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La Scuola Bellentani di Bologna

1816 | 1877

Schede

Coloro che, rievocando la vita di Bologna dell'Ottocento, hanno accennato all'istruzione elementare, sono concordi nell'affermare che – tra le varie scuole private di quel tempo primeggiarono la Scuola Minarelli e la Scuola Bellentani. E' pertanto naturale che su quest'ultima facciamo qui seguire brevi cenni, come dell'altra facemmo nella Strenna dell'anno passato.

Luigi Bellentani, nato a Bologna nel 1797, appare per la prima volta nel 1816 nell'Elenco de maestri privati della Città che si sono presentati e che hanno ottenuto la licenza di proseguire nel loro esercizio; ma egli esercitava già l'insegnamento, poiché un altro documento si apprende che, giovanissimo, nel 1814, aveva aperta una piccola scuola privata. In essa, insieme ad un altro collega e due sotto maestri, v'insegnava il leggere, la calligrafia, l'aritmetica e la lingua italiana nella infima e nella media, ossia nella prima e nella seconda classe, i primi elementi del latino, del francese e della storia nella suprema, ossia nella terza Naturalmente, in ogni classe veniva insegnata la Dottrina Cristiana che era obbligatoria in tutte le scuole, per almeno mezz'ora la settimana, com'era espressamente indicato nella Patente rilasciata ad annum dall'arcivescovo. Nel 1825, in seguito all'applicazione della bolla Quod Divina Sapientia, la S. Congregazione degli studi emanò un Regolamento delle scuole private elementari a norma del quale ai maestri veniva richiesta, secondo la formula prescritta da Pio IV, la professione di fede che doveva più specificatamente apparire nelle Patenti. Esse quindi furono rinnovate secondo la nuova formula; ed appunto dal nuovo Elenco risulta che la scuola del Bellentani era situata nel palazzo Boncompagni in via del Monte e che prosperava “sotto favorevoli auspici”. Forse fu per il suo crescente sviluppo che, alcuni anni dopo, la scuola venne trasferita nel palazzo Cataldi, in via Battisasso (ora Montegrappa).

In questa sede il maestro fu sorpreso dai Moti del 31 ai quali non rimase insensibile. Nel Libro dei compromessi politici, a suo carico si legge la seguente nota: “Bellentani Luigi, d'anni 42, di Bologna, maestro di scuola. Si mostrò nelle passate vicende alquanto esaltato, e nella di lui scuola fece mostra di una bandiera tricolore. Coprì il grado di Ufficiale (s'intende: della Guardia Civica). Tuttavia non ebbe noie, grazie all'equanimità dell'arcivescovo, il quale rese nulla l'accusa col seguente attergato in calce ad essa: La Guardia Civica fu ordinata dal Governo Pontificio, dunque non è delitto per chi vi si presto qualora non abbia abusato; il che non risulta. Si confermi la patente. 25 aprile 1833”. Appunto per la parte che alle e malaugurate vicende del 1831 ebbero anche i maestri, la S. Congregazione degli studi prescrisse severe disposizioni sul rilascio delle Patenti e specialmente sulle licenze di aprire nuove scuole private. Allora l'arcivescovo obbligò direttori ad esporre per iscritto i programmi didattici delle rispettive scuole, seguendo le norme di un Regolamento che, redatto da don Camillo Tartaglia, rettore del Seminario, venne pubblicato nel 1836. Anche il Bellentani presentò il suo, che fece stampare nel 1838; e da esso apprendiamo che allora la sua scuola si componeva di tre classi, ciascuna delle quali era divisa in tre sezioni. Nelle prime due classi veniva impartito il tradizionale insegnamento elementare, mentre nella terza s'insegnava Umanità. Rettorica, storia, geo-francese. Si trattava insomma d'una specie del nostro Ginnasio, che l'autorità tollerava, come faceva per le altre scuole consimili del Minarelli, del Lenzi, di don Ciccotti ecc., in vista della maggiore istruzione che ne ricevevano i frequentanti, chè in quel tempo, come bene osservò G. B. Casoni, che ne ebbe conoscenza diretta, gli scolari non erano oppressi dal surménage di adesso; anzi allora vi era forse l'estremo opposto, essendo troppo trascurata la cultura generale. In Bologna, egli continua, oltre le scuole che ora direbbersi ginnasiali, del Seminario arcivescovile e de' Padri Barnabiti, dette Scuole di Santa Lucia, dal nome della chiesa dei suddetti religiosi, vi erano parecchie scuole private, delle quali le principali erano quelle nome de rispettivi direttori, cioè la Scuola Minarelli e la Scuola Bellentani. In quest'ultima l'insegnamento era esteso a varie materie, poichè oltre il corso di lingua italiana e di lingua latina, vi era l'insegnamento della geografia, della storia, del disegno, della lingua perfino del ballo. Gli alunni che ne uscivano, erano senza dubbio più istruiti di quelli delle altre scuole, ovvero avevano qualche nozione, almeno elementare, di materie che altrove non si studiavano affatto. In seguito la scuola si trasferì in via S. Vitale, mantenendo sempre alto il suo prestigio. Lo attesta Antonio Finechi, che nel suo scapigliato volumetto ‘Bologna d'una volta’ ha dato notevole posto alle scuole del suo tempo. “In stra San Vidal”, egli scrive a p. 142, nel palazzo Orsi c'era un'altra scuola del genere (di quella del Minarelli) diretta dal Bellentani, sulla quale “an poss dir niente... So peraltro ch'era accreditata e che faceva egli ottimi allievi”.

