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Marino Finzi

25 febbraio 1914 - [?]

Scheda

Marino Finzi, da Roberto e Adele Gentilomo; nato il 25 febbraio 1914 a Trieste. Nel 1943 residente a Bologna. Medico chirurgo. Oppositore del fascismo fin dall'inizio degli anni trenta, durante gli studi liceali compiuti a Trieste, e, in seguito, nel corso degli studi di medicina seguiti nell'università di Bologna grazie alla vivacità critica degli ambienti studenteschi frequentati, specialmente quello degli «studenti stranieri, per lo più israeliti», nel «tardo autunno» del 1938 aderì a GL. Fece parte del gruppo di Carlo Lodovico Ragghianti, che ebbe tra i suoi esponenti Antonio Rinaldi, Sergio Telmon, Mario Delle Piane, Ennio Pacchioni, Cesare Gnudi, Gian Carlo Cavalli.
L'entrata in vigore delle leggi razziali lo costrinse ad espatriare, nel 1939, a Parigi. Rientrato in Italia con lo scoppio della seconda guerra mondiale, a causa della «situazione già da prima oppressiva e depressiva», che «andava diventando di giorno in giorni più intollerabile per effetto delle leggi razziali, per tutto quello che esse - anche nella più blanda versione italiana- volevano dire sul piano umano, civile e del lavoro», visse «mesi di solitudine e di paura, con l'incubo continuo dell'arresto e della deportazione», pur mostrandosi, nonostante tutto questo, disponibile ad aiutare, nel modo più disinteressato e solidale, quanti gli si rivolsero bisognosi di assistenza e di cure. Rifugiatosi, dopo l’8 settembre 1943, in località Fornace di Barbarolo (Loiano) riuscì a sfuggire alla cattura e alla deportazione, mentre invece non poterono evitarle il padre, la madre e la sorella Clara, arrestati dai tedeschi il 1 marzo 1944. In seguito, gli fu possibile non essere identificato tramite l'utilizzazione di documenti falsi fornitigli da Armando Quadri.

In quei mesi di clandestinità, con acuta sensibilità morale e civile, consapevole che i «partigiani non erano solo amici da aiutare e proteggere, ma erano la forza organizzata con cui schierarsi, da seguire e obbedire», operò con la 62a brigata Camicie rosse Garibaldi, prestando tra «angoscianti difficoltà» la sua opera di medico, fino a quando la brigata rimase nella zona di Monterenzio-Loiano. Fu Cesare Pesci a richiedere la sua opera, che ebbe modo di esplicarsi per la prima volta «in una grotta vicino a Castelnuovo» di Bisano (Monterenzio) il 14 giugno 1944, recando il «primo soccorso» - in realtà, una «visita accurata» (Giuseppe Brini) - a tre partigiani feriti, tra i quali Gino Albertazzi. Riconosciuto partigiano dall’1 febbario 1944 al 15 ottobre 1944. Ha pubblicato: Cronache della speranza, Bologna. Testimonianza in RB5. [A]