 don Giulio incominciò ad ospitare i perseguitati, i ricercati. La canonica del Carmine, l'ex convento delle Carmelitane, il monastero delle clarisse, l'Istituto Artigianelli, la colonia agricola di Ortodonico, divennero i luoghi sicuri per ebrei, prigionieri russi, polacchi, lussemburghesi sfuggiti ai tedeschi, per i renitenti alla leva.
Circa 200 persone furono ospitate nel Carmine, una quindicina nell'istituto San Caterina, una ventina nel monastero delle Clarisse, una quarantina nella colonia agricola di Ortodonico.
A seguito dell'ordine di evacuazione della città emanata dai tedeschi, e dei continui bombardamenti, intere famiglie con le relative masserizie vennero accolte nelle strutture dirette da don Minardi. Paolo Swheitzer, avvocato triestino, ebreo, ospitato nel Carmine fino alla liberazione, ha scritto: «Tra bestie, e persone, lo spazio diventava sempre più esiguo».
Nell'autunno-inverno 1944, con il ripiegamento delle brigate partigiane operanti in montagna e con l'acuirsi delle persecuzioni nazi-fasciste, molti partigiani, tra cui Antonio Ruggi vennero ospitati nel Carmine dove per altro ebbero luogo molte riunioni del CLN locale.
Tutti, indipendentemente dalla loro fede religiosa e dalle loro ideologie politiche, trovarono rifugio presso don Minardi. A questa famiglia che cresceva ogni giorno, don Giulio aiutato da don Ernesto Rossetti, da Nello Golinelli, da Silvio Severi, provvide al mantenimento con gli aiuti dei benefattori. Il pericolo maggiore era rappresentato dalle perquisizioni.
Pertanto, nelle «chiacchierate» con i suoi ospiti don Minardi oltre che infondere serenità e fiducia, impartì norme di comportamento da ottemperarsi in caso di irruzioni delle truppe nazi-fasciste. Furono anche stabiliti turni di vigilanza e concordati segnali di allarme.
All'interno del Carmine e della colonia di Ortodonico vennero ricettate, armi, vestiario per il movimento partigiano. Silvio Alvisi, socialista e anticlericale, ha scritto che se don Minardi fosse stato scoperto sarebbe stato passibile di fucilazione per i reati di «partecipazione a complotto armato, ricettazione di armi e munizioni e occultamento di persone».
Nominato cappellano delle carceri di Imola, si prodigò a favore dei detenuti, visitandoli, confortandoli, divenendo il tramite fra essi e i loro familiari.
Per la sua preziosa opera, è stato insignito di medaglia d'oro del Consiglio provinciale di Bologna oltre gli attestati pervenutigli dalla comunità israelitica, dalle organizzazioni imolesi. [AQ]