Da questa sede la scuola passò nel vecchio palazzo Pepoli in via Castiglione. E fu appunto qui che nell'autunno del '47 il Bellentani “esperto nè militari e matematici studi costituì, in gara col Minarelli, un Battaglione della Speranza”. E fu pure qui che nelle vicende del '48-49 dimostrò il suo fervore patriottico, insieme al figlio Giuseppe insegnante nella sua scuola. Il direttore di polizia, Filippo Curzi, il 7 gennaio 1850 informava l'arcivescovo sul contegno dei due insegnanti con questo rapporto: “Quanto ai suddetti padre e figlio Bellentani, pare che la condotta da essi tenuta negli infausti tempi della Repubblica potesse meritare disapprovazione dalla parte savia di Bologna. Dicesi che il padre cogliesse le occasioni del disordine e coll'appoggio dell'Avv. Galletti, essendo precettore dei di lui figli, si portasse a Roma per ottenere grado e avanzamento di posto, vagheggiando l'idea di riuscire a capo e Direttore della pubblica e privata istruzione, nella quale si proponeva operare grandi cambiamenti. Pare che facesse parte dè Circoli e li frequentasse con assiduità, cooperando al loro procedimento. Con tutto ciò, però, che può interpretarsi effetto di uno spirito di interesse proprio, non si ricordano a suo carico fatti gravi e clamorosi. Non cosi può dirsi del figlio Giuseppe, che troppo evidentemente appalesava la contrarietà sua al Pontificio Governo, allorchè negli ultimi giorni che precedettero l'arrivo delle truppe Austriache nel bolognese, pubblicava contro di loro un allarmante e sanguinario proclama, eccitando il paese a sollevarsi ad ostinata difesa. Null'altro passo aggiungere in proposito, poiché l'argomento incontra per sè molti ostacoli a più dettagliate investigazioni, alle quali i rifiuti ad una prudenziale riservatezza nelle persone, escludono un più preciso risultato”. In seguito a questi ragguagli, la Commissione di censura destituì dall'insegnamento il figlio ed assolse il padre, che potè continuare nella direzione della sua scuola. Ciò che il Direttore di polizia non riuscì a sapere allora sull'attività di Giuseppe Bellentani, certamente lo seppe in seguito, rendendone edotto l'arcivescovo. Questi, infatti, rispondendo ad una richiesta di Monsignor Incaricato d'affari di Firenze sulla condotta del professore, il quale, non potendo più insegnare a Bologna, aveva concorso per il Liceo comunale di Pisa, mandava il seguente ragguaglio in data 9 gennaio 1854: “Il dott. Giuseppe Bellentani era maestro privato di belle lettere ed esercitava la sua professione presso la scuola di suo padre, pure maestro privato. Premesso che tanto il padre che il figlio, si mostrarono ligi alle novità politiche insorte nel 1848 e 1849, il dott. Giuseppe spiegò con parole le sue tendenze a quella novità e, proclamata che fu la Repubblica Romana, fece palese con enfatici discorsi tanto nelle lezioni di scuola quanto ne' Circoli la sua simpatia per sostenere l'intruso Governo, come può rilevarsi dal periodico il Felsineo che in quell'epoca si stampava. Dopo la restaurazione del legittimo Governo Pontificio, la Consulta appositamente nominata nel giudizio di quei maestri che errarono, fece disamina della condotta del dott. Bellentani e fu decretata la sua destituzione. Per questo io ebbi a scrivere a V. S. in data 18 marzo 1850 che vigilasse affinchè il dott. Giuseppe proseguendo ad insegnare m'informasse. Del resto egli ha ingegno e se lo volge a sani insegnamenti potrà riuscire forse in questo lasso di tempo, come vorrei sperare, a ricredersi, in quanto alla sua morale non mi fu fatto mai reclamo. Eccole in sunto i motivi che determinarono la destituzione del Bellentani da maestro e la S. V. ne faccia quel caso che crederà”.

