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Benito Mussolini

29 Luglio 1883 - 28 Aprile 1945

Scheda

Benito Mussolini nasce il 29 luglio 1883 a Dovia di Predappio (Forlì), da Alessandro, fabbro ferraio e Rosa Maltoni, maestra elementare. Studia nel collegio salesiano di Faenza (1892-'93), poi presso il collegio Carducci di Forlimpopoli ottenendo il diploma di maestro elementare.
Stimolato dal padre, vicino all’Internazionale, si avvicina al Partito Socialista Italiano (PSI). Inizia ad insegnare, in diverse località, solitamente lontano da casa, abbinando all’attività scolastica, quella politica e giornalistica. Per non prestare servizio militare, emigra in Svizzera e per quasi due anni soggiorna a Losanna, Berna, Ginevra e anche in Francia, guadagnandosi da vivere con lavori saltuari come manovale, muratore, garzone e commesso. In Svizzera conosce importanti esponenti rivoluzionari, tra cui Angelica Balabanoff, che lo introduce alla conoscenza del marxismo. Nel 1904 si iscrive alla facoltà di scienze sociali di Losanna. Sorvegliato come anarchico, più volte arrestato e due volte espulso; nel novembre 1904 rientra in Italia, approfittando di un’amnistia che includeva il reato di diserzione per il quale era stato condannato dal Tribunale militare di Bologna. Prestato il servizio militare, nel novembre 1906 torna all’insegnamento, senza però abbandonare l'attività politica.
A Trento nel 1909 ricopre la carica di segretario della Camera del Lavoro e dirige il quotidiano "L'avventura del lavoratore", scontrandosi ben presto con gli ambienti moderati e cattolici. Tornato a Forlì si unisce con Rachele Guidi, figlia della nuova compagna del padre, che sposa con rito civile nel 1915 e con rito religioso nel 1925. Avranno cinque figli: Edda nel 1910, Vittorio nel 1925, Bruno nel 1918, Romano nel 1927 e Anna Maria nel 1929.
Tra il 1910 e il 1912 è molto attivo all’interno del PSI, promuovendo l’autonomia della Federazione forlivese e continuando l’attività politica. Si guadagna anche una condanna per incitamento alla violenza durante uno sciopero generale contro la guerra di Libia. Uscito dal carcere dopo cinque mesi, partecipa al XIII congresso del PSI, a Reggio Emilia, 7-10 luglio 1912: con un discorso di grande effetto, chiede e ottiene l’espulsione di alcuni riformisti di destra, come Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, e rilancia la sua concezione rivoluzionaria del socialismo. Il suo successo personale è decisivo per la vittoria della fazione rivoluzionaria, che conquista la guida del partito. Assume poi la direzione del quotidiano socialista "Avanti!" alla fine del 1912, diventando il principale catalizzatore delle insoddisfazioni della società italiana.
Allo scoppio della Grande Guerra Mussolini si dichiara, come il Partito Socialista, a favore della neutralità assoluta. Nel giro di pochi mesi, però, matura il convincimento che l'opposizione alla guerra avrebbe finito per trascinare il PSI ad un ruolo sterile e marginale, mentre, secondo il suo parere, sarebbe stato opportuno sfruttare l'occasione per riportare le masse sulla via del rinnovamento rivoluzionario. Nell’articolo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante (Avanti!, 18 ottobre 1914), sostiene che i socialisti non possono estraniarsi da un conflitto che avrebbe deciso l’avvenire dell’Europa e dell’Italia.
Il 20 ottobre, in una riunione a Bologna, la svolta mussoliniana viene respinta dalla dirigenza del partito e Mussolini si dimette dalla direzione del giornale. A questo punto decide di fondare un suo giornale e ai primi di novembre nasce "Il Popolo d'Italia. Quotidiano socialista", foglio ultranazionalista e radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa.
A seguito di queste prese di posizione viene espulso anche dal partito (24-25 novembre 1914). Nell’agosto 1915, al momento della mobilitazione, viene anche richiamato alle armi. Dal dicembre 1915 al febbraio 1917 racconta le sue esperienze al fronte nel Diario di guerra, pubblicato su “Il Popolo d’Italia”. Congedato nel giugno 1917 per le ferite causate dall’esplosione accidentale di un mortaio, riprende la campagna giornalistica con articoli bellicisti, nei quali, soprattutto dopo la rotta di Caporetto, invoca la più dura disciplina e il ricorso ad una dittatura militare, pur di giungere alla vittoria.
Il 23 marzo 1919, con un discorso tenuto a Milano a Piazza San Sepolcro, nascono i "Fasci di Combattimento", basati idealmente su un miscuglio di idee radicali di sinistra e di acceso nazionalismo. L'iniziativa non riscuote di primo acchito un grande successo. Man mano però che la situazione italiana si va deteriorando e il fascismo si caratterizza come forza organizzata in funzione antisindacale e antisocialista, Mussolini ottiene crescenti adesioni e pareri favorevoli dai settori agrari e industriali e dai ceti medi.
La marcia su Roma del 28 ottobre 1922 gli apre le porte per formare un nuovo Governo: viene costituito un gabinetto di larga coalizione che illude molti sulla possibilità di avviarsi verso l'attesa "normalizzazione", ma le vicende che seguiranno prenderanno tutt’altro andamento: il potere si consolida ulteriormente nelle sue mani con la vittoria nelle elezioni del 1924 e nonostante difficoltà sorte a causa dell'assassinio del deputato socialista Matteotti (10 giugno 1924), l’affermazione del partito fascista diventa irrefrenabile.
Nonostante l'affermazione di un regime chiaramente dittatoriale, Mussolini riesce a conservare e ad accrescere la sua popolarità, sfruttando abilmente iniziative genericamente populistiche (tra queste, la conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa sancita dalla firma dei Patti Lateranensi, avvenuta l’11 febbraio 1929), utilizzando un sistema di propaganda efficacissimo e occupando i centri del potere di ogni aspetto della società civile.
Successivamente. l’esasperazione ideologica e populista, porta Mussolini ad orientarsi verso ambizioni colonialiste che condurranno al disastro del secondo conflitto mondiale: la conquista e la guerra d’Etiopia tra il 1935 e il 1936 e l’avvicinamento alla Germania hitleriana con la firma, nel 1939, del cosiddetto "Patto d'Acciaio", saranno solo due dei momenti più salienti.
Il 10 giugno 1940 segna l’ingresso del paese nel conflitto in corso, nell'illusione di un rapido e facile trionfo. L’andamento della guerra e le vicende che seguiranno, porteranno invece ad una conclusione molto diversa. Con la caduta del regime, avvenuta il 25 luglio 1943, anche le sue sorti prenderanno una strada in discesa: trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine al Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre viene liberato dai paracadutisti tedeschi e portato prima a Vienna e poi in Germania, dove il 15 proclama la ricostituzione del Partito Repubblicano Fascista.
Ormai connivente e succube di Hitler, si insedia a Salò, sede della nuova RSI. Sempre più isolato e privo di credibilità, quando gli ultimi reparti tedeschi vengono sconfitti, propone ai capi del C.L.N.A.I (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) un passaggio di poteri, che viene respinto. Travestito da militare tedesco, tenta la fuga assieme verso la Valtellina. Riconosciuto a Dongo dai partigiani, viene arrestato e giustiziato il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra (Como).

Riferimenti biografici: Treccani.it