La presenza di Dante a Medicina nelle epigrafi dantesche

La presenza di Dante a Medicina nelle epigrafi dantesche

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Scheda

Mi occuperò delle epigrafi medicinesi dedicate a Dante cercando di “spremerle”, come diceva il grande epigrafista bolognese Susini, per rivelarne il contenuto e i significati non sempre immediatamente espliciti con particolare riguardo al fatto che Dante sia stato personalmente a Medicina. La città di Medicina possiede due epigrafi dantesche. Non sono poche considerato che a Ravenna, escludendo quelle della Tomba di Dante, esistono due epigrafi dedicate al Poeta e a Firenze, escludendo quelle del cenotafio, tre.

La prima iscrizione medicinese si trova nell’atrio al primo piano della casa Dall’Olio, Via Libertà n. 68: TRADIZIONE E CRONACHE VOGLIONO CHE IN QUESTA CASA / UN TEMPO DEI DONATI-ZUCCHI AVESSE CONSUETA / OSPITALITA’ DANTE ALIGHIERI QUANDO PER CONFORTARSI / DELL’INGIUSTO ESILIO QUI VENIVA DA RAVENNA / A RINVERDIRE I DOLCI RICORDI DELL’INGRATA / FIRENZE CON I CONCITTADINI DONATI A LUI / CARISSIMI PER VINCOLI DI PARENTELA E PER / COMUNANZA DI SORTE Pierina Mòdoni di Antonio pose 1912.

La famiglia Mòdoni (in antico Mòdena o Mòdona) di evidente origine ebraica è presente a Medicina almeno dal Seicento. I suoi membri appartenevano ad un ceto socialmente ed economicamente solido: alcuni facevano parte della Partecipanza di Medicina, altri erano possidenti, religiosi, militari e spesso ricoprivano cariche pubbliche di rilievo. Nell’Ottocento erano imparentati con le più influenti famiglie medicinesi compresa la famiglia Donati. Nell’atrio di Casa Mòdoni (già Donati poi Donati-Zucchi ora Dall’Olio) si trovano alcune epigrafi – tutte poste su iniziativa della famiglia Mòdoni – attestanti l’ospitalità data dalla famiglia Donati, precedente proprietaria dell’edificio, a personaggi storici di rango tra i quali anche Dante. Per quanto riguarda Dante l’iscrizione dà per scontate sue frequenti visite a Medicina (consueta ospitalità), durante gli anni della permanenza a Ravenna, per ricordare i tempi migliori insieme alla medicinese famiglia Donati cui, secondo l’epigrafe, Dante era legato oltre che dalla comune condanna all’esilio anche da vincoli di parentela. Ovviamente l’allusione fa riferimento alla casata fiorentina dei Donati alla quale apparteneva Gemma, sposata da Dante tra il 1283 e il 1285. A testimonianza della frequentazione di Dante della casata della moglie si può notare che nella Divina Commedia sono menzionati altri Donati: Ubertino, Cianfa Simone, Gualdrada e i due Buoso. La casata, una delle più potenti e antiche di Firenze, era di parte guelfa della fazione dei Neri e combattè con furibonda rabbia la parte avversa dei Cerchi (i Bianchi) alla quale aveva aderito Dante che pagò l’adesione alla Parte bianca con l’esilio e la morte in esilio. Il dantista Renato Piattoli nella voce dell’Enciclopedia Dantesca riguardante la famiglia fiorentina dei Donati dedica parecchie pagine alla storia del casato e ne segue le tracce fino alla sua estinzione in Toscana nel 1616 ma senza mai citare alcuna parentela con le altre numerosissime famiglie Donati diffuse in tutta Italia. Anche la casata medicinese dei Donati o Donadi (i cui membri sono definiti nell’epigrafe “concittadini” di Dante) era antica e di notevole rilievo economico-sociale tanto che risulta quella parentela con i Donati di Firenze, affermata nell’epigrafe (i concittadini Donati a lui carissimi per vincoli di parentela e comunanza di sorte) sulla base di tradizione e cronache non meglio specificate; delle quali purtroppo non si trova traccia neanche nei cronisti locali (Gasperini, Belletti, Orlandi e Simoni) pur generosi nel riferire altre millantate ascendenze di famiglie medicinesi da personaggi illustri: gli Hercolani da Ercole, i Bonaparte da Napoleone, gli Alberoni dalla famiglia del Cardinale Alberoni etc. Si consideri infine che le esperienze romagnole cui si fa cenno durante l’incontro di Dante con Pier da Medicina non possono essere avvenute dopo il 1307-1309, periodo in cui, secondo le ipotesi più accreditate, Dante compose l’Inferno e d’altra parte la sua presenza a Ravenna, presso i da Polenta, iniziò nel 1318 quindi l’ospitalità, citata nell’epigrafe, ricevuta a Medicina provenendo da Ravenna, non può trovare conferma nei famosi versi riguardanti Pier da Medicina, per dirla con Dante, per la contradizion che nol consente. Si può pertanto concludere che le affermazioni di questa prima epigrafe sono frutto della innocente ma infondata aspirazione dei Mòdoni a menare vanto di antiche patenti di nobiltà familiare in questo caso peraltro prive di riscontri storici e che le visite di Dante, durante la sua permanenza ravennate, a Medicina (la consueta ospitalità) dovute a motivi affettivi o di parentela non sono affatto provate.

