La crisi energetica: una centrale elettrica d'emergenza

La crisi energetica: una centrale elettrica d'emergenza

Scheda

Per sopperire alla ridotta attività delle centrali elettriche alpine coinvolte nelle operazioni belliche, viene costruita nell'Appennino bolognese, a valle di quella già esistente dal 1911, una nuova Officina elettrica, che sfrutta la diga del Brasimone. I lavori vennero avviati nel 1916 sotto la direzione dell'ing. Angelo Omodeo. Per difficoltà tecniche e problemi relativi al reperimento di materiali ( questione particolarmente difficoltosa in tempo di guerra) i lavori furono portati a termine soltanto nell'autunno del 1917. La nuova centrale venne ideata per sopperire alla crisi energetica che, insieme ai problemi di reperimento di materie prime (carbon fossili e metalli soprattutto) e forza lavoro, costituì uno dei limiti maggiori su scala nazionale nella conduzione della guerra. Il brusco rallentamento dei mercati internazionali, e quindi delle importazioni, mise l'Italia nella condizione di dovere sfruttare le proprie risorse nazionali. Data la mancanza nel territorio nazionale di carbon fossile e l'aumento di prezzo che, nella particolare situazione emiliana, era ancor più alto a causa dei costi del nolo marittimo e delle spese di trasporto da Livorno, implementare la produzione idroelettrica del vicino appennino fu, secondo il Comitato Regionale per la Mobilitazione Industriale (CRMI ) e la Società Bolognese per l'Elettricità (SBE), la soluzione migliore. Il nuovo impianto si rese necessario in relazione alla forte siccità del 1915-16 quando, considerato un aumento della domanda dovuto al crescente fabbisogno energetico degli impianti produttivi, la SBE dovette ricorrere massicciamente all'assai più dispendiosa generazione termica.

Sulla carenza di energia intervenne anche il CRMI emiliano applicando delle direttive sull'uso razionale dell'energia nella vita cittadina. Vennero così ridotti gli orari di apertura degli uffici pubblici e dei negozi, limitata l'apertura di cinema, ristoranti e persino dell'attività tranviaria. Venne dichiarata azienda ausiliaria anche l'officina meccanica Calzoni che, allora allocata nella sede di via Pietramellara, poteva assicurare l'efficienza delle centrali idroelettriche essendo specializzata nella produzione di turbine idrauliche e parti meccaniche degli impianti idroelettrici. La situazione assunse caratteri ancor più critici quando, dopo la Battaglia di Caporetto nel 1917, il cedimento del fronte causò la perdita di diversi impianti energetici dell'area alpina. Fu allora che il Ministero della Guerra, oltre a limitare l'attività produttiva degli impianti industriali per un razionamento dei consumi, diede impulso al ricorso a combustibili nazionali come il legno o la lignite, dando il via a un'opera di disboscamento dell'Appennino nel quale spesso venivano impiegati anche prigionieri di guerra. In questo senso l'entrata in funzione del nuovo impianto fu provvidenziale in quanto la SBE, dopo la disfatta del 1917, si trovò a dover alimentare aree del ferrarese e dell'Oltrepò padano prima rifornite dalle centrali alpine.

Nicola Lugaresi

Bibliografia: Degli Esposti F. , L'industria bolognese nella grande guerra, contenuto in A. Varni (a cura di) Storia di Bologna. Bologna in età contemporanea. Vol. 4, Bononia University Press, Bologna, 2013, pp. 45-151. 1834-1984. Centocinquant'anni di vita della Calzoni, Bologna, Riva Calzoni, 1984.

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