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Pignatelli Antonio (INNOCENZO XII)

13 Marzo 1615 - 27 Settembre 1700

Scheda

ARMA: D'oro a tre pignatte di rosso poste 2-1.
Lo scudo è cimato da una croce trilobata d'oro e sormontato da un cappello cardinalizio con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: Antonio Pignatelli Arcivescovo di Napoli poi Papa Innocenzo XII. 1684.
L'arma autentica dei Pignatelli è: ANTONIVS PIGNATELLVS / ARCH. NEAP. DEIN. INNOC. XII / 1684 (D'oro a tre pignatte di nero così come riportato dallo Spreti, dal Crollalanza e dal Rietstap).

I Pignatelli erano una delle più antiche e grandi famiglie napoletane. Essi godettero nobiltà in Napoli, Aversa, Bari, Benevento, Roma, Venezia, ecc., furono possessori di 18 contee, 22 marchesati, 16 ducati e 14 principati. Si vuole che la famiglia sia di origine longobarda ma le sue memorie risalgono al 1102. Dal 1420 divennero membri dell'Ordine Gerosolimitano e un Fabrizio fu luogotenente di tutti i priorati dell'Ordine in Italia nel 1528.
Altri furono Cavalieri del Toson d'oro, Grandi di Spagna, Viceré di Napoli, Gran Connestabili, Ammiragli, Generali, ecc. La famiglia dette alla Chiesa numerosi vescovi e cardinali ed un Papa.

Antonio Pignatelli nacque nel 1615 in un castello presso Spinazzola. Compì i suoi studi presso il Collegio romano fino ad addottorarsi in utroque iure.
La sua carriera seguì poi le tappe consuete, referendario della Segnatura di grazia e giustizia, nominato vice legato di Urbino e poi inquisitore di Malta. Ottenne anche la nunziatura di Firenze, Varsavia e infine a Vienna presso la corte imperiale. Tre anni dopo la nunziatura a Vienna fu richiamato in Italia e ottenne la designazione di Vescovo di Lecce. Fu poi anche segretario della congregazione dei Vescovi e regolari, maestro di Camera e infine, nel 1681, fu promosso al cardinalato.

Nella cura delle anime inizialmente non sembrò manifestare una grande vocazione o trasporto, delegando spesso e volentieri le sue funzioni a vicari episcopali. Ma nella legazione di Bologna mostrò tutt’altro tipo di approccio. Giunto nella città nel 1684, lungi dal lasciare mano libera ai poteri locali, non esitò a dissociarsi dalle scelte del reggimento cittadino su questioni rilevanti come l’approvvigionamento della città, il commercio del grano, il diritto di battere moneta, l’ordine pubblico o le feste. 
Nel 1686 ricevette il suo ultimo incarico da porporato con la designazione alla sede arcivescovile di Napoli.
All’inizio del 1691 morì Alessandro VIII e il Pignatelli fece ritorno a Roma dove entrò in conclave per partecipare all’elezione del nuovo pontefice.
Il conclave rimase in stallo più del previsto e alla fine del mese di maggio il nome del Pignatelli prese a circolare sempre più insistentemente, finchè il 12 luglio del 1691 fu elevato alla cattedra di S. Pietro col nome di Innocenzo XII.
Il provvedimento più noto del suo pontificato è costituito dalla bolla contro il nepotismo, emanata il 22 giugno del 1692. Con questo provvedimento si attuava un progetto a cui avevano lavorato diversi papi, fra cui anche Innocenzo XI. 
Oltre a questa bolla, l’interesse per il buon funzionamento della giustizia e l’attenzione per l’ordinata amministrazione della carità sono i tratti che caratterizzarono il pontificato di Innocenzo XII.
Nell’agosto del 1692 fece pubblicare nuovi decreti della congregazione per la Riforma dei tribunali per stabilire le precise competenze di ogni corte e mettere fine ai conflitti di giurisdizione. 
La concentrazione di tutti i tribunali nel palazzo della Curia innocenziana e la semplificazione delle magistrature con la soppressione dei fori privilegiati erano gli strumenti e i segni cui si affidava la legittimazione e la credibilità di una politica di riforme fondata sull’amministrazione corretta ed efficiente della giustizia.
Gli stessi strumenti e contrassegni vennero usati per promuovere l’intervento sociale nel settore della carità. L’intervento fu pressochè immediato anche in questo caso, aumentando il numero di edifici preposti alla loro cura e regolando la loro organizzazione interna. 
Emanò nel 1691 un editto, ripreso poi nel 1696 e nel 1699, nel quale cercava di tracciare una più netta distinzione fra ecclesiastici e laici, visto il rilassamento generale nella disciplina, dovuto all’aumento considerevole del numero di chierici, e al moltiplicarsi delle occasioni di scandalo. L’insieme degli interventi mirava a migliorare la formazione del clero e il suo comportamento, allentando i vincoli che legavano i chierici al mondo dei laici ed elevando il livello culturale degli ordinandi.
Nel 1695 emanò il decreto Sanctissimus, nel 1696 istituì una congregazione straordinaria sopra la Disciplina ecclesiastica, riforma dei costumi e correzione degli abusi in Roma. Questa congregazione si riunì a più riprese, affrontando questioni relative ai doveri dei sacerdoti. Le conclusioni consistettero in concreti provvedimenti, attuati attraverso la congregazione stessa o mediante l’azione del cardinale vicario di Roma.


Come i suoi predecessori immediati, dovette confrontarsi col giansenismo. La questione che pareva essersi tranquillizzata si riaccese all’inizio del 1692 quando l’arcivescovo antigiansenista di Malines provò a forzare la mano riproponendo e modificando in maniera più feroce il testo di Alessandro VII che condannava Giansenio. Di fronte alle proteste dell’Università di Lovanio, il papa chiese consiglio ai suoi teologi che non si mostrarono assolutamente compatti di fronte alla questione.  La questione si concluse tornando al testo originario e predicando un comportamento più tranquillo.
Una questione simile si andò a creare nella corte francese, e fu risolta solo grazie all’atteggiamento di tolleranza mostrato sia da Luigi XIV che dal papa. 
Ultimo suo atto fu il Giubileo del 1699, in cui però non potè aprire di persona la porta di San Pietro, né vedere conclusi i festeggiamenti in quanto era già gravemente malato di podagra (malattia reumatica) che lo costrinse a letto e pose fine alla sua vita a Roma il 27 settembre del 1700.
Fu sepolto in Vaticano.