La seconda iscrizione fu collocata sul lato nord della Torre Civica dell’Orologio sotto la nicchia della Madonna del Rosario, nel dicembre 1921 in occasione del VI centenario della morte di Dante, a cura di un comitato cittadino, con il patrocinio dell’associazione “Bologna storico-artistica”: RIMÈMBRATI DI PIER DA MEDICINA SE MAI TORNI A VEDER LO DOLCE PIANO CHE DA VERCELLI A MARCABÒ DICHINA INFERNO C. XXVIII CON QUESTI VERSI DANTE RICONOSCENDO NELL’INFERNO / PIER DA MEDICINA UNO DEI PIU’ FAZIOSI SIGNORI DI / ROMAGNA VOLLE RICORDARE LA NOSTRA TERRA CHE SECONDO / IL RACCONTO DI BENVENUTO DA IMOLA COMMENTATORE DELLA / DIVINA COMMEDIA EBBE L’ONORE DI OSPITARE IL SOMMO POETA

Nei vv. 73-75 del Canto XXVIII dell’Inferno Dante cita, nella perifrasi con cui indica la pianura padana due località, Marcabò e Vercelli. La prima era un castello, edificato dalla Repubblica di Venezia intorno alla metà del XIII secolo vicino alla foce del Po di Primaro a difesa dei suoi traffici commerciali e poi distrutto nel 1309 durante la guerra tra Ferrara e Venezia. Il toponimo è sopravvissuto alla distruzione del castello: esiste ancora oggi infatti una Via Marcabò e una Valle di Marcabò nei pressi di Casal Borsetti (RA). La seconda, la città piemontese di Vercelli, ha dedicato al Poeta - in occasione del VI centenario della morte - una iscrizione, analoga a quella medicinese, che si limita però a riportare semplicemente i vv. 73-75. La frase dell’epigrafe “...Dante riconoscendo nell’Inferno Pier da Medicina...” è ambigua perché in realtà nei versi precedenti, è Pier da Medicina che riconosce Dante e ne richiama l’attenzione e non viceversa. Nell’epigrafe medicinese dopo la terzina dantesca, si fa espresso riferimento alla testimonianza di Benvenuto Rambaldi da Imola sia per tratteggiare la figura di Pier da Medicina (uno dei più faziosi signori di Romagna) sia per sottolineare la presenza di Dante a Medicina (la nostra Terra che secondo il racconto di Benvenuto da Imola ebbe l’onore di ospitare il sommo Poeta). Il riferimento a Benvenuto Rambaldi, più noto come Benvenuto da Imola, si trova sia nelle opere dei cronisti locali medicinesi sia in tutti i commentatori della Divina Commedia anche recenti che di solito riportano ampi brani del testo del suo commento. Benvenuto, nato nel 1320 circa a Imola e morto intorno al 1388, personalità culturale di trapasso fra il Medioevo e l’Umanesimo, conobbe personalmente Petrarca e Boccaccio e anzi di quest’ultimo ascoltò a Firenze le lezioni sulla Divina Commedia. Autore di varie opere storiche e anche di un commento alle opere di Virgilio e di Lucano, oggi è soprattutto noto proprio per il suo Comentum super Dantis Aldigherij comoediam rielaborato in più riprese sin verso il 1383. Vediamo dunque cosa dice Benvenuto delle visite di Dante a Medicina, tenendo conto che la sua testimonianza è particolarmente importante sia perché Benvenuto da Imola era conterraneo di Pier da Medicina sia perché il suo commento redatto intorno al 1380 è solo di qualche decennio successivo alla composizione e alla pubblicazione della Divina Commedia. Occorre premettere che il manoscritto originale autografo del Comentum dedicato da Benvenuto al Marchese di Ferrara Niccolò II d’Este e a lui inviato non esiste più da secoli mentre ci sono pervenute numerose copie alcune anche molto vicine, cronologicamente, all’originale e pertanto più attendibili. Il codice più antico è il membranaceo conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi che alla fine del commento al Purgatorio porta la data 1394, altri, non sempre completi, sono a Milano, a Modena, a Ravenna, a Firenze e a Roma. Il Municipio di Imola fece eseguire nel 1843-1844 dall’imolese Giovanni Tamburini una copia manoscritta integrale del Codice Estense. Infine nel 1887 fu pubblicata, per i tipi di Barbèra, Firenze, un’edizione critica integrale del Commento a cura di Jacopo Filippo Lacaita condotta sulla base del codice membranaceo, datato 1409-1410, della Biblioteca Laurenziana ma con l’indicazione, nell’apparato critico, delle varianti presenti negli altri codici più importanti.

Benvenuto dopo aver diffusamente commentato l’incontro di Dante con Pier da Medicina, ben sei pagine nell’edizione a stampa del Lacaita, passa poi a parlare di Medicina. Traduco avvertendo che Benvenuto riporta i versi danteschi, ne fa la parafrasi e li commenta: “...o tu cui colpa non condanna... ossia o Dante, che non sei dannato come me e gli altri infelici... e cui già vidi su in terra latina... ossia in Medicina, mia patria che è tra Bologna e Imola e dice se troppa simiglianza non m’inganna... dice questo perchè una forte somiglianza spesso inganna l’uomo, quasi voglia dire se non m’inganno mi sembra di averti visto in vita nella mia patria e dice il vero e non sbaglia. Devi inoltre sapere che Medicina è una città grossa e ricca tra Bologna e Imola; ed è un territorio autonomo che aveva un tempo una forte rocca. E vi comandavano un tempo alcuni potenti nobili che erano chiamati Capitanei (o Cattanei) di Medicina dei quali oggi non resta più alcuno. A questa casata appartenne quel Pietro del quale ho detto prima. Alla casa di costoro giunse una volta Dante e vi fu egregiamente onorato, anzi richiesto di un parere su Medicina rispose di non aver vista alcuna città più bella in Romagna se solo vi fosse stato un poco di ordine”. Dante dunque, secondo l’autorevole testimonianza di Benvenuto, nato a pochi chilometri da Medicina, e quindi diretto conoscitore del territorio circostante, venne certamente a Medicina. Nel codice Laurenziano utilizzato per l’edizione del Lacaita citata è scritto “... ad domum istorum pervenit semel Dantes...”. L’avverbio di tempo SEMEL significa UNA VOLTA ma in nota è riportata la variante del codice Estense della Biblioteca di Modena dove è scritto SAEPE che significa SPESSO, SOVENTE, FREQUENTEMENTE. Considerato che Dante aveva, come riferisce Benvenuto, una conoscenza così approfondita di Medicina da poterne, su richiesta, valutare sia la bellezza (una delle città più belle della Romagna) sia la situazione politica (la mancanza di ordine pubblico) si può ragionevolmente supporre che Dante non sia venuto a Medicina una sola volta ma più volte e che quindi il codice Estense (esattamente ricopiato anche nel manoscritto del Tamburini citato sopra) che riporta la variante SAEPE (spesso) sia la copia fedele del manoscritto originale perduto.

Le parole di Benvenuto non lasciano intendere quando siano avvenute queste visite a Medicina ma considerando che l’Inferno probabilmente è stato scritto dal 1307 al 1309 si deve dedurre, che siano avvenute prima e cioè nel periodo degli studi universitari bolognesi, quando Dante visse a Bologna per alcuni mesi nel 1287 o quando, tra il 1303 e il 1305, già in esilio trovò ospitalità prima a Forlì presso Scarpetta degli Ordelaffi, poi a Verona presso Bartolomeo della Scala e a Treviso presso Gherardo da Camino e forse anche a Padova e a Bologna però prima del 1306 quando fu in Lunigiana presso i Marchesi Malaspina. Certamente queste visite non avvennero dopo il 1314, probabile data di pubblicazione dell’Inferno, quindi le peregrinazioni successive a Verona presso Cangrande della Scala e a Ravenna presso Guido Novello da Polenta e i relativi spostamenti per motivi diplomatici su incarico dei rispettivi Signori, possono ipoteticamente aver comportato passaggi da Medicina ma di essi non v’è traccia né nella Divina Commedia né in altri documenti. Concludendo si può confermare quanto asserito nell’epigrafe e cioè che Dante, è certamente venuto a Medicina, con ogni probabilità prima del 1307, e ancora con ogni probabilità vi ha soggiornato o vi è tornato più volte tanto da poterne ricordare la bellezza architettonica e la vivacità dell’impegno civile e politico degli abitanti.

Raffaele Romano Gattei

Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, dicembre 2007.

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