Linda di Chamounix

Linda di Chamounix

1857 ca.

Scheda

Giulio Cesare Ferrari (1818 - 1899),  Linda di Chamounix, 1857 ca. Ubicazione: collezione privata. La Linda di Chamounix è esposto a Brera nel 1857 e successivamente all’Esposizione Nazionale di Firenze nel 1861. Il soggetto è tratto dall’opera omonima (1842) di Gaetano Donizetti (1797-1848) e qui siamo alla scena culminante in cui la fanciulla, impazzita per il supposto tradimento dell’amato visconte di Sirval, è ricondotta al paese natio, sulle Alpi, guidata dal fedele Pierotto. A Milano il dipinto ha un buon riscontro di critica insieme a L’Innominato e il cardinale Federico Borromeo di Guardassoni, tanto da essere recensita e riprodotta per incisione su “Gemme d’arti italiane”, edito da Paolo Ripamonti Carpano.

Tre anni dopo è Pietro Selvatico a occuparsene. A Firenze, dove è presentato assieme a Carità, è premiato con una medaglia, ma in realtà i giudizi sono ben diversi. Toldo ne è entusiasta: “franca vi s’aggira l’armonia delle linee, stupenda la gradazione de’ toni, freschi, trasparenti i colori e sempre nelle carni flessibile al tatto, nelle pose quiete, ne’ scorci a ragion matematica, sempre e ovunque quel finito senza ricercatezza, con cui mal si confonde a’ dì nostri il lezioso e leccato naturalismo”; Selvatico osserva piuttosto che “Il Ferrari di Bologna, dipingendo Linda di Chamounix già pazza, che s’avvia alla nativa Savoja con il compagno Pierotto, manifestò quanto sappia scegliere tipi amabili, carezzevoli, anche copiando senza idealismi il naturale; peccato soltanto che il suo pennello si intinga troppo volentieri nelle tinte neutre fredde, da cui ne venne un’intonazione di color piombo a tutta la gentile sua tela”. Così il finito senza ricercatezza di uno diventa, quattro anni dopo, un naturale copiato nell’altro, fors’anche perché, come osserva Claudio Poppi, nel 1861 il panorama artistico deve confrontarsi “con il luminismo delle scuole toscana e napoletana, che costituiscono la vera novità dell’esposizione” (in Bologna 1983b, p. 155). Committente dell’opera era Severino Bonora (1801 - 1866); Giordani ricorda l’affezione del collezionista per quest’opera che: “[...] era per lui di singolare predilezione e compiacenza quel grazioso quadro, figurante il compassionevole caso della Linda di Chamouny, dipinto dal professore Giulio Ferrari, poscia ricercato a riprodurne ripetizioni”. In effetti Bonora poteva dire di aver ben fatto puntando – da vero mecenate – sul giovane Ferrari. Il ritorno di Linda di Chamounix è presente anche nell’elenco dei beni di Bonora redatto dopo la sua morte nel 1866 dal pittore Napoleone Angiolini (1797 - 1871) e compare insieme a celebri “pezzi” del collezionista, tra i quali l’Agar e Ismaele, di Adeodato Malatesta (1806 - 1891) e la Ruth di Francesco Hayez (1791 - 1882), presentata a Bologna nel 1853; non mancano pittori come Guardassoni (Le tre Arti dell’Immaginazione) e Ippolito Bonaveri (Le tre religioni d’Europa; si veda Mampieri 2018 e 2019). La pittura romantica e sentimentale, e in particolare la “compassionevole” Linda di Chamounix, fa il successo di Ferrari lungo gli anni Cinquanta del secolo e ne sono testimonianza le innumerevoli repliche che ancor oggi compaiono a più riprese sul mercato. La fotografia dell’Album Belluzzi non è dell’originale ma di una copia tra quelle di cui ci dice Giordani. Tale fatto è riscontrabile confrontando la fotografia con la litografia su “Gemme” (disegnata per la stampa da Anacleto Guadagnini e incisa da Pietro Suppini). L’originale è stato individuato in collezione privata e pubblicato da Mampieri. La fotografia invece è molto simile, ma a mio avviso non identica, a una replica apparsa nella mostra bolognese del 2019-2020, a sua volta molto vicina a una piccola tavoletta (34 x 24.9 cm) della Walters Art Gallery di Baltimora (inv. 37.1758), di cui dà notizia sempre Mampieri (2019, nota 32 a p. 117) considerata preparatoria per il dipinto finale, o forse anche per più repliche.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia: Bellentani 1857, p. 13; Toldo 1859; Masini 1862a, p. 12; Selvatico 1862, pp. 35-36; Giordani 1867, pp. 25-26; Bologna 1955, p. 24; Bologna 1983b, pp. 63, 155; Bologna 1994, p. 104; Giumanini 2000, p. 193; Giumanini 2008, p. 255; Conti 2013, p. 109, fig. 8 a p. 110; Pinacoteca Nazionale 2013, pp. 127-128 sotto il n. 114; Mampieri 2018, pp. 107-108 e fig. 7, p. 108; Mampieri 2019, pp. 107-108 e fig. 7, p. 108; Bologna 2019-2020, p. 20.

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