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Ferdinando Marescalchi

26 febbraio 1754 - 22 giugno 1816

Scheda

Ferdinando Marescalchi, nato il 26 febbraio 1754 da Vincenzo e da Margherita Paracciani romana, sorella del cardinale Urbano, era entrato senatore nel 1780 per rinuncia del padre, ed era stato gonfaloniere cinque volte, negli anni 1781 (sesto bimestre), 1787 (quarto bimestre), 1789 (secondo bimestre), 1791 (secondo bimestre), 1794 (secondo bimestre). Uno dei tre bolognesi (con Carlo Caprara e Antonio Aldini) che fecero carriera internazionale nel periodo napoleonico, veniva considerato “di animo arrendevole, ma di ingegno non comune, di una onestà senza pari, e tenero quant’altri mai del bene dell’Italia” (Zanolini, Aldini, I, p. 167). Nell’aprile 1798 fu inviato a Vienna ambasciatore della Repubblica Cisalpina presso la Corte imperiale, da cui tornò per essere nominato nel Direttorio. Esule in Francia durante la restaurazione austro-russa, dopo Marengo ebbe l’incarico di ministro plenipotenziario presso il Governo francese, indi di ministro delle Relazioni Estere prima della Repubblica Italiana poi del Regno d’Italia e consultore di Stato.

Presente a Parigi il 2 dicembre 1804 all'incoronazione di Napoleone a imperatore dei francesi e re d'Italia, ebbe l'onore di essere ritratto tra i partecipanti all'evento nel celebre quadro di David. Cancelliere del Real Ordine della Corona di Ferro e conte dell’Impero francese, rimase a Parigi fino alla caduta di Napoleone nel 1814, poi fu da Francesco I fatto governatore generale dei ducati di Parma e Piacenza, e infine suo ministro presso la Corte di Modena. Aveva studiato a Modena nel collegio di San Carlo, dedicandosi anche alla storia naturale, nonché alla medicina e alla chirurgia. Coltivò le lettere, e particolarmente la poesia, pubblicando parecchie sue composizioni, fra le quali la tragedia Cleopatra. Nel 1779 aveva sposato Ginevra Pepoli, da cui ebbe due figlie, Marina ed Elisabetta, e un figlio, Carlo Alfonso Marcello, oltre a due altri figli morti bambini.

Guidicini (Cose Not., I, pp. 389-390), elenca “i considerevoli vantaggi che S. E. il Ministro procurò alla sua famiglia”, e cioè: “Tutto il patrimonio lasciatogli da suo padre conservato intatto. Pagati diversi debiti lasciatigli dal padre. Impiegati 18000 scudi in fabbriche nelle tenute di Malalbergo e Gallo. Acquistate tre possessioni, e cioè due a Tizzano, e una a Calcara. Acquistati tutti gli stabili Sora in confine del palazzo Marescalchi. Fabbricato quasi di pianta il palazzo di Mezza Ratta, e fatto colà un giardino inglese. Fabbricate tre case coloniche a Tizzano. Ridotto nel palazzo un magnifico appartamento e ammobigliato sontuosamente. Fatta una galleria di quadri nella quale spese più di L. 250000. Radunata una ricca e copiosa libreria nella quale spese 180000 lire. Spesi nel matrimonio di suo figlio colla Brignole L. 110000. Corredata la casa di gioie per la signora pel valore di L. 90000. Ammassate delle argenterie per il valore di più di 100000 lire. Raccolto un ricchissimo gabinetto di conchiologia e di metalli. Pagate in denaro sonante L. 400000 a conto del milione dato in dote alle figlie. Un capitale rispettabilissimo di porcellane e di cristalli. Una raccolta di settanta e più scattole, la massima parte curiose, e non poche di gran valore. Una raccolta di medaglie d’oro d’argento e di rame. Molti bijoux per suo uso, e di non piccolo valore. Biancherie finissime da tavola. Molti oggetti di curiosità in bronzi, marmi, ecc. Capitali di carrozze, cavalli, ecc. Egli morì d’anni 63; fece tutto questo, e lasciò un debito di sole L. 180000 italiane, cento delle quali lasciate da suo padre”.

Morì di tifo a Modena, nella casa Sabattini nella cosiddetta Rua Grande, sotto la parrocchia di San Vincenzo Martire (Guidicini, Cose Not., I, p. 389; Foglio sepolcrale D 92 n. 8534), il 22 giugno 1816, “amato e stimato dalla primaria nobiltà estera e nazionale”, e “compianto da’ suoi concittadini e da quanti avevano potuto conoscerlo” (Guidicini, I Riformatori, II, pp. 123 e 124). Trasportato il cadavere a Bologna, il 28 giugno gli fu fatto solenne ufficio funebre in San Salvatore (Guidicini, Diario, IV, p. 31), sotto la cui giurisdizione si trovava il palazzo di famiglia Dall’Armi-Marescalchi.

Silvia Benati