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Renaud Martelli

18 Luglio 1910 - 7 Febbraio 1985

Scheda

Renaud Martelli nasce a Castel S. Pietro Terme (Bologna) il 18 luglio 1910. Il padre, Enrico; la madre, Ida Martelli. A dodici anni lavora già nel laboratorio di un marmista e, la sera, frequenta la Scuola professionale di disegno. Negli anni 1929-33, a Bologna, è alunno della Regia Scuola per Industrie Artistiche: ottiene il diploma con lode e, in tutti e quattro gli anni, il primo premio.

Vince il concorso del Pensionato della Medaglia e, negli anni 1933-34, 1934-35, segue regolarmente i corsi presso la Scuola d’Arte della Medaglia a Roma. Tra i suoi maestri, Giuseppe Romagnoli (Bologna 1872 – Roma 1966), medaglista e scultore, direttore della Scuola della Medaglia dal 1909 al 1954. Nel giugno 1935 ottiene il diploma di licenza con i voti: 10 in incisione e 9 in plastica. Gli viene assegnata la borsa di perfezionamento per l’anno 1935-36. Nel 1936 frequenta “con diligenza lo studio serale di disegno dal modello vivente” e la Reale Accademia di San Luca gli riconosce, per una sola volta, un assegno di lire trecento. Come artista si presenta presto al pubblico: già negli anni romani, nel 1933, alla Mostra dell’arredamento artistico a Valle Giulia, con una Madonna in terracotta, bassorilievo, e poi a Bologna: nel 1936, alla Quinta mostra interprovinciale del sindacato fascista di Belle Arti Emilia-Romagna, con un paio di medaglie; e ancora negli anni 1938 e 1939. Nel 1939 vince il premio San Remo Scultura inviando due targhe, Ginnastica e Calcio. Il CONI richiede le due targhe e due medaglie (Discobolo e Salto in alto) per la IIa Mostra Nazionale di Arte Sportiva. Nel 1942 e nel 1943 è presente alla XXII e alla XXIII Biennale di Venezia. Nel 1945 realizza il Monumento ai caduti americani a Livergnano, opera successivamente smontata e trasferita in America. Oltre che nelle mostre cittadine di arte contemporanea (anni 1948, 1956, 1958, 1961, 1962, 1963, 1965, 1973), è presente alle Settimane faentine e concorso nazionale della ceramica (1956, 1958). Espone in diverse mostre personali a Bologna.

La sua vita e attività si svolgono quasi esclusivamente a Bologna: abitazione in via Saffi 4; studio in via della Beverara 45. Per diversi anni, fino al 1964, ha anche insegnato presso l’Istituto d’Arte di Bologna. Negli ultimi anni, la malattia non gli permette di lavorare. Sono gli anni in cui raccoglie e mette ordine tra tanto materiale fotografico, documenti personali, ritagli di giornali, presentazioni di mostre… cui aggiunge annotazioni, date e destinatari delle opere: un “Diario” della sua attività. Muore a Bologna il 7 febbraio 1985. E’ sepolto nella Certosa cittadina.

