Salta al contenuto principale Skip to footer content

Casa del Soldato

Bologna

Di rilevanza storica

Schede

Le case del soldato erano centri a accoglienza e conforto per i soldati. Nacquero e si diffusero su vasta scala, in tutta la zona di fronte, su iniziativa di padre Giovanni Minozzi che, dopo l'esperienza come Cappellano militare nella Guerra in Libia, decise di fondare una rete di centri di accoglienza per i soldati: “il 12 dicembre 1916, l’Intendente Generale dell’Esercito, con lettera n. 39009, comunicava la costituzione dell’Ufficio speciale Case del Soldato in zona di Guerra affidandone la direzione al Cappellano Don Giovanni Minozzi per incarico del Comando Supremo”.

Il 20 giugno 1915 nasce a Bologna la Casa del Soldato, una importante istituzione che aveva il compito svolgere un'assistenza materiale e morale ai soldati di stanza a Bologna, spesso prossimi a partire per il fronte. Anche Bologna infatti nel 1915, pur trovandosi distante dal fronte, era stata dichiarata zona di guerra e come tale idonea ad accogliere l'iniziativa della Casa del Soldato. In effetti la città, per motivi geografici e strategici, era luogo di passaggio privilegiato per lo smistamento di uomini e risorse da dirigere al fronte. La Casa del soldato di Bologna aveva come sede estiva i giardini Martinetti in via San Vitale 40 e come sede invernale prima i locali del Circolo Galvani (Palazzo Malvasia di via Zamboni) per il periodo 1915 – 16 poi del teatro Contavalli. La Casa del Soldato di Bologna viene fondata per iniziativa di don Antonio Bottoni, supportato dalle donazioni e dalla partecipazione dell'élite dirigente cattolica bolognese che in questo modo poteva dare il proprio attivo contributo a sostegno della guerra. Era diretta da un comitato direttivo che ne gestiva le spese e ne promuoveva le attività. Secondo le parole dello stesso fondatore, ne “fecero parte uomini di ogni condizione sociale, uniti tutti da un unico, concorde sentimento: quello di aiutare i soldati a compiere con amore l'alto dovere, cui erano chiamati”. Il primo presidente fu il senatore Nerio Malvezzi De' Medici, importante esponente del partito cattolico conservatore. Cattolico liberale, si era adoperato in diversi saggi per riconciliare i rapporti tra Stato e Chiesa, cercando di sanare la frattura tra l'aspirazione nazionale unitaria italiana e l'identità cattolica. Allo stesso modo l'opera della Casa si configurava come anello di congiunzione tra assistenzialismo di ispirazione cattolica e sostegno nazionalista e militarista all'impresa bellica. L'assistenza al soldato aveva il compito di infondere la coscienza che “la Nazione era con lui nella grande lotta, ch'egli era stato chiamato a combattere per gli alti destini della Patria”. La presidenza della Casa passò nel 1917 al deputato Francesco Cavazza che sostituì il conte Malvezzi. L'”assistenza morale” doveva “fortificare il coraggio del soldato e a temprarne le supreme risoluzioni”. Fu per questo motivo che le autorità militari da subito ben accolsero l'iniziativa e la sostennero: ci fu una cordiale collaborazione sia con l'autorità militare, sia con i vari Comitati sorti, per la guerra coi quali ebbe rapporti sempre ottimi”. L'istituzione sopperiva a servizi che la caserma non poteva sostenere, come la scrittura e l'invio di corrispondenza ai familiari dei soldati, l'organizzazione di feste e conferenze a sfondo patriottico, l'organizzazione di corsi elementari di alfabetizzazione, la gestione del tempo libero con spettacoli di burattinai, l'assistenza legale gratuita (redazione di testamenti, svolgimento di pratiche relative a esoneri dal servizio, proroghe, contratti agrari e commerciali etc.) e, dopo Caporetto, l'accoglienza dei militari superstiti in fuga dalle terre invase. Secondo le parole stesse di don Antonio Bottoni l'istituzione aveva le finalità “di raccogliere, durante le ore della libera uscita, in un luogo conveniente, fuori della caserma, i soldati di stanza a Bologna e di passaggio”. I soldati nel tempo libero infatti normalmente affollavano le osterie e le piazze. Nelle ore di libera uscita, provenienti da ogni parte d'Italia, vagabondavano senza meta per la città, spesso in gruppi di corregionali, senza integrarsi nella vita cittadina: “ si raccoglievano su le gradinate di S. Petronio per conversare, o sotto il portico della Mercanzia. Curvi su muriccioli di cinta, per scrivere ai loro cari”.

Dato questo quadro, fu ben chiaro a don A. Bottoni che il bisogno primario era quello di garantire una corrispondenza con le famiglie a uomini dispersi, costretti a partire, quindi sradicati dalla loro realtà comunitaria. In tal modo la sede estiva della Casa in via San Vitale fu dotata di 36 tavoli, ciascuno con due calamai, allineati sotto due grandi padiglioni. Vista l'esenzione dalla tassa postale concessa alle truppe mobilitate, i soldati affollavano i padiglioni per spedire lettere e cartoline illustrate a scopo propagandistico, fornite dalla Direzione Militare o dalla Fratellanza Universale americana. Fu anche disegnata dal prof. Yobbi (illustratore per Il Secolo XX una rivista popolare illustrata) una cartolina simbolica dedicata alla Casa del Soldato. Secondo le stime di Bottoni nei cinque anni di attività dell'istituzione (1915-1920) furono distribuiti 2.121.700 fogli di carta e 2.974.000 cartoline illustrate. Il numero è particolarmente rilevante se consideriamo il fatto che molti soldati erano analfabeti. Era infatti necessario il servizio di volontari, tra cui alcuni illustri come il senatore Malvezzi, che ai banchetti mettevano su carta notizie e pensieri per i militari non scolarizzati. La Casa del Soldato, nella sua attività di preparazione e formazione delle coscienze individuali dei soldati al conflitto, operò anche sul piano dell'alfabetizzazione e della cultura. Vista la forte esigenza di comunicare e relazionarsi con le famiglie lontane, i soldati affollavano quotidianamente la Casa del Soldato. Il contatto diretto con i soldati e la crescente consapevolezza di una mancanza di istruzione, evidenziò la necessità di “combattere l'analfabetismo, elevare mediante la istruzione la coscienza dei soldati, educarla al sentimento del dovere, al culto della Patria e delle cose nobili e sacre”. In sostanza il problema dell'analfabetismo, presente soprattutto, secondo Bottoni, nei contingenti provenienti da Mezzogiorno, Toscana, Veneto e Romagna, era uno spunto importante anche per “nazionalizzare” uomini di diversa estrazione e cultura. Il prof. Igino Supino inaugurò all'interno della scuola anche un ciclo di conferenze con “proiezioni su monumenti antichi delle terre occupate dal nemico, nonché di Venezia, di Padova, di Verona, e delle altre città fatte bersaglio dal tiro degli areoplani tedeschi”, un concreto esempio del tentativo di sensibilizzare le coscienze dei soldati nei confronti della causa italiana anche sotto un profilo culturale. Alla disciplina della caserma veniva affiancata “l'assistenza morale ed educativa” di professori e maestre volontari che così potevano esprimere il loro fervore patriottico. Le iscrizioni sempre in crescita resero insufficienti i locali adibiti a scuola. Per questo motivo dal 1° febbraio 1918 i 358 iscritti (di cui facevano parte anche mutilati della Casa di Rieducazione), furono trasferiti nei locali dell'Università con il beneplacito dell'allora rettore Vittorio Puntoni. Ai corsi elementari fu affiancato un corso professionale il quale rimase in attività fino al settembre del 1920, con la finalità di fornire i titoli di studio necessari a un migliore reinserimento dei soldati nella vita civile.

La formazione del militare era curata anche grazie ad eventi e celebrazioni organizzati dalla Casa del Soldato. Le feste, celebrazioni e anniversari hanno avuto un ruolo fondamentale, sin dall'Unità, per la formazione dello Stato – nazione, come veicolo privilegiato di trasmissione degli ideali di attaccamento alla Patria. In tempo di guerra l'esigenza di formare coscienze pronte al sacrificio si faceva ancor più pressante così ufficiali, professori e autorità politiche tennero conferenze per sottolineare le origini e necessità del conflitto presente. Ebbero luogo una ventina di incontri che trattavano di storia del Risorgimento, un tema strategico che forniva facili giustificazioni ideologiche al conflitto ed evocava risentimenti verso il nemico austriaco. Altre conferenze sulle innovazioni belliche furono promosse dall'Ufficio Stampa e Propaganda del Corpo d'Armata, a testimonianza della forte collaborazione che la Casa ebbe con le autorità militari. In risposta al prolungarsi del conflitto e alla diffusione del malcontento, la frequenza delle conferenze fu aumentata. Complessivamente furono organizzate 205 conferenze nei cinque anni di attività della Casa. Anche gli anniversari avevano un ruolo strategico ed erano ben tenuti in considerazione. Le ricorrenze celebrate erano l'8 agosto, anniversario della cacciata degli austriaci da Bologna che per il settantenario venne tenuto da Luigi Rava, e il 20 settembre, in ricordo di Porta Pia. L'11 novembre 1918 più di 6000 soldati festeggiarono il compleanno del re Vittorio Emanuele III in corrispondenza della fine del conflitto a livello europeo. Sul fronte italiano l'armistizio con l'Austria era già stato firmato il 4 novembre: un anno dopo, nel 1919 don Bottoni annota come la commemorazione della vittoria fosse stata festeggiata pubblicamente a Bologna solo dalla Casa del Soldato nella nuova sede di palazzo Pepoli, in tacita polemica con la giunta socialista. La Casa del Soldato era anche punto di attrazione e divertimento verso il quale la vita del soldato veniva polarizzata e allietata da forme di intrattenimento, come gli spettacoli di burattini. Bologna fece tesoro della tradizione dei famosi burattinai e scrittori Angelo e Filippo Cuccoli, attraverso Giulio Gandolfi ed Augusto Galli che diedero nuova vita allo spettacolo popolare, questa volta diretto non solo al popolo ma soprattutto ai soldati. Alle rappresentazioni partecipavano spesso anche i figli dei soldati chiamati al fronte e la cittadinanza stessa. Il grande successo riscosso da Fagiolino e Sganapino indusse la Casa ad erigere una lapide presso il Cimitero della Certosa, in ricordo dei celebri marionettisti bolognesi Filippo ed Angelo Cuccoli. Per il tempo libero i giardini Martinetti furono dotati di attrezzi ginnici e per il salto a cavallo; nella sede invernale fu istallato un cinematografo. La Casa sopravvisse grazie alle numerose donazioni di privati e alla collaborazione con l'attivo tessuto associativo bolognese in sostegno della guerra, oltre al diretto sostegno dell'Amministrazione militare. Le collaborazioni con altri comitati in sostegno della guerra furono numerose: da menzionare nel 1918 la realizzazione, insieme all' “Associazione nazionale pei paesaggi e monumenti pittoreschi d'Italia” , dell'Esposizione Nazionale della Guerra. Lo stesso anno presso l'Università fu realizzato anche un corso di lingua inglese, grazie al supporto della Fratellanza Universale Americana. La Casa del Soldato di Bologna fu un concreto esempio di assistenzialismo che evidenzia come la società, nella sua componente cattolica, durante il conflitto fosse fondamentalmente unita a sostegno dello sforzo bellico. Ingenti donazioni in denaro e generi di ogni tipo (sigari, pennini e calamai per scrivere, fogli, etc.), puntualmente registrate dai quotidiani locali con i nomi dei donatori, sostenevano le attività della Casa e dei militari. Un supporto morale ed economico arrivò anche dall'amministrazione militare che sin da subito investì sull'iniziativa fino ad acquisirne a conflitto terminato la direzione. In effetti la componente militarista e nazionalista prevalse sin da subito nella conduzione della Casa: il fine dell'istituzione era quello di fare dei soldati “buoni cittadini” e l'assistenza morale fornita ai soldati, nei propositi di don Bottoni, aveva lo scopo di rinvigorire l'identità nazionale. Non era prevista alcun tipo di assistenza spirituale o religiosa. La retorica del sacrificio, tipicamente cristiana, veniva piegata alla situazione corrente per giustificare la morte di centinaia di migliaia di uomini. Esemplare il ritrovamento di una immagine sacra della Madonna nei pressi di Podgora, donata alla Casa e adorata come cimelio sacro per la patria. Il culto del Sacro Cuore di Maria veniva inteso in senso nazionalista. A ricordo dell'istituzione fu posta nella sede di via San Vitale una lapide commemorativa su delibera dell'ultima adunanza del Comitato Direttivo svoltasi nel 20 giungo 1920. (Nicola Lugaresi, 2008)

Così vengono descritti i primi cinque anni di vita dell'istituzione nella rivista 'Il Comune di Bologna' del gennaio 1927: "Fra le istituzioni benefiche e patriottiche delle quali è largamente dotata la nostra Bologna, che nelle varie forme di assistenza e di bene è certo delle prime fra le consorelle italiane, merita speciale illustrazione la “CASA DEL SOLDATO” della quale molti conoscono forse l'esistenza, senza peraltro avere avuto la possibilità di apprezzarne l'utile funzione e gli altri scopo, che persegue sotto l'alta invigilanza delle maggiori Autorità militari. L'origine delle Case del Soldato si collega al più grande evento della storia recente del nostro Paese: la guerra; e non è senza un profondo senso di nostalgiche visioni che tutti gli ex combattenti, che sostano nella decorsa Sede di quella della nostra Città, ricordarono le Case ed i Teatri del Soldato delle immediate retrovie, dove l'umile fante, reduce della tragedia sanguinosa della trincea, trascorreva qualche ora a ritemperare lo spirito nell'ascoltare le vicende di qualche gaia commedia, la dolce armonia della canzone, o le allegre scappate di Faggiolino e dei suoi ameni compagni, nelle quali ritrovava spesso, insieme al suono del dialetto natìo, le rimembranze della prima giovinezza, l'immagine della casa e della famiglia lontana, il ricordo delle persone e delle cose più care! Quando nel giugno del 1920 il benemerito Comitato che aveva fino allora gestito la Casa del Soldato inaugurata nel 1915, poco tempo dopo la nostra entrata in guerra, deliberò di chiudere l'istituzione, ritenendo esaurito il compito specialissimo per il quale era stata ideata ed attuata, parve a S. E. il generale conte Ugo Sani, allora comandante il nostro Corpo d'Armata e ad alcuni autorevoli Cittadini che l'Istituzione stessa, la quale tanto bene aveva arrecato in guerra, potesse continuare a svolgere una notevole funzione di assistenza – soprattutto morale – pur anche nella pace: da essi perciò si iniziarono studi e pratiche per mantenerla in vita e per dotarla di una Sede propria e di mezzi per farla funzionare attivamente. Lanciata l'idea, essa trovò eco di consenso e di plauso: si costituì subito una Commissione finanziaria composta dei Signori: Argnani ing. Vittorio, Calzoni ing. Adolfo, Dallanoce ing. Antonio, Manaresi avv. Angelo e Romagnoli comm. Arnaldo, la quale coadiuvata da molti altri autorevoli cittadini e da una larga schiera di gentili Signori e Signorine che lo spazio non consente di ricordare, ma alle quali va dato meritato plauso, iniziò tosto la raccolta dei mezzi finanziari. L'esito fu veramente lusinghiero, non solo per il largo concorso di privati cittadini; ma anche per il generoso contributo di tutti gli Istituti bancari e degli Enti locali i quali, ben comprendendo e apprezzando l'importanza della Istituzione, diedero largamente e resero in tal modo possibile l'inizio e la prosecuzione del piano di adattamento degli immobili che l'Autorità militare aveva potuto ottenere in uso dal Ministro della Guerra, per essere destinati a sedere della Casa del Soldato. Questa sorse così nella via Castelfidardo, adiacente alla Caserma d'artiglieria, dell'utilizzazione del fabbricato già ad uso “cavallerizza” della caserma stessa trasformato in Teatro e dell'attiguo ampio cortile nel quale demolite alcune vecchie costruzioni, si stabilì di innalzare la “Casa” propriamente detta. Il 27 febbraio 1921 i promotori ed il Comitato delle benemerite Patronesse che li aveva coadiuvati nella raccolta dei fondi, si riunivano in solenne assemblea ed approvato lo Statuto, procedevano alla Costituzione dell'Ente Casa del Soldato di Bologna ed alla nomina del Consiglio Direttivo. Scopo della Istituzione, basata sulla fede inviolabile nei principi che reggono lo Stato del quale l'esercito è la più ferma e preziosa custodia, era di offrire al soldato la maggiore assistenza morale, ottenere il miglioramento della sua vita intellettuale e materiale, specie in quanto ha trattato alle ordinarie occupazioni della vita civile dopo che sarà congedato, e di mantenere viva la reciproca corrente di simpatia e di affetto fra l'elemento militare e l'elemento civile, valendosi soprattutto della forza potente e viva degli affetti famigliari. Scopo nobilissimo, specie in quell'anno 1921, in cui pareva ancora che tutto il sublime sacrificio che ci aveva condotti alla gloria di Vittorio Veneto stesse per andare sommerso! Nominato un Comitato tecnico per lo studio e la direzione dei lavori e stabilito il piano relativo il 24 aprile 1921, con largo concorso delle maggiori Autorità, militari, civili e religiose di soci e di cittadini fu posta la prima pietra dei nuovi edifici ed il 19 dicembre dello stesso anno, con l'intervento di S. A. R. il Principe Ereditario, ne fu fatta solennemente la inaugurazione, permettendo così l'inizio di una attività che è andata ognora sviluppandosi e della quale soltanto chi abbia campo di farne personale constatazione può apprezzare gli immensi benefici. Questi, se hanno talvolta carattere materiale, sono soprattutto di ordine morale e quindi tali da influire grandemente sulle giovani generazioni destinate a dare alla Patria, sulle orme dei prodi dell'ultima guerra, la sua futura grandezza. 

Il Teatro – così prima e più importante manifestazione dell'attività della Casa è il Teatro che l'ing. Tagliavacca, con ardita concezione, seppe ricavare, come si è accennato, dall'antica “cavallerizza” facendone un ampio e ben disposto locale, capace di oltre 1500 persone e che Arnaldo Gentili decorò con sobrio buon gusto, con motivi allegorici delle varie armi e delle cento Città. Nel Teatro i soldati della guarnigione di Bologna poterono così e potranno ancora, ascoltare artisti sommi ed egregi che vollero prodigarvi, con alto senso di patriottismo, la loro arte avvincente o la grazia del canto o l'armonia dei loro istrumenti (ricordiamo fra i tanti: Ermete Zacconi, Angelo Musco, Franco Giacchetti, Aldo Silvani, Luigi Carini, Alfredo Sainati, Dina Perbellini, Carmen Melis, Marina Polazzi, Ada Sari, Mario Basiola, Pietro Gubellini, Mariano Stabile, Ettore Bergamaschi, Anna Fougez, Pietro Mazzini, Franco Ferrara, Cesare Valabrega, Maria Giulia Scimeca, Daniele Serra ed altri ancora; sentirono il palpito della vecchia scuola romantica nelle recite che vi dettero brave e volonterose compagnie filodrammatiche e giovani goliardi: gioirono della musica di Verdi, di Puccini, di Bellini, di Donizetti, di Giordano, di Rossini, ecc. in alcuni ben allestiti spettacoli d'opera; ascoltarono ed ascoltano l'illustrazione delle bellezze della Patria e le commemorazioni dei fasti della sua storia da oratori valenti e soprattutto, vissero e vivono, i palpitanti avvenimenti della nostra nuova vita nazionale attraverso le proiezioni cinematografiche che la generosità veramente encomiabile di alcune Case (Anonima Pittaluga; Anonima S. A. I. C.; Fox Film Corp. S. A. I. Universal Film S. A. I.), che vanno doverosamente segnalate alla pubblica gratitudine, offre alla Casa a maggior diletto dei molti soldati che a frequentano. La Scuola – Con pensiero squisitamente delicato, un benemerito della Casa, il compianto cav. Reg. Ettore Carnevali, volle donare ad essa le suppellettili per allestirvi un'aula scolastica, che fu dedicata alla memoria del giovinetto Suo figlio spento da morbo crudele, mentre si accingeva ad offrire il braccio alla Patria: in quest'aula, mercè la gentile e disinteressata prestazione di alcuni egregi insegnanti, molti soldati, rinunciando allo svago della libera uscita, volonterosamente si riuniscono per rinfrescare le cose imparata da fanciulli e per apprendere addirittura le prime cognizioni del leggere e dello scrivere, lieti di aver modo così di poter riparare almeno in parte ad una grave lacuna della loro prima giovinezza. La sala del ritrovo – è al piano terreno della Casa e ne occupa la parte centrale: sono in essa giuochi di varia specie: l'organo, il grammofono, l'araldo telefonico ed un recente impianto per ricevimento di comunicazione radiofoniche. Ivi i soldati sostano numerosi quando non vi è spettacolo in Teatro e trascorrono insieme ore serene e gaie. La sala di letture e di scrittura – è al primo piano e sovrasta la Sala di ritrovo. Vi si trovano tutti i principali giornali e i migliori periodici illustrati, in gran parte offerti gratuitamente dalle singole amministrazioni; nonché una discreta biblioteca (arricchitasi recentemente di una raccolta gentilmente donata dall'Opera Nazionale dei Combattenti per cortese e gradito interessamento dell'onorevole Angelo Manaresi) dalla quale possono ricevere in temporaneo uso libri di amena lettura, o di contenuto storico e patriottico, che sono assai ricercati dai numerosi frequentatori, i quali dimostrano il loro gradimento, conservandoli con cura speciale. Nella Sala è pure gratuitamente a disposizione di quanti la frequentano l'occorrente per scrivere, e l'agevolazione è fortemente apprezzata, come lo provano i più che 60000 fogli di carta da lettere con relative buste, distribuiti nello scorso anno. La sala da pranzo e lo Spaccio cooperativo con annessa “buvette” - Costituiscono un'altra delle maggiori attrattive del luogo. Con tenue spesa il soldato può farsi servire con tutto decoro e pulizia un modesto pasto od anche un semplice spuntino, e trova vino, birra ed altre bevande al puro prezzo di costo, realizzando in tale guisa un notevolissimo risparmio e con la sicurezza di avere vivande sane e della miglior qualità. Ogni domenica poi una trentina di soldati, scelti fra i più meritevoli dei vari Corpi del presidio, si riuniscono in gaio e modesto banchetto, offerto dai Corpi stessi, che più li affratella e li incita a perseverare nella via del dovere. I Bagni – la scuola da barbiere – uno speciale servizio di bagni a doccia funziona in permanenza durante le ore di libera uscita, senza spesa alcuna e con gratuita distribuzione del necessario sapone e così pure, da oltre un anno, si è potuta allestire una signorile Sala da barbiere, nella quale la speciale clientela viene servita di tutto punto, sempre senza alcun pagamento di quota. I giuochi all'aperto – l'ampio cortile, prospiciente alla Casa, offre nella stagion buona il luogo più adatto per i giuchi all'aperto e per le esercitazioni atletiche e agli attrezzi; mentre un ben sistemato spogliatoio permette il deposito degli indumenti consentendo al soldato la più ampia libertà nelle varie sale della Casa, sì che egli abbia in certo modo la sensazione di sentirsi veramente come a casa sua. E le solenni ricorrenze raccolgono le numerose rappresentanze dei vari Corpi a ricordo e celebrazione. Discorsi di efficaci oratori illustrano gli eventi memorabili: Pranzi modesti, ma resi solenni dal concorso delle maggiori Autorità militari, preparati e serviti con cura sapiente da gentili Patronesse ed arricchiti di schietta allegria e di fraterno cameratismo, riuscirono i soldati nei giorni di Natale o di Capo d'anno, quando maggiore si sente la nostalgia della Famiglia: Lotterie dotate di numerosi premi, ricche talvolta di sospirate “licenze! Richiamano entusiasti concorrenti, attratti specialmente dalla speranza di un breve ritorno fra i loro cari: spettacoli di vario genere intrattengono gli ospiti e l'orchestrina, formata dagli stessi soldati, suona inni e canzoni cui fa eco sovente il coro dei convenuti ad attestare la giocondità di una giovinezza alla quale la Patria può oggi guardare con orgoglio e con fede sicura di un radioso domani. Alcuni dati numerici relativi all'esercizio 1925 – pochi quali lo consente il carattere di questo scritto – possono bastare a dare un'idea di quale sia l'attività della Istituzione. La frequenza complessiva dei militari ascese a 159095, con una media giornaliera di 400 – oltre 60 000 i fogli e le buste per le lettere distribuiti – 45 000 le cartoline vendute sottocosto – 3217 le barbe e 2729 le tosature in un solo semestre – 2200 i bagni – 12025 le razioni di cucina vendute – 1500 i pranzi domenicali – 160 gli spettacoli cinematografici – 8 le conferenze – 13 gli spettacoli di varietà – 153 i giuochi e le gare con premi.

La casa vive e funziona mediante la rendita del suo patrimonio liquido, che ascende attualmente a circa L. 100000, nonché con le quote di oltre 1200 soci ordinari, fra i quali figurano, con gesto che altamente li onora, tutti i signori Ufficiali del Presidio, e coi sussidi degli Enti militari e civili che contribuiscono a favore di essa. Fra questi è doveroso ricordare il Comando di Corpo d'Armata, quello di Divisione, la Cassa di Risparmio ed il Comune. Ma i proventi, per quanto notevoli, sono assai inferiori alle necessità e sarebbe perciò augurabile che molti altri cittadini che possono farlo, concorressero all'azione altamente patriottica della Casa iscrivendosi a soci ordinari. La lieve quota di L. 18 annue troverebbe ampio compenso nella soddisfazione di partecipare ad un'opera la cui attività è altamente gradita dai soldati e che li sottrae dai pericoli della strada, potenziando al massimo la sana educazione che vien loro data nelle caserme. Le ingentissime spese occorse per la trasformazione dei locali dati in uso dallo Stato (oltre L. 700000) sono state sostenute con le offerte dello Stato stesso, degli accennati Enti e di numerosi privati cittadini dei quali vorremmo ricordare i nomi a pubblico esempio e che costituiscono la categoria dei n. 168 soci fondatori (quota L. 1000) e dei n.35 soci vitalizi (quota L. 200). Ad essi pure vuol essere qui rivolta una speciale attestazione di riconoscenza, insieme all'augurio che trovino numerosi imitatori. E debbono essere in particolar modo richiamate alcune manifestazioni svoltesi a vantaggio della Casa e principalmente, i Concorsi Ippici del 1923 e 1924 e la grande manifestazione Aviatoria del 1925 che Bologna tutta ricorda con grande compiacimento e nella quale la Cittadinanza e il Paese ebbero la rivelazione della rinnovellata potenza dell'arma aerea, ricondotta all'antico splendore dalla volontà audace del Ministro delle Forze Armate, Sua Eccellenza Mussolini, che è socio onorario della Casa. La “Casa del Soldato” è stata onorata fin dal suo nascere di visite di illustri personaggi, fra le quali meritano speciale ricordo – in ordine cronologico – quelle di S. M. la compianta Regina Margherita, di S. A. R il Duca d'Aosta, di S. M. il Re, e recentemente, di S. A. R. il Principe Ereditario, al cui nome Augusto si intitola il Teatro. A tutti questi insigni Visitatori apparvero manifeste alte finalità e gli scopi utilissimi che la Istituzione si propone e per essa ebbero tutti speciali espressioni di plauso e di compiacimento. Con la prontezza di intuito che ne caratterizza la prodigiosa personalità, il Capo del Governo e Ministro delle Forse Armate, S. E. Mussolini, nella sua visita dell'ottobre 1923, rispondendo al Generale Sani ed al Comm. Calzoni che gli ricordavano come la Casa fosse stata ideata e voluta quando il nome della Patria poteva a Bologna, a mala pena, essere pronunciato liberamente nell'interno della Caserma, così si esprimeva: “Questa Casa è degna di ospitare i soldati di Vittorio Veneto! É bella ed è grandiosa: si sente in essa una volontà, una passione...” Non meglio potevano definirsi l'idea animatrice e gli scopi della Casa del Soldato! Ed oggi, mentre si compiono i cinque anni da che la Casa iniziò il suo funzionamento, gli ideatori ed animatori di questa nobile iniziativa, possono a ragione compiacersi del lavoro compiuto. Fra quelle mura che udirono sempre i canti sacri della Patria, accorreranno ognora i giovani soldati a ricreare il corpo e lo spirito, dopo l'aspro dovere compiuto. E vi accorreranno i cittadini tutti che vedono nell'Esercizio il supremo baluardo della Nazione, la sicura garanzia per l'immancabile compimento degli alti destini della Patria! Si rinnoverà così quell'unione fra Cittadini e Soldati che, al richiama dell'amato nostro Sovrano, diede vita a quell'”Esercito solo” che vinse al Piave e vinse a Vittorio Veneto perché l'Italia fosse salva: perché la Patria, cui la Provvidenza riservava il Duce, che con sì ferma mano e saviamente oggi la governa, potesse riprendere il suo cammino ascensionale nel mondo. MARIO GARAGNANI (trascrizione a cura di Zilo Brati, 2020).

Bibliografia: A. Bottoni, Casa del Soldato. Bologna. 20 giugno 1915 – 30 giugno 1920, Bologna, Tipografia Cuppini, 1922; C. M. Fiorentino, Malvezzi De' Medici, Nerio, in Dizionario biografico degli italiani, Vol. 68, Roma, Istituto della enciclopedia italiana,1986, pp. 350 – 352; G. Gandolfi, Burattini di Guerra alla Casa del Soldato, Bologna, Tipografia Cuppini, 1917; Statuto della Casa del Soldato di Bologna, 1921; N. S. Onofri, Il Comune socialista, in Walter Tega (a cura di ), Storia Illustrata di Bologna, Vol. 4, Bologna dal’unità alla liberazione, Milano, Nuova Editoriale Aiep, 1990 p. 121- 140; P. Pallottino, Storia dell'illustrazione italiana, Bologna, Zanichelli, 1988 p. 209; Sito web dell'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia fondata da padre Giovanni Minozzi