Molto probabilmente l'Incaricato fece uso severo delle informazioni, poichè il professore, che nel 1853 aveva vinto il concorso per la cattedra di storia, cronologia e geografia nel Liceo municipale di Pisa, nel 55 era di nuovo a Bologna. In quegli anni anche il padre ebbe a soffrire gravi sventure. Dei quattro figli gliene morirono tre a breve intervallo l'uno dall'altro: Carlo, insegnante di lettere, Valentino insegnante di matematica e Torquato medico, rimasto vittima del suo zelo nella cura dei colerosi. Egli stesso si trovò infermo insieme al figlio superstite e alle quattro figlie; e fu allora che per l'ottenuta guarigione, dedicò un'Ode al suo medico, il dott. Luigi Mezzetti. Tuttavia queste disgrazie, accadute nel '49 e nel '50, non ebbero altra conseguenza che la omissione della consueta premiazione degli allievi. La scuola continuò ad essere notevolmente frequentata, anzi, ad essa accorrevano pure i giovanetti ebrei e poichè nel '52 il maestro era stato avvertito di licenziarli, egli rispose che li avrebbe fatti istruire a parte dai cattolici oppure si sarebbe recato alle loro case. Frattanto al figlio Giuseppe, che aveva dovuto abbandonare il Liceo di Pisa, venne permesso di poter insegnare di nuovo nella scuola paterna, che aveva assunto il nome di Ginnasio. La denominazione però non figura nei campioni della solenne premiazione che, alla fine di ogni anno scolastico, veniva fatta fra gli alunni di tutte scuole private distintesi nello studio della Dottrina cristiana. Si deve pertanto ritenere che il titolo fosse soltanto tollerato dall'autorità, come aveva fatto per la scuola del Minarelli. Dopo l'annessione della Romagna al Piemonte, della scuola delle altre affini - resta solo il nome a testimoniare l'esistenza fino alla morte del fondatore, avvenuta il 30 ottobre 1877. In seguito non appare più nemmeno il nome, sicchè non si è certamente lontani dal vero, affermando che la scuola si sia spenta con lui.

Rodolfo Fantini

Testo tratto da “Scuole di Bologna ottocentesca: la Scuola Bellentani”, in “Strenna Storica bolognese, 1955. In collaborazione con il Comitato per Bologna Storica e Artistica.