L’opera di Renaud Martelli nella Certosa di Bologna | La produzione cimiteriale di Renaud Martelli va dagli anni trenta agli anni settanta del secolo scorso ed è quasi esclusivamente destinata alla Certosa di Bologna. Martelli è presente in Certosa con più di cento opere, nelle quali predominano i motivi della pietà religiosa o semplicemente umana tradizionale: angeli, Crocifissi, Madonne modellati con tratti nuovi e mossi o figure di donne devotamente piegate dal dolore e con lampade accese; non figure drammaticamente pensose sulla fatica del vivere e sull’oscuro passaggio della morte. Le morti infantili mantengono la grazia e il sorriso del gioco; quelle adulte si chiudono entro sarcofaghi pesanti o sono sovrastate da fredde lapidi sepolcrali. Molta di questa produzione funeraria fu su commissione e anche per questo ripetitiva; ma non di rado l’artista introduce elementi originali, come il ritratto sorridente dell’elegante signora della cappella Evaristo Innocenti-Campagna-Franzoni (Chiostro V); il cagnolino fedele (purtroppo trafugato)del sarcofago Sogno (Chiostro 1500); il fanciullino affettuoso e distratto del sarcofago Saguatti-Ventura (Campo Ospedali), fanciullino non troppo dissimile dai tanti putti che formano i vasi portafiori delle tombe Gino Turra (Campo Ospedali), Mengoli (Chiostro 1500), Rizzi Rapparini (Campo 1942). Gli stessi angeli, motivo comunissimo nella statuaria cimiteriale, sono spesso presentati da Martelli in versione danzante e vivacissimi: così nel sarcofago Busi (Campo Ospedali), nel sarcofago Calari (Campo Ospedali), Grossi (Chiostro III), Tamburini (Campo Ospedali); Vincenzi (Campo Ospedali)… motivo che l’Autore riprende anche nell’ambito chiesastico.

Alcuni interventi di Martelli sono testimoni della sensibilità artistica e della società del secolo scorso che anche nella Certosa si è mostrata. Tra i tanti, il sarcofago Bassi (1948 – Chiostro VI); la cappella Bonora (1957 – Campo Ospedali); i sepolcri Cenerini (1961 – Campo Ospedali) e Donati (Chiostro VIII); la tomba Felicori (1936 – Campo Ospedali); le tombe Fugazzotto (1971 – Chiostro III) e Gabrielli (1972 – Chiostro III); il monumento Largaiolli (1947 / 1961 – Esedra chiostro V); il sarcofago Magli (1951 – Chiostro IX); il Risorto dell’arcata Menghini (1943 – Cortile della chiesa); la Pietà della tomba famiglia Mengoli (1957 – Chiostro 1500); il sarcofago famiglia Pedretti (1960 – Campo Ospedali); il sepolcro Poggi (Galleria del chiostro VI); la tomba Ropa (1947 – Cortile della chiesa); il sepolcro Tamburini (1963 – Campo Ospedali); il cippo Viscardi ( 1943 – Galleria degli Angeli); la stele Zucchelli (1968 – Chiostro III); la tomba Negrini (1963 – Campo nuovo); il sarcofago Sogno (1948 – Chiostro 1500) di cui Martelli curò il progetto e le sculture in marmo; le cappelle Sgarzi Oppi (1971), Veronesi (1967) e Vincenzi (1972) nel Campo Ospedali; il monumento Masi (1947 – Galleria superiore antistante la chiesa); le Cappelle Lipparini (1964 – Chiostro V) e Labanti (1970 – Chiostro V).

Notevoli, pure se di ridotte dimensioni, le formelle marmoree o bronzee di alcuni sarcofaghi e tombe. Proprio per quelle formelle sarcofaghi e tombe emergono dall’anonimato. Così si può leggere l’Arcata Altobelli (1942 – Chiostro V, Nuovo braccio); il sarcofago Carli (1949 – Chiostro III); il sarcofago Bergami (1946 – Passaggio dal cortile della chiesa al chiostro 1500); il sarcofago Donati (Sala chiostro 1500); la tomba della fam. Cosseddu con il bassorilievo bronzeo raffigurante le tre Parche (1964 – Campo Ospedali); la tomba Montaguti (Campo Ospedali); il sepolcro famiglia Pini (1943 – Campo Ospedali); il sepolcro Poluzzi (1947 – Campo Ospedali); il sarcofago Tarozzi Lippi (1948 – Chiostro 1500); il sarcofago famiglia Turra (1945 – Chiostro III).

L’opera di Renaud Martelli Nelle chiese | Il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) e vivamente sostenuto dall’arcivescovo di Bologna, card. Giacomo Lercaro, comportava anche una ridistribuzione degli spazi e dell’arredo delle chiese. In quest’opera fu coinvolto Martelli, che intervenne con sue opere in alcune chiese della diocesi.

