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Giovanni Borgia

1474 - 14 Gennaio 1500

Scheda

ARMA: Partito, nel 1° d’oro al bue di rosso fermo e la fascia d’azzurro caricata da un covone d’oro, con la bordura dello stesso caricata con 10 covoni d’oro, nel 2° fasciato d’oro e di nero.
Lo scudo è cimato da una croce trilobata d’oro e sormontato da un cappello cardinalizio con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: IO. CAR. BORGIA ALEX. / PP. IV. NEP. V. CANCEL. / ET L. 1499· (Giovanni Borgia nipote di Alessandro IV (VI). Vicecancelliere e Legato 1499).

Questo stemma presenta il 1° partito completamente alterato sia per il colore della bordura sia per l’aggiunta arbitraria di una fascia mai presente nello stemma dei Borgia. Ciò non desterebbe meraviglia in un lavoro pittorico eseguito da artisti completamente sprovvisti di nozioni araldiche e di cui si son già fatti rilevare numerosi errori. Il curioso è che l’arma dei Borgia durante tutto il XV e XVI secolo è stata frequentemente riportata in maniera erronea.

La difficoltà di interpretazione per gli araldisti del 1400 e del 1500, era costituita dalle figure che caricavano la bordura e che sono state, di volta in volta, interpretate come fiamme, covoni di grani, cuori o addirittura crescenti. Sia il Rietstap che Bethencourt danno come arma dei Borgia: D’oro al bue di rosso passante su una terrazza di verde e la bordura di rosso caricata di otto fiamme o covoni d’oro. In realtà, come ha definitivamente dimostrato Galbreath, la bordura almeno per quanto riguarda le armi di Callisto III ed Alessandro VI, era d’oro come il campo. Più complessa si presenta invece l’identificazione delle figure con cui essa è caricata. Il Pasini-Frassoni ha creduto di vedere in questi oggetti addirittura la doppia corona di Aragona. È fuor di dubbio però che, per quanto riguarda le armi di Callisto III ed Alessandro VI, quelle figure rappresentino ciuffi d’erba, così come chiaramente si vede nel libro degli scudi di Hans Ingeram (1459) riportato da Bascapè e Galbreath e nel codice 361 della biblioteca Riccardiana a Firenze. Lo stesso Giacconio nel riportare l’arma dei due Papi, indica con evidenza i ciuffi d’erba di verde diventano fiamme o covoni d’oro.

Certamente nel 1° quarto del XVI sec. nelle armi dei Borgia compaiono delle modifiche: al posto di ciuffi d’erba ci sono dei covoni, forse come addizione parlante (dal latino bos e dallo spagnolo orja: covone d’orzo) così come si vede in molti sigilli dell’epoca. Così anche la bordura, trattandosi certamente di una brisura, si è tramutata da oro in rosso. Il 2° partito del nostro stemma: fasciato d’oro e di nero è quello della famiglia Oms a cui apparteneva la nonna di Alessandro VI.

Giovanni Borgia detto il Giovane da non confondersi perciò con l’omonimo Cardinale più anziano di lui (e che fu Vescovo di Monreale e Patriarca di Costantinopoli) nacque nel 1474, probabilmente a Jativa presso Valenza da Joffré Borja y Lanzol de Romani (figlio di una sorella di Alessandro VI a nome Juana che aveva sposato Pedro Gugliemo Lanzol de Romani ottavo signore di Villalonga) e da Juana de Moncada.
I Lanzol de Romani erano originari di Jaca, in Aragona, molti suoi membri, tra essi un cav. templare, parteciparono con Re Giacomo I alla conquista di Valencia e un Arnaldo nel 1259, ricevette la baronia di Villalonga. Trattasi quindi di un Lanzol y Romani (la cui arma era d’argento al crescente riverso di azzurro) e non di un vero Borgia ma, come parente del Papa, ne assunse il cognome e l’arma.

Fece parte sin dall’infanzia della cerchia di familiari di Rodrigo.
Eletto papa quest’ultimo nel 1492, Giovanni venne fatto vescovo di Melfi nel 1494 e custode della rocca di Spoleto, incarico piuttosto importante visto che da quella rocca dipendevano le sorti della lotta papale contro i baroni dell’alto Lazio e dell’Umbria.
Già due anni dopo veniva richiamato a Roma per diventare legato presso Ferdinando II d’Aragona e seguire da vicino la lotta dei collegati contro le milizie lasciate dal monarca francese Carlo VIII nel Regno di Napoli.
Sempren nel 1496 ottenne la porpora cardinalizia, col titolo di S. Maria in Via Lata, a cui il pontefice aggiunse l’arcivescovato di Capua confermando nello stesso tempo quello di Melfi.
Dopo un periodo di legazione a Perugia, dal 1497 al 1498, gli venne affidato il compito di reprimere, come comandante dell’esercito pontificio, le lotte fra le fazioni di Viterbo, compito che concluse con spietata determinatezza.
Già in seguito a queste azioni la sua posizione nella cerchia di Alessandro VI si faceva più importante.
Ma con la morte di Giovanni Borgia omonimo duca di Bandia, cui Alessandro aveva affidato le maggiori speranze dinastiche, Cesare Borgia depose la dignità ecclesiastica per assumere il ruolo del fratello ucciso. Giovanni prese quindi il posto di Cesare nelle dignità ecclesiastiche e nel ruolo di maggiore esponente della famiglia nel collegio cardinalizio, con tutte le conseguenze che questo incarico comprendeva. Nel periodo confuso e pieno di sotterfugi che è il pontificato di Alessandro VI, Giovanni ebbe il ruolo di accorto esecutore dell’ambigua politica del papa.
Alessandro VI nel 1499 gli affidò l’incarico di legato a latere preso Venezia, con l’intento di preparare quello che doveva essere il colpo decisivo contro il duca di Milano e i potentati Romagnoli.
Prima di arrivare nella città si fermò prima a Siena e poi a Ferrara, dove riuscì a ottenere tramite un sotterfugio la rinuncia del duca Ercole alle mire estensi sulla Romagna. Difatti, accolto alla corte di Ercole, rivelò senza patemi le intenzioni di Cesare di conquistare Ferrara allarmando tutta la città e mettendola sulla difensiva. Le intenzioni del Borgia non erano ovviamente quelle di rivelare i piani del Valentino, ma di assicurare la Romagna alle sue mire espansionistiche.
Stessa azione compì alla corte della Serenissima una volta accolto dalla città. Come il duca Ercole, i veneziani si misero in contatto col re di Francia, spaventati dalle mire del Valentino.
Giovanni poteva cominciare a persuadere la Serenissima del fatto che forse il male minore sarebbe stato se Cesare si fosse impossessato della Romagna e avesse limitato a quella il suo appetito, presentando quel programma di conquista come una conseguenza delle azioni Veneziane e Ferraresi in difesa della città Estense.
Si recò quindi a Milano dove insieme a Cesare presenziò all’entrata di Carlo VIII a Milano, quindi seguì il Valentino nell’impresa della Romagna in veste di legato pontificio per Bologna e la Romagna.
Questa titolatura conferma che l’estromissione di Giovanni II Bentivoglio dal comando di Bologna era nei piani di conquista Borgiani. Seguì i successi del Valentino ad Imola, Forlì e Cesena.
Partì poi per Roma, dove intendeva presenziare per la cerimonia del giubileo, ma non vi arrivò mai in quanto il 14 gennaio del 1500 emise l’ultimo respiro forse per broncopolmonite.
Fu sepolto a Roma in Santa Maria del Popolo.