3 novembre 1918 | Sfoglia i giornali del periodo

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Appena giunta la notizia della liberazione di Trento e Trieste gli interventisti invadono Palazzo d'Accursio.
Dal balcone su piazza Maggiore tiene discorso il professore Silvagni. Alla sera il sindaco Zanardi è vivacemente contestato, mentre tenta di dare la notizia ufficiale della vittoria, al grido di "Tedesco!" e "Venduto!".
Gli interventisti si recano in colonna al monumento di Garibaldi, dove proclamano l'obiettivo di cacciare i socialisti dal municipio.
Il 4 novembre tutti i bolognesi scendono per le strade. Vi sono generali manifestazioni di giubilo.
Nel pomeriggio il giovane Pietro Nenni, repubblicano ed ex combattente, arringa gli studenti in piazza Maggiore.
La sera, quando Zanardi prende la parola, gli interventisti se ne vanno e tengono un duro comizio antisocialista in via Indipendenza.
Il 5 novembre i sindacati organizzano una manifestazione per la fine della guerra, con la sospensione del lavoro per alcune ore.
La polizia interviene contro un assembramento davanti a una sartoria militare in via Falegnami: la proprietaria, contessa Isolani, non ha concesso lo sciopero alle sue lavoranti.
Per rappresaglia contro la "ragazzaglia socialista" i nazionalisti, guidati dal tenente degli Arditi Dino Zanetti, tentano di dare l'assalto alla Camera del Lavoro di via Cavaliera, definita "Camera dell'Ozio".
Alla sera Francesco Zanardi, "il farmacista sindaco", è assalito da un gruppo di nazionalisti e colpito da "pugni solidissimi", prima di essere scortato in municipio da un capitano dei carabinieri.
La guerra al fronte era finita ma i conflitti si trasferiranno presto all'interno. La guerra contribuì a radicalizzare gli scontri di natura sociale e politica. La vittoria della guerra aveva dato nuovo slancio a gruppi nazionalisti come quello di Dino Zanetti, futuro gerarca fascista, che, cavalcando il malcontento generale, iniziava ad imporsi con aggressioni e atti violenti. D'altra parte i socialisti, ridestati dall'esperienza della Rivoluzione Russa, correvano sempre più verso posizioni massimaliste, mettendo in secondo piano una azione riformista che venisse a patti con lo “Stato borghese”, sconfessando in parte l'azione condotta fino a quel momento da Zanardi.
N. S. Onofri, La Grande Guerra nella città rossa, Milano, Edizioni del Gallo, 1966, pp 339 -345.