1961 - Santa Maria della Misericordia (P.za di P.ta Castiglione, 4) | Nel 1961, Martelli fu impegnato nel rifacimento della cappella dedicata a S. Rita (lato sinistro della chiesa, entrando dal fondo). Sue furono la progettazione e la direzione dei lavori. Suoi sono i candelabri e la statua marmorea di Santa Rita. La Santa ha i segni tipici identificativi: il velo monacale, trattenuto dalle mani che insieme reggono il mazzo di rose, velo che cade lungo con fitte pieghe, come anche la tunica, e dà slancio all’intera figura che si mostra in atteggiamento stupito assorto e sofferente.

1970 - San Giuseppe Cottolengo (Via Don Luigi Orione, 1) | E’ in questa chiesa l’opera più complessa realizzata da Martelli, che ornò la parete di fondo, detta “la parete della bontà”: tre altorilievi in bronzo, ai quali l’autore lavorò dal 1966 al 1969. Al centro, la Vergine porge il Bambino sorridente; a sinistra, a grandezza naturale, la figura del dottor Albert Schweitzer che esamina un piccolo presentatogli dalla mamma, un ragazzo lebbroso, due indigene e papa Giovanni XXIII in preghiera; a destra, don Orione, il prete dei poveri, Martin Luther King e un negretto avvinghiato alle sue ginocchia, San Giuseppe Cottolengo con un gruppo di poveri. A quest’apparato maggiore, nella stessa chiesa, un originale portafiori: un’ultima cena piuttosto concitata e, nella cappella del Santissimo, la porticina del tabernacolo su cui rilevano due angeli danzanti che precedono una croce gloriosa.

1970 – San Bartolomeo della Beverara (Via della Beverara, 86) | Martelli arricchì il nuovo altare, a forma di sarcofago, con un’ultima cena, rilievo in bronzo, e con il tabernacolo: due angeli sembrano svelare il mistero chiuso dietro la porticina. Opera di Martelli è anche il battistero

A completare l’elenco degli interventi di Martelli nelle chiese: 1968 – Due medaglioni bronzei nella chiesa di S. Maria delle Grazie (Via Saffi, 19): don Domenico Loreti e don Alfonso Bacchetti. 1969 – Casa di Cura Toniolo (Via Toscana): Madonna con Bambino (Bassorilievo marmoreo). 1970 – Casa Madre delle Piccole Suore della Sacra Famiglia Madre Fortunata Toniolo – Brescia: Crocifisso bronzeo. Chiesa di Monteveglio: Crocifisso bronzeo. Una statua bronzea raffigurante Sant’Antonio da Padova (Collocazione ignota).

Opere varie e private | Molta della produzione di Martelli fu su committenza: senz’altro il centinaio di interventi nella Certosa di Bologna; ma anche molte opere finite in ville e abitazioni private e in chiese. Poche sue opere furono celebrative di eventi e personaggi pubblici: il monumento a Livergnano a ricordo dei caduti americani sulla Linea Gotica (1945); il medaglione al prof. Lanfranchi per la lapide posta nella facoltà di Veterinaria dell’Università di Bologna (1966); “La marina di Cervia” (1973), grande stele in travertino a capo del porto di Cervia (RA) e la fontana decorativa per le scuole “Raffaello Sanzio” (1963). Mancano committenze e destinazioni straniere: di una l’Autore genericamente indica come destinatari dei “Sigg. di Londra” (1965). La produzione che desta più sorpresa è quella “privata”, coltivata nel laboratorio di via della Beverara e spesso a destinazione personale o ad amici. Una parte di questa deve, per soggetto e stile, rispondere al gusto del destinatario. Ma la sua creatività emerge in figure che attingono alla formazione e cultura personale, al mondo animale e mitologico, all’universo femminile tanto accarezzato e idealizzato. Mauro Bini, a proposito di questa produzione di Martelli, parla di “felicità espressiva” lontana dai dogmi accademici”. Felicità evidentissima nelle piccole figure in terracotta delle processioni: il mondo ecclesiastico, ricco di colori e teatralità, è da Martelli presentato con la caricatura intelligente e gustosa, con la levità della satira benevola. “Felicità espressiva” è anche nel mondo animale che Martelli costruisce in un personalissimo bestiario: l’affascinano il cavallo per la sua vitalità e forza, il bisonte, il pesce, il leone e il toro associati ai miti di Ercole e di Europa rapita, la civetta. Alla mitologia attinge volentieri, forse per quel misto di umano e di animalesco che si confrontano e confondono, in una lotta che fa emergere l’ambivalenza di forza e ragione, volontà e sentimento di cui le figure sono impastate. Anche la figura della donna vive questa ambivalenza: ne nasce la “donna civetta” , battezzata anche “notte” per il lato oscuro che nasconde, impaurisce e affascina. L’uomo è presentato soprattutto per la vitalità sportiva, di pugile pronto alla lotta (bronzo 1971), o “fuori combattimento” (1948); ma anche capace di pensieri e contemplazione: Mosè (1974) e “Conversando con la luna” (1972). L’amico Bertacchini le definisce “Immagini ripercorse fra i ricordi di un remoto mondo espressivo e vigilate libertà formali”. Queste “vigilate libertà formali” sono proprie anche delle opere “informali” cui l’autore dà titoli suggestivi: il “Tramonto paleolitico” (1959), “Eco” (1966), nelle quali prevale il movimento; la materia, sia cemento marmo o bronzo, è piegata ai colpi rapidi del vento che porta verso l’alto e modella forme fissate in un magico momento della loro metamorfosi.

In conclusione si può parlare di Martelli come di un artista legato alla nobile tradizione figurativa che porta alla poesia - non alla semplice riproduzione, ma alla creazione di nuovi miti - capace di suscitare visioni nuove e impreviste. Meno esibita la produzione di quadri a olio e acquerelli di dimensioni e temi domestici. Partecipò a mostre con incisioni: acqueforti e acquetinte. In quest’arte riuscì efficace e creativo, anche se, come lui stesso dichiarò, ha dovuto pagare un tributo per la sua inesperienza. Questa varietà di materiali e tecniche riflettono uno spirito curioso e creativo, sempre disposto a sperimentazioni, rimaste però chiuse entro le pareti dello studio, raramente uscite di lì per proporsi in concorsi, mostre personali o collettive. Il carattere schivo, le amicizie e frequentazioni selezionate non gli davano evidenza pubblica neanche in ambito bolognese dove quasi esclusivamente operò. Per la sua formazione romana alla Scuola d’Arte della Medaglia e alla Reale Insigne Accademia di San Luca, era estraneo all’Accademia di Belle Arti di Bologna e al circolo di artisti da essa usciti. “Resta da chiedersi: dove sarebbe arrivato se invece di scolpire statue, bassorilievi e medaglie avesse cercato di entrare nel mercato dell’arte contemporanea?” (Miro Bini).

Vincenzo Favaro

Bibliografia: Archivio dell’Autore composto da 6 + 2 raccoglitori di foto con indicazioni sull’opera, articoli di giornali, presentazioni di mostre… ordinati dall’Autore: Titoli di studio – Mostre collettive – Concorsi – Premi; Opere in chiese, ville e nella Certosa; Opere nella Certosa; Opere varie dal 1936 al 1961; Opere dal 1962 al 1980; Mostre personali 1971-1981; + 2 altri raccoglitori e fogli sparsi. Gli Anni 60 e 70 dell’Arte Italiana, vol. III, Ed. Studio d’Arte, Piacenza 1971; L’Arte contemporanea in Emilia Romagna, Due Torri, Bologna 1974; Annuario Comanducci, Patuzzi ed., 1974/75; Les Artes en Europe, Hals 1974; Artisti Italiani, E.M.I., Trento; Campini Dino (a cura di), Arte italiana nel mondo, S.E.N., Torino 1970; Pittura e scultura d’oggi, Panepinto, Milano 1976.