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Rivista "La Difesa della Razza"

1938 - 1943

Schede

La campagna razziale del regime venne avviata nel 1938, in parte come diretta conseguenza dei rapporti con la Germania, ma in realtà collegata alla «politica della razza» intrapresa dal fascismo e strettamente legata al culto del fisico e della salute, e che aveva trovato espressione nelle politiche a favore della maternità, della crescita demografica e del culto del corpo.

Il sostegno della campagna razziale si trovava di fatto nell’ideologia dell’“uomo nuovo” fascista, che derivava dalla crisi della cultura borghese tradizionale, dalla critica del razionalismo e dello storicismo, intesa come concezione di uno sviluppo lineare della Storia. Al razionalismo di matrice hegeliana, il fascismo oppose una visione della storia derivata direttamente dal pensiero di Nietzsche: la negazione della razionalità per lasciare spazio alle energie, allo Spirito di rivolta, alla volontà ed all’azione. Da qui prendeva corpo l’idea di “uomo nuovo” del fascismo - derivata direttamente dalle dottrine di Nietzsche, Pareto e Le Bon, un uomo nuovo che doveva essere rappresentato da un corpo sano e attivo - fino a giungere a una vera e propria “politica della razza”, che venne inizialmente affidato da Mussolini a una «Direzione generale per la demografia e per la razza» e che prese avvio in seguito alla creazione dell’Impero in Etiopia, dove si cominciarono a condannare le coabitazioni tra italiani e donne indigene.

Il 7 ottobre 1938 il Gran Consiglio del Fascismo pubblicò una dichiarazione ufficiale sulla razza in cui si dichiarava «l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale»  e che ricordava come il fascismo svolgesse «un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti». (Lyttelton 1997, p. 234)

Con questa dichiarazione si chiarivano anche le misure contro gli ebrei che già dal settembre 1938 si erano visti privati del diritto di risiedere in Italia (se ebrei stranieri); vennero poi vietati i matrimoni tra ebrei e non ebrei e, a partire dal 1939, venne loro impedito di esercitare le libere professioni (già da un anno non potevano dirigere grandi imprese o amministrazioni pubbliche) e anche di frequentare luoghi di villeggiatura. 

A sostegno della campagna razziale Mussolini riunì un comitato di dieci studiosi (“esperti” nel campo della patologia, della neuropsichiatria, della zoologia, delle pediatrie e dell’antropologia) che diedero vita a un Manifesto, pubblicato per la prima volta in forma anonima sul «Giornale d’Italia» del 14 luglio 1938 e poi ristampato con il titolo di Manifesto della razza sul primo numero della rivista «La Difesa della Razza» del 5 agosto 1938. Il manifesto all’articolo 1 recitava: «Le razze umane esistono. L’esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.»

«La Difesa della Razza», diretta da Telesio Interlandi, uscì con scadenza quindicinale fino al 1943 presso la casa editrice Tumminelli di Roma; nel suo comitato di redazione comparivano molti degli autori del Manifesto della razza. I temi trattati riprendevano tutti i diversi aspetti del razzismo fascismo: dalla difesa della razza nell’Impero agli argomenti “scientifici” contro gli ebrei, senza tralasciare la difesa della “razza italica” contro le “degenerazioni” fisiche o mentali. La rivista divenne quindi in breve tempo uno dei principali organi dell’antisemitismo e del razzismo fascista.

In un numero del 1942 venne pubblicato un articolo dell’antropologo Guido Landra (uno degli autori del Manifesto) in cui si sosteneva come l’unica soluzione al problema ebraico fosse «l’eliminazione totale degli ebrei».

 

Elena Musiani

Francesco Cassata, La Difesa della razza. Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista, Torino, Einaudi, 2008.  

Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari, Laterza, 2002.

Adrian Lyttelton, La dittatura fascista, in Storia d’Italia, vol. IV Guerre e fascismo 1914-1943, a cura di Giovanni Sabbatucci eVittorio Vidotto, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 175-249.

La menzogna della razza: documenti e immagini del razzismo e dell’antisemitismo fascista, catalogo della mostra tenuta a Bologna nel 1994, a cura di David Bidussa (et. al.), Bologna, Grafis Edizioni, 1994.