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GIOVANNI XXIII, Antipapa

tra il 1360 e il 1365 - 27 Dicembre 1419

Scheda

GIOVANNI XXIII, Antipapa – BALDASSARRE COSSA (1360 ca - 1419)

Il cartiglio del papa recita:  IOANNES XXIII PONT· MAX· / OLIM BONONIÆ LEG·

I Cossa erano un’antica famiglia napoletana le cui memorie risalgono al tempo della dominazione bizantina. Sembra che essa tragga il nome dall’isola d’Ischia da cui provenivano, poiché quest’isola in greco si chiamava Goza. 

I suoi membri godettero nobiltà oltre che in Napoli in varie altre località della Campania quali Monteleone e Sessa e furono signori di 33 baronie e tre contee. Tra di essi si contano capitani, governatori, uomini di mare ed ecclesiastici. 
Marino Cossa figlio di Stefano fu ciambellano di Roberto d’Angiò, e nel 1340 comperò Procida da Adinolfo figlio di Giovanni da Procida.

Baldassarre Cossa nasce probabilmente a Napoli fra il 1360 e il 1365, figlio di Giovanni Cossa, signore di Procida, e di Ciocciola Barrile. 

La famiglia Cossa era in stretta relazione con quel nucleo di famiglie napoletane che esercitavano particolare influenza sui pontefici di obbedienza romana, dopo che due di questi (Urbano VI e Bonifacio IX) erano usciti dalle loro fila.

Inviato a Bologna ottenne, dopo un ciclo di studi di circa dieci anni, un dottorato in diritto. La scelta della carriera ecclesiastica sembra gli sia stata imposta.
Dal 1386 è canonico della cattedrale di Bologna, commissario del cardinale legato della città e amministratore vicario del capitolo.
Nel 1389 figura nel seguito del cardinale Pietro Tomacelli, eletto poi papa col nome di Bonifacio IX.
Nel 1396, dopo quattro anni di lavoro a Roma, venne nominato arcidiacono a Bologna e lo fu fino al 1404. 

Nel 1403 ottenne anche la nomina di cardinale legato in Romagna col fine di riconquistare i territori perduti dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti.
Arrivò a Bologna con la nuova carica il 17 settembre del 1404, la caratteristica del suo governo nella regione fu la brutalità con cui represse i vari governi oligarchici. Riuscì nel suo intento e le ricchezze e il prestigio che derivarono dal suo operato insospettirono i successivi papi.

Il nuovo pontefice Gregorio XII (1406 – 1415) cadde in balia di Ladislao d’Angiò Durazzo che, in cambio del riconoscimento come re di Sicilia, gli propose protezione contro coloro che volevano costringere il papa ad abdicare.
In questa situazione Baldassarre rimaneva una delle ultime speranze per la sopravvivenza del potere temporale. Trasformò la Romagna in un’efficiente unità difensiva capace di allearsi con Firenze e resistere alle mire di Ladislao.

La situazione nello Stato Pontificio era complicata anche per altri motivi. Lo scisma di Occidente (vd. Eugenio IV) era in atto e c’erano due papi che non si riconoscevano a vicenda: Gregorio XII e Benedetto XIII.
Dopo un tentativo fallito di rappacificazione fra i due papi, nel 1408 Gregorio XII lo privò, senza effetto, della sua legazione.
Con il sostegno di Firenze e di Luigi d’Angiò organizzò il Concilio di Pisa nel 1409 che elesse addirittura un terzo papa, l’arcivescovo di Milano che prese il nome di Alessandro V. Adesso i papi che non si riconoscevano a vicenda erano tre.
Alla morte di Alessandro V, nel 1410, Baldassarre Cossa venne eletto papa il 17 maggio da diciassette cardinali in un conclave di tre giorni tenutosi a Bologna.
La sua elezione era il frutto di interessi congiunti fra Luigi II, le autorità fiorentine e l’idea dei cardinali che Baldassarre fosse l’unico in grado di salvare lo Stato Pontificio. Il Cossa prese il nome di Giovanni XXIII.

Rimasto a Bologna, Cossa pensò di intraprendere l’iniziativa di attaccare Roma, in mano a Ladislao.
Per ottenere i finanziamenti, svuotò le casse che raccoglievano i fondi dei cittadini bolognesi finalizzati alla costruzione della basilica di San Petronio (iniziata nel 1390), prese un’armata e insieme a Luigi II entrò a Roma nell’aprile del 1411.
Nonostante le vittorie, Luigi decise di partire dalla penisola e lasciare Giovanni a sé stesso davanti ai suoi avversari, che riacquisirono velocemente terreno.
Alla ricerca di sostegni, ne trovò nel neoeletto sovrano del Sacro Romano Impero Sigismondo di Lussemburgo.

L’11 agosto di quell’anno Giovanni scomunicò Ladislao, lo depose e fece predicare una crociata contro di lui. Questa predicazione a Praga provocò lo sdegno e la rabbia di Jan Hus, teologo che aprirà un conflitto con le istanze ecclesiastiche destinato a durare a lungo e a ispirare Martin Lutero nella sua lotta contro la corruzione della Chiesa.

Il ristabilirsi dell’autorità pontificia nell’Umbria e l’arruolamento dei Montefeltro fecero tranquillizzare il papa e lo indussero a cercare un accordo con Ladislao.
Nel 1412 si concludeva un’intesa che vedeva Giovanni riconoscere a Ladislao il ruolo di re di Napoli, i territori conquistati o ottenuti da Gregorio XII e soprattutto si impegnava a versare al monarca un’ingente somma di denari.
In cambio Ladislao si sottraeva dall’obbedienza di Gregorio XII e si impegnava a riconoscere Giovanni come unico papa. 

In tutto ciò, nel Concilio di Pisa tenutosi nel 1409 si era stabilito che due anni dopo, nel 1411, si sarebbe dovuto tenere un altro Concilio, per venire a capo della situazione. Ma si era già in ritardo e la scelta del luogo non era semplice.
Ciò era motivo di contrasto fra le due parti che avevano appena siglato il patto. Patto destinato a non durare, anche perché Giovanni non era assolutamente in grado di soddisfare gli accordi economici stipulati.
Costretto a scappare da Roma e incalzato dalle truppe di Ladislao, si rifugiò a Bologna e mandò legati a Sigismondo, sperando in un suo appoggio.
Siglarono un patto e deliberarono Costanza come luogo di incontro per tenere il Concilio.
Ladislao nel frattempo meditava sul mettere in atto o meno il suo piano di conquista dei territori Pontifici, ma la sua morte nell’agosto del 1414 risolveva molti problemi a Giovanni, che non rientrò a Roma solo di fronte alle vivaci proteste dei cardinali romani.
Lasciò allora Bologna per recarsi a Costanza il 28 ottobre.
Fu chiaro da subito che davanti a tutti lui era un papa non legittimo e in esubero, del quale (al pari degli altri due papi) si sarebbe richiesta la rinuncia per risolvere il problema dello scisma.
Il 2 marzo del 1415 sottoscrisse un accordo per il quale Baldassarre avrebbe abdicato purché gli altri due concorrenti avessero fatto altrettanto. Ma i forti dibattiti all’interno del concilio e le tensioni crescenti aumentarono i sospetti che Giovanni nutriva nei confronti del Concilio.
Col presentimento di un imminente arresto e condanna, vestito da abiti laicali, abbandonò segretamente Costanza per rifugiarsi al castello di Sciaffusa, proprietà di Federico d’Austria suo protettore. Incitò allora i suoi rappresentanti nel Concilio a seguirlo, ma questi rifiutarono all’unisono.
L’imperatore, alimentato da un rancore molto forte nei confronti di Baldassarre, costrinse in poco tempo Federico a cessare ogni resistenza e a cedere il suo protetto.
Giudicato e deposto dal Concilio, Giovanni XXIII non era più papa ma tornava ad essere unicamente Baldassarre Cossa, per altro imprigionato.


Fu solo nel 1418 che Martino V, nuovo ed unico papa, decise di liberarlo e chiamarlo a Roma. Dopo un altro tentativo di fuga, fallito, Baldassarre decise di presentarsi nella capitale dove riconobbe Martino V come unico pontefice e ottenne da lui il perdono il suo posto nel collegio.

L’anno successivo moriva un antipapa di cui la storia non ha tratto una figura positiva fino a non molto tempo fa.
Ma nuovi studi hanno cambiato questo punto di vista.
Nonostante i suoi difetti, fu un ottimo legato nella città di Bologna ed è grazie al suo lavoro che si tenne il Concilio di Pisa, preambolo fondamentale a quello di Costanza.
Grazie al suo sforzo di salvare lo Stato Pontificio si colloca più in alto di altri pontefici che si macchiarono di scandali peggiori rispetto allo svuotare le casse dei fondi Bolognesi per finanziarsi una spedizione e riconquistare Roma, sottraendola dalle mani di quelli che allora venivano considerati “stranieri”.

Dal momento che prima di essere eletto Papa, Baldassarre Cossa fu Legato di Bologna, nella Sala Urbana è presente anche il suo stemma araldico