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Carso. Il fallito attacco ai ponti di Pieris

Azione di guerra 24 Maggio 1915

Schede

L’ordine del Comando Supremo italiano emanato il 23 maggio 1915 aveva come oggetto 'Primo sbalzo offensivo' ed era diretto ai comandanti della 2° e 3° armata, le cui truppe andavano prendendo posizione lungo il confine con l’Austria-Ungheria dove, a breve distanza, scorreva il fiume Isonzo. Cadorna sapeva che gli austriaci si sarebbero trincerati sulla loro linea di massima resistenza, da tempo preparata. Questa certezza e la conseguente necessità di arrivare prima che i ponti sul fiume fossero distrutti, erano sottolineati nel’ordine, secondo cui l’operazione doveva avere 'carattere di energica ed improvvisa irruzione'. 

L’obiettivo principale per la 3° armata era l’occupazione dei ponti stradale e ferroviario di Pieris, paese in sponda sinistra dell’Isonzo, a breve distanza da Ronchi e Monfalcone, e quindi dal ciglione del Carso dove l’avversario andava ammassando truppe ed artiglieria. Il comando della 3° armata destinò la 1° divisione di Cavalleria, al comando del generale Pirozzi, forte di due brigate e irrobustita da due battaglioni di bersaglieri ciclisti e dal 94° fanteria, per la conquista di Pieris.
Alle ore 5,00 del 24 maggio 1915 due colonne miste di cavalleggeri, ciclisti e fanteria mossero da Palmanova verso l’obiettivo. Il piano prevedeva tre sbalzi veloci ed il rastrellamento del territorio di volta in volta conquistato; inoltre dovevano essere tenuti i contatti con le truppe uscite da San Giorgio di Nogaro che per Cervignano stavano convergendo su Pieris. Il primo sbalzo fu compiuto senza incidenti, e le colonne raggiunsero i paesi di Joannis e Visco prima delle ore 7; mezz’ora dopo si era pronti per proseguire la marcia. L’ordine di partenza raggiunse la colonna di destra che puntò su Ajello, non quella di sinistra che rimase ferma, iniziando l’esplorazione del territorio, in attesa di nuovi ordini.
Solo alle ore 11 il disguido fu superato e la colonna mosse lentamente verso il paese di Crauglio, suo riferimento per il secondo sbalzo. Le truppe uscite da San Giorgio di Nogaro (colonna Vercellana) solo verso metà mattina si disposero per l’occupazione di Cervignano, cittadina abbandonata già da alcuni giorni dagli austriaci. La marcia della colonna di cavalleria verso Crauglio trovò numerosi ostacoli lungo le strade: prima di ritirarsi il nemico aveva abbattuto alberi per centinaia di metri, creato barriere con filo spinato e paletti di ferro; furono trovate pure 'mine automatiche difficilmente individuabili'.
I cavalleggeri della colonna di sinistra raddoppiarono le cautele e solo vero le 15,30 Crauglio venne raggiunto ed anche il secondo sbalzo completato. A metà del pomeriggio le due colonne della 1° divisione di Cavalleria avevano compiuto solo la metà dei circa 30 chilometri che separano Palmanova da Pieris; stessa cosa per il raggruppamento truppe Vercellana, fermo a Cervignano. Inoltre nelle prime ore del mattino erano saltati in aria i ponti sui torrenti Torre e Versa, e ciò rendeva la marcia ancora più difficile. Alle 16,30 riprendeva l’avanzata: il terzo e definitivo sbalzo era diretto contro i paesi di Mortesins, colonna di destra, e Ruda, colonna di sinistra, per poi convergere assieme su Pieris. Solo a notte fonda quest’ultimo sbalzo venne completato; nella certezza che i ponti di Pieris erano stati distrutti dal nemico, l’avanzata venne sospesa in attesa dell’alba. Informato dei fatti, il Comando Supremo annullò l’operazione, ordinando il rafforzamento sulle posizioni raggiunte. Il fallimento del piano (creare una testa di ponte in sponda sinistra dell’Isonzo a Pieris, in alternativa non permettere agli austriaci la totale distruzione dei ponti) rallentò l’avanzata dell’ala destra della 3° armata, con conseguenze rese ancora più nefaste dal cattivo tempo dei giorni seguenti che portò piene improvvise per l’Isonzo ed i suoi affluenti. Infine, il ritardato arrivo del materiale per la costruzione dei ponti mobili bloccò completamente i movimenti della 3° armata.
Il Tenente Generale Pirozzi finì sotto processo. Nella sua difesa puntò sulle difficoltà generate per i reparti celeri (i ciclisti), su cui faceva molto affidamento, dalle abbattute di alberi sulle strade e da forti barricate con reticolati ed altro materiale e sulla possibilità che il nemico effettuasse puntate offensive, cosa che lo spinse ad emanare ordini per uno schieramento difensivo dei reparti in occupazione avanzata, che si poteva ottenere solo aumentando il numero dei fucilieri appiedati a fianco della cavalleria, naturalmente a scapito dell’azione energica chiesta dal Comando Supremo.
Per Cadorna le motivazioni addotte da Pirozzi dimostrarono solo la sua prevenzione dell’impossibilità della impresa; le paure esageratissime ispirate da precedenti informazioni che non furono riscontrate, portarono ad inutili collegamenti tra reparti, tanto che una marcia rapida di avvicinamento, divenne una marcia da battaglia con tutte le sue ovvie lentezze. Cadorna terminò le annotazioni con la frase: "se io ho ordinato un’operazione rapida ed ardita, è segno che avevo elementi in mano da crederla possibile".
Il tenente generale Pirozzi fu destituito dal comando della 1° divisione di Cavalleria il 29 maggio 1915.
Paolo Antolini

Bibliografia: Ministero della difesa, Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra, 1915-1918, Roma, Ufficio Storico SME, 